I tempi per andare in pensione nel 2025 potrebbero allungarsi. Il XXIII rapporto annuale INPS ha evidenziato il peso delle pensioni anticipate sul sistema, gli strumenti potrebbero essere confermati ma con requisiti più stretti o addirittura aboliti. Verso incentivi per spingere a restare di più al lavoro
L’età media di pensionamento in Italia è di 64,2 anni, contro i 67 previsti dalla normativa.
Un fattore che fa alzare la spesa previdenziale e che, sommato alla questione della bassa natalità e irregolarità contributiva, rischia di mettere in crisi il sistema.
Tra le cause principali, si legge nel XXIII rapporto annuale INPS, ci sono le uscite anticipate, che dopo gli interventi subiti negli scorsi anni potrebbero essere rese ancora meno accessibili.
In Italia si va in pensione troppo presto, lo dice l’INPS. Nuove restrizioni per il 2025?
Il XXIII rapporto annuale INPS, presentato il 24 settembre a Roma, ha evidenziato come nel 2023 la spesa previdenziale italiana abbia raggiunto i 347 miliardi di euro.
Il 96 per cento dei 16,2 milioni di pensionati e pensionate percepisce una prestazione INPS per una spesa di 338 miliardi di euro. Di questi, come sottolineato dal Presidente dell’Istituto, più della metà riceve una pensione di vecchiaia o anticipata.
A pesare sulla spesa previdenziale e sul sistema, che al momento assicura il Presidente INPS è in equilibrio, è soprattutto l’età media di accesso alla pensione, 64,2 anni.
Un’età elevata rispetto agli standard europei, ma comunque inferiore all’età legale prevista dalla normativa, cioè 67 anni.
Questo perché negli ultimi 10 anni, in particolare nel triennio triennio 2019-2021 dove le nuove uscite anticipate hanno toccato quota 1,5 milioni, sono stati favoriti i diversi canali di uscita anticipata dal mercato del lavoro, come le quote (100, 102 e 103), Opzione Donna e Ape Sociale.
Una questione che si lega a doppio filo con il calo della natalità nel Paese e l’irregolarità contributiva, in particolare da parte dei più giovani, comunque mitigata come mostrano i dati sull’occupazione relativi al 2023.
Negli ultimi due anni il trend è in calo per via delle restrizioni introdotte prima con la Legge di Bilancio 2023 e poi con quella del 2024, per cui è stata introdotta quota 103 e poi la nuova versione con penalizzazioni in vigore da quest’anno, così come sono state previste restrizioni sui requisiti di accesso ad Opzione Donna e all’Ape Sociale.
Il campanello d’allarme suonato dall’INPS dunque fa tornare in primo piano la questione previdenziale con l’introduzione di probabili novità con la Manovra 2025 alle porte.
Pensioni anticipate 2025: le possibili novità in arrivo
Alla luce dei dati forniti dall’INPS appare probabile che nella Legge di Bilancio 2025 si interverrà in questo senso, cercando quindi di limitare le uscite anticipate e di favorire l’allungamento dell’età lavorativa su base volontaria.
Le principali misure attuali (quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale), ricordiamo, sono in scadenza a fine anno e ora più che mai un possibile rinnovo sembra essere in bilico.
Quota 103 potrebbe essere rinnovata con le penalizzazioni già in vigore quest’anno. Meno probabile l’ipotesi di quota 104, già lanciata lo scranno e mai implementata: una via per l’uscita anticipata senza vincoli ma con il requisito anagrafico incrementato e quindi un anno in più prima di poter andare in pensione.
Opzione Donna e Ape Sociale, per le quali già da quest’anno è previsto un aumento del requisito anagrafico, invece, appaiono maggiormente in discussione. Il rinnovo non è certo e se dovesse arrivare rischia di portare con sé nuove restrizioni che limiterebbero ulteriormente la platea di possibili beneficiari.
Al vaglio del Governo c’è anche la possibilità di introdurre delle finestre dilatate, come previsto oggi per quota 103, anche per il classico canale di uscita anticipata, per cui si può andare in pensione maturando 42 anni e 10 mesi di contribuzione versata (un anno in meno per le donne) a prescindere dall’età anagrafica.
In questo caso, il periodo di 3 mesi prima di poter ottenere il primo assegno verrebbe esteso a 6 o 7 mesi.
Verso la riconferma, inoltre, degli incentivi come il bonus Maroni per spingere lavoratori e lavoratrici a restare al lavoro anche dopo aver maturato i requisiti di pensionamento.
Non resta che attendere i prossimi sviluppi per avere un quadro più chiaro della situazione e sul futuro della previdenza nel Paese.
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