La Legge di Bilancio 2025 prevede diverse novità per le pensioni, anche quelle dei più giovani. Dalle conferme ai nuovi incentivi. Di quanto aumentano gli assegni?
Dopo le novità delle ultime ore si fa sempre più definito il capitolo della prossima Legge di Bilancio dedicato alla previdenza.
Il disegno di legge sta proseguendo l’iter parlamentare e al momento si trova all’esame della Camera, stasera chiamata al voto prima del passaggio al Senato e l’approvazione definitiva prevista entro fine anno.
Dalla conferma degli strumenti per la pensione anticipata alla rivalutazione per gli assegni, passando per la pensione dei giovani: vediamo le novità che arriveranno dal prossimo anno.
Pensioni 2025: dagli aumenti ai requisiti, le novità in arrivo
Pensione anticipata 2025: conferma per Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale
Il pacchetto di misure dedicate alla pensione anticipata è stato finora il più discusso. Con la scadenza a fine anno dei principali strumenti per il pensionamento anticipato (Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale), infatti, sono diverse le opzioni che si sono susseguite nel cantiere della prossima Manovra.
Si è presto allontanata definitivamente l’ipotesi di una mini riforma, considerate le risorse economiche a disposizione, e la strada obbligata da percorrere è quindi quella del rinnovo.
Il Governo nel DDL Bilancio conferma allora le misure di accesso al pensionamento anticipato in vigore attualmente con gli stessi requisiti restrittivi introdotti per il 2024, riassunti nella tabella di seguito.
Pensione | Età | Anni di Contributi | Altro |
---|---|---|---|
Quota 103 | 62 | 41 | Finestra di 7 mesi per i dipendenti privati Finestra di 9 mesi per i dipendenti pubblici Tetto massimo al valore lordo mensile dell’assegno |
Ape Sociale | 63,5 | 30/32/36 | Cumulabile solamente con redditi da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro Per le madri riduzione del requisito contributivo di 1 anno per ogni figlio (massimo 2 anni) |
Opzione Donna | 61 | 35 | 60 anni d’età con un figlio 59 anni d’età con 2 o più figli oppure se licenziate/dipendenti di aziende in crisi |
Pensione anticipata sistema contributivo | 64 | 20 | Importo almeno 3 volte l’assegno sociale (2,8 per le donne con 1 figlio e 2,6 per le donne con 2 o più figli) |
Nel decreto fiscale, collegato alla Manovra, è arrivato infatti anche il rifinanziamento per l’Ape Sociale, con 20 milioni di euro per il 2025, 30 milioni per il 2026, 50 milioni per il 2027 e 10 milioni per il 2028.
Rivalutazione piena e aumento delle minime
Nel 2025 inoltre ci sarà la rivalutazione piena degli assegni. Il meccanismo di indicizzazione per l’adeguamento all’inflazione torna infatti quello in vigore prima dei tagli degli ultimi due anni.
Il prossimo anno verranno quindi meno i tagli che hanno penalizzato gli assegni più alti in modo da favorire le pensioni minime e quelle fino a 4 volte il minimo INPS così da tornare alla rivalutazione piena degli importi.
L’indicizzazione, quindi, tornerà ad essere effettuata secondo lo schema precedente, organizzato su tre fasce di reddito:
- 100 per cento per i trattamenti fino a 4 volte il trattamento minimo;
- 90 per cento per quelli tra 4 e 5 volte il minimo;
- 75 per cento per quelli superiori a 6 volte il minimo.
Nessuna penalizzazione pertanto per gli assegni oltre 4 volte il minimo INPS.
Come previsto dal decreto MEF pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 novembre, le pensioni saranno rivalutate in adeguamento all’inflazione dello 0,8 per cento. Le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo pertanto riceveranno un aumento corrispondente al 100 per cento e dunque all’intera quota dello 0,8 per cento. Quelle di importo superiore avranno invece un incremento ridotto secondo le percentuali indicate in precedenza.
Fasce trattamenti complessivi | Percentuale indice perequazione da attribuire | Aumento del |
---|---|---|
Fino a 4 volte il trattamento minimo (TM) | 100 | 0,8 per cento |
Tra 4 e 5 volte il TM | 90 | 0,72 per cento |
Oltre 6 volte il TM | 75 | 0,6 per cento |
Il decreto conferma anche la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2023, pari al +5,4 per cento dal 1° gennaio 2024. Il prossimo gennaio non ci saranno quindi conguagli di adeguamento poiché il dato definitivo coincide con la stima.
Ci sarà anche l’aumento per le pensioni minime, che però sarà inferiore rispetto a quanto preventivato inizialmente: aumenteranno solo di circa 2 euro rispetto ad oggi (1 euro e 80 centesimi per la precisione), per arrivare a circa 616 euro al mese.
Questo perché viene confermata la rivalutazione straordinaria la quale però sarà del 2,2 per cento nel 2025 e dell’1,3 per cento nel 2026 (è stata del 2,7 per cento nel 2024).
Un intervento che dunque sarà più contenuto rispetto a quello di quest’anno e che, come detto, porterà gli assegni minimi dai 614,77 euro attuali a 616,67 euro.
Un aumento praticamente inconsistente ma che comunque evita una diminuzione dell’importo minimo nel 2025, dato che le pensioni minime partono da 598,61 euro e che senza la rivalutazione straordinaria, tenendo quindi conto del solo adeguamento all’inflazione dello 0,8 per cento, il valore dell’assegno sarebbe stato pari a 603 euro.
Per il 2025, invece, non ci sarà alcun aumento delle pensioni per i residenti all’estero che prendono un assegno superiore al minimo.
Previsto, invece, un aumento di 8 euro per gli assegni mensili delle pensioni sociali dei cittadini e delle cittadine con più di 70 anni e in condizioni disagiate. Sale di 104 euro, inoltre, anche il limite di reddito annuo oltre il quale si perde l’accesso al beneficio.
Più incentivi per chi resta al lavoro
Come emerso anche dal rapporto annuale dell’INPS, la bassa natalità e la speranza di vita più alta spingono per interventi di contenimento della spesa pubblica e, come annunciato anche nel Piano Strutturale di Bilancio (PSB), uno degli obiettivi a breve termine sarà quello di allungare la vita lavorativa di cittadini e cittadine sia nel privato sia nel pubblico.
La conferma di Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale con i requisiti più stringenti è un intervento che va in questa direzione. A questo si aggiungeranno, come confermato nel DDL Bilancio, nuovi incentivi per favorire la permanenza sul posto di lavoro anche dopo la maturazione dei requisiti di pensionamento. In particolare arriva il potenziamento del bonus maroni.
La misura, ricordiamo, attualmente permette a lavoratori e lavoratrici che posticipano il pensionamento di ottenere in busta paga i contributi a loro carico (il 9,19 per cento della retribuzione) rinunciando all’accredito sul proprio montante contributivo.
Potranno beneficiare del bonus non solo i lavoratori e le lavoratrici che maturano i requisiti per quota 103 ma anche chi matura i requisiti contributivi per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne).
Il 9,19 per cento non versato all’INPS che i lavoratori otterranno in busta paga, inoltre, non sarà tassato.
Previsti incentivi anche per il trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici, che possono restare fino a 70 anni per lo svolgimento di attività di tutoraggio e di affiancamento ai neoassunti e per esigenze funzionali.
Rafforzamento della previdenza complementare
Tra gli obiettivi a lungo termine dichiarati dal Governo c’è quello relativo al potenziamento della previdenza complementare.
Nel DDL Bilancio, almeno per ora, non ha trovato spazio il prospettato nuovo periodo di silenzio-assenso per destinare il TFR ai fondi di pensione complementare.
In materia di previdenza complementare, però, si prevede che i lavoratori e le lavoratrici interamente nel contributivo potranno utilizzare l’eventuale rendita della pensione integrativa per raggiungere la soglia limite necessaria per accedere alla pensione anticipata con 64 anni d’età e 20 di contributi.
Per chi utilizza questo strumento, però, è previsto anche l’aumento del requisito contributivo che sale da 20 a 25 anni di versamenti alla previdenza. Dal 2030 salirà ulteriormente a 30 anni di contribuzione. Dal 2030 si prevede poi anche un ulteriore innalzamento dell’importo soglia, che passa da 3 a 3,2 volte l’importo dell’assegno sociale.
Tra le novità per la pensione dei più giovani c’è anche la possibilità, per chi inizia a lavorare e a versare contributi nel 2025, di scegliere di versare più contributi all’INPS rispetto a quanto dovuto così da incrementare il montante su cui si calcolerà l’assegno.
Si potrà versare quindi una quota pari la massimo a due punti percentuali, e cioè pari al 2 per cento della quota a proprio carico trattenuta in busta paga. Saranno deducibili dal reddito complessivo per il 50 per cento ma non contribuiranno al raggiungimento del citato importo soglia.
Inoltre, la quota di pensione che deriva da questi versamenti extra sarà erogata su apposita domanda dell’interessato e soprattutto al momento della maturazione del requisito per la pensione di vecchiaia: quindi a 67 anni (requisito attuale per la vecchiaia).
Nel DDL Bilancio, infine, trova spazio la riduzione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici con 4 o più figli e per le quali è previsto un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia pari a 4 mesi per ogni figlio per un massimo di 12 mesi. Tale limite viene innalzato a 16 mesi.
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