Sanzioni più facili e controlli intensificati per chi non aderisce al concordato preventivo biennale. L'analisi delle conseguenze per chi sceglierà di non firmare il patto con il Fisco
Concordato preventivo biennale, “bastone e carota”: cosa succede a chi non aderisce al patto con il Fisco?
La conversione del decreto Omnibus introduce non solo un condono abbinato al concordato, ma anche una norma che intensifica il rischio di sanzioni in caso di mancata adesione.
Viene ripescata una previsione contenuta in una primissima versione del decreto di riforma delle sanzioni tributarie, che introduce di fatto un sistema più punitivo per le partite IVA che sceglieranno di non firmare il patto con il Fisco.
A proporla i Senatori Orsomarso, Garavaglia e Damiani, gli stessi firmatari dell’emendamento sul ravvedimento speciale per gli anni dal 2018 al 2023, che puntano quindi all’introduzione di un “doppio binario” di premi e penalizzazioni per dare lo sprint finale al concordato preventivo biennale.
Una novità alla quale si affianca l’intensificazione dei controlli verso le partite IVA che opteranno per la determinazione di reddito e imposte in via ordinaria.
Concordato preventivo, cosa succede a chi non aderisce? Novità in campo sulle sanzioni
Le novità introdotte con la conversione in legge del decreto Omnibus sono l’ultima mossa del Governo per risollevare le sorti del concordato preventivo biennale, strumento che per il momento non ha riscosso il successo atteso, o meglio dire auspicato, da parte del Governo.
Nel testo della legge di conversione approvato in via definitiva il 3 ottobre non c’è solo la sanatoria sul pregresso per chi sceglierà di aderire al concordato preventivo biennale, ma anche un nuovo meccanismo sanzionatorio per chi non vi aderirà.
In particolare, torna in campo la previsione di soglie al ribasso per l’applicazione delle sanzioni accessorie in materia di imposte dirette e IVA, previste dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 471/1997.
L’articolo 2-ter della legge di conversione del DL Omnibus, introdotto con l’emendamento a firma Orsomarso, Garavaglia, Damiani, prevede in particolare che in caso di sanzioni amministrative per violazioni relative a periodi d’imposta e tributi oggetto di proposta di concordato preventivo biennale, non accolta dal contribuente, ovvero in caso di decadenza, le soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie vengano ridotte alla metà.
Una novità che si applicherà anche verso chi, pur aderendo al concordato preventivo biennale, non si avvarrà della possibilità di ravvedere gli anni dal 2018 al 2022, o che in caso di adesione ricadrà in una delle ipotesi di decadenza.
Concordato preventivo biennale, non solo premi: sanzioni per incentivare le adesioni
Non è la prima volta che si parla di meccanismi penalizzanti per chi non aderirà al concordato preventivo biennale.
La proposta di un intervento in tal senso era già stata formalizzata dal Governo nella fase di messa a punto della riforma del sistema sanzionatorio tributario. Un tentativo ripescato e diventato ora ufficiale.
Cosa cambia quindi nella pratica? La norma interviene sul limite di 50.000 euro previsto in via generale dal comma 1 dell’articolo 12:
“Quando è irrogata una sanzione amministrativa superiore a euro 50.000 si applica, secondo i casi, una delle sanzioni accessorie previste nel decreto legislativo recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria, per un periodo da tre a sei mesi. La durata delle sanzioni accessorie può essere elevata fino a dodici mesi, se la sanzione irrogata è superiore a euro 100.000”.
Per quel che riguarda i contribuenti che non accetteranno la proposta di concordato preventivo biennale, la soglia passa a 25.000 euro e 50.000 euro.
Si ricorda che secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 1 del decreto legislativo n. 472 del 1997, costituiscono sanzioni amministrative accessorie:
- l’interdizione dalle cariche di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali e di enti con personalità giuridica, pubblici o privati;
- l’interdizione dalla partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti e forniture;
- l’interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni amministrative per l’esercizio di imprese o di attività di lavoro autonomo e la loro sospensione;
- la sospensione dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa.
Il ritocco ai limiti già aveva fatto discutere e il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, nell’audizione del 27 marzo presso le Commissioni congiunte Giustizia e Finanze della Camera, si era dichiarato contrario ad un meccanismo penalizzante, considerando che il dimezzamento delle soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie rappresenta una “pressione indebita” nell’accettazione della proposta di concordato preventivo biennale.
Maggiore rischio di controlli fiscali per chi non aderisce al concordato preventivo biennale
Non solo sanzioni accessorie a soglie ridotte. La mancata adesione al concordato preventivo biennale porta al rischio di maggiori controlli fiscali.
Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza potranno intensificare i controlli verso le partite IVA che non accetteranno la proposta di concordato, disposizione prevista dall’articolo 34 del decreto legislativo n. 13/2024.
Un aspetto posto in evidenza dalla stessa Agenzia, nel “tachimetro fiscale” consegnato agli interessati all’interno del Cassetto Fiscale.
Chi non aderirà al concordato preventivo verrà inserito in liste selettive, ma come evidenziato dal Viceministro Leo non vi sarà nessun effetto negativo in caso di IVA e redditi correttamente dichiarati.
In caso contrario, sarà invece alto il rischio di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il tutto anche considerando l’obiettivo di un maggiore e più efficace contrasto all’evasione previsto dal Governo e che trova spazio nel Piano Strutturale di Bilancio.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Concordato preventivo, cosa succede a chi non aderisce? Sanzioni e controlli