Concordato preventivo biennale: le cause di decadenza

Anna Maria D’Andrea - Dichiarazione dei redditi

Concordato preventivo biennale, quali sono le cause di decadenza? Dal mancato versamento delle imposte all'accertamento di attività non dichiarate superiori al 30 per cento, un focus sulle cause che porteranno alla cessazione del patto con il Fisco

Concordato preventivo biennale: le cause di decadenza

Concordato preventivo biennale alla prova anche delle cause di decadenza.

I titolari di partita IVA che entro la fine di ottobre sceglieranno di firmare il patto con il Fisco per il biennio 2024-2025, o per il solo 2024 per i forfettari, dovranno tener presenti anche le condizioni che possono portare al venir meno dell’accordo siglato così come dei relativi benefici.

L’elenco delle condizioni che comporteranno la decadenza dal concordato preventivo sono individuate dall’articolo 22 del decreto legislativo n. 13/2023.

Analizziamole di seguito.

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Concordato preventivo biennale: le cause di decadenza

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L’adesione al concordato preventivo biennale, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi 2024, dovrà fare i conti non solo con le cause di esclusione ma anche con le ipotesi di successiva decadenza e con il conseguente venir meno dei benefici accordati ai titolari di partita IVA.

La firma del patto con il Fisco che consentirà di fatto di “bloccare” le imposte dovute per il biennio 2024-2025 per i soggetti ISA e per il solo periodo d’imposta in corso per i forfettari non sarà in ogni caso definitiva.

Vi sono infatti numerose e specifiche condizioni che potranno di fatto ripristinare le regole ordinarie.

Nello specifico, secondo quanto previsto dall’articolo 22 del decreto legislativo n. 13/2024 (applicabile sia alle partite IVA che applicano gli ISA che ai forfettari), la decadenza dal concordato preventivo è prevista nei seguenti casi:

  • accertamento di attività non dichiarate (o inesistenza o indeducibilità di passività dichiarate) superiori al 30 per cento dei ricavi dichiarati;
  • presentazione di dichiarazione dei redditi integrativa che comporti una quantificazione diversa ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP;
  • omesso versamento delle imposte dovute a seguito dell’adesione al concordato.

La decadenza dal concordato preventivo biennale è inoltre prevista in caso di “violazioni non di lieve entità”, ossia:

  • violazioni constatate che integrano le fattispecie di reati tributari, di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, relativamente ai periodi di imposta oggetto del concordato e ai tre precedenti all’ammissione all’istituto;
  • comunicazione inesatta o incompleta dei dati ISA che determinino un minor reddito o valore netto della produzione per un importo superiore al 30 per cento;
  • omessa presentazione di dichiarazione dei redditi, dichiarazione IRAP, dichiarazione 770 e dichiarazione IVA negli anni oggetto di concordato;
  • mancata, errata o tardiva memorizzazione dei corrispettivi ricevuti per un numero di violazioni pari o superiore a 3, commesse in giorni diversi, negli anni di adesione al concordato;
  • rifiuto di esibire o dichiarare documenti, registri e scritture contabili rilevanti ai fini IVA in caso di accessi ai fini di accertamento;
  • omessa installazione o manomissione dei registratori di cassa telematici (di cui all’articolo 11, commi 5 e 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nonché all’articolo 2 della legge 26 gennaio 1983, n. 18).

Decadenza dal concordato preventivo biennale, quando il ravvedimento operoso salva il patto con il Fisco

In presenza di alcune delle violazioni di cui sopra, il ravvedimento operoso consentirà di non decadere dal concordato preventivo biennale.

Si tratta in particolare dei casi di omesso versamento delle imposte dei redditi e dell’Irap, delle violazioni in tema di reati tributari, della comunicazione inesatta dei dati a fini Isa, nonché delle ipotesi di omessa dichiarazione d’imposta.

In tal caso, le violazioni commesse non rileveranno ai fini della decadenza nel caso in cui il contribuente abbia regolarizzato la propria posizione mediante ravvedimento operoso, a patto che la violazione non sia già stata constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.

Decadenza anche in caso di presenza ex-post di cause di esclusione dal concordato preventivo biennale

Anche il ricorrere di una delle cause di esclusione dal concordato preventivo biennale comporterà il venir meno, ex-post, degli effetti dell’adesione.

Si tratta delle ipotesi di:

  • omessa presentazione della dichiarazione dei redditi in uno dei tre periodi d’imposta precedente;
  • condanna per un reato tributario (D.L.gs. 74/2000), per il reato di riciclaggio (articolo 648-bis, cod. pen.), per il reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articolo 648-ter, pen.) e per il reato di autoriciclaggio (articolo 648-ter1, cod. pen.), commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato;
  • presenza successivamente all’adesione di debiti tributari e contributivi definitivamente accertati superiori a 5.000 euro (se non oggetto di provvedimenti di sospensione o rateazione), importo comprensivo di interessi e sanzioni amministrative.

Imposte al rialzo anche in caso di decadenza dal concordato preventivo biennale

Sul concordato preventivo biennale si resta in attesa di ulteriori novità, anche sul fronte degli effetti della decadenza.

Il venir meno dell’accordo siglato comporterà l’annullamento dei benefici accordati, ma non cambierà il conto delle imposte dovute.

In tutti i casi dettagliati dall’articolo 22 del decreto legislativo n. 13/2024, la decadenza non potrà in ogni caso essere una via di fuga rispetto al patto già siglato con l’Agenzia delle Entrate.

Questa una delle novità previste dallo schema di decreto legislativo correttivo atteso in Consiglio dei Ministri per il via libera definitivo.

Sulla base dello schema approvato il 20 giugno scorso, i decaduti saranno chiamati a versare l’imposta più alta tra quella concordata e quella effettiva.

Cosa significa nella pratica?

Se sulla base del reddito da concordato il conto delle imposte dovute risulterà maggiore rispetto a quello effettivo, i versamenti seguiranno in ogni caso il patto con il Fisco anche successivamente alla decadenza.

Al contrario, si tornerà al calcolo ordinario delle imposte se invece il reddito effettivo risulterà superiore rispetto a quello concordato.

Un meccanismo vincente per l’Erario, che incasserà in ogni caso l’importo pattuito, anche in caso di decadenza, o addirittura un importo superiore in caso di reddito effettivo maggiore rispetto a quanto preventivato.

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