Concordato preventivo biennale, imposte al rialzo anche per chi decade

Anna Maria D’Andrea - Dichiarazione dei redditi

Decadenza dal concordato preventivo biennale ad effetto zero per le casse dell'Erario: saranno sempre dovute le imposte in misura maggiore. Le novità nel decreto legislativo n. 108/2024

Concordato preventivo biennale, imposte al rialzo anche per chi decade

La decadenza dal concordato preventivo biennale non avrà effetti per le casse pubbliche.

Anche per chi dopo aver aderito decadrà dal patto con il Fisco, le imposte dovute andranno al rialzo.

La novità è contenuta nel decreto legislativo n. 108/2024, il correttivo in materia di adempimenti e concordato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto.

Il decreto correttivo, oltre a rendere più vantaggiosa l’adesione grazie alla nuova flat tax, punta a tutelare gli incassi per l’Erario, prevedendo che chi decadrà dal concordato preventivo biennale sarà in ogni caso tenuto a versare le imposte dovute sulla base del reddito pattuito.

Non sempre però: si tornerà al calcolo del conto dovuto sulla base del reddito effettivo qualora superiore a quello concordato e, conseguentemente, in caso di imposte reali dovute maggiori rispetto a quelle derivante dal patto con il Fisco.

Concordato preventivo biennale, imposte al rialzo anche per chi decade

Sul concordato preventivo biennale aumentano i punti critici, e se già in prima battuta si è parlato del rischio di insuccesso di uno degli strumenti cardine per la lotta all’evasione, il decreto correttivo incrementa gli aspetti negativi per le partite IVA che intraprenderanno la via dell’accordo con il Fisco.

Secondo quanto previsto dal comme 3, articolo 4 del decreto legislativo n. 108/2024, i decaduti saranno chiamati a versare l’imposta più alta tra quella concordata e quella effettiva.

Cosa significa nella pratica?

Se sulla base del reddito da concordato il conto delle imposte dovute risulterà maggiore rispetto a quello effettivo, i versamenti seguiranno in ogni caso il patto con il Fisco anche successivamente alla decadenza.

Al contrario, si tornerà al calcolo ordinario delle imposte se invece il reddito effettivo risulterà superiore rispetto a quello concordato.

Un meccanismo vincente per l’Erario, che incasserà in ogni caso l’importo pattuito, anche in caso di decadenza, o addirittura un importo superiore in caso di reddito effettivo maggiore rispetto a quanto preventivato.

Decadenza dal concordato preventivo biennale, non sarà una “via di fuga” per le partite IVA

Il venir meno del patto siglato con il Fisco avrà un effetto penalizzante per le partite IVA.

Si ricorda che tra le cause che potranno portare alla decadenza dal concordato preventivo biennale vi è l’omesso versamento delle imposte dovute, ma anche l’accertamento di attività non dichiarate o inesistenza o indeducibilità di passività dichiarate superiori al 30 per cento dei ricavi.

Si decade dal concordato anche, a titolo esemplificativo, in caso di omessa o errata comunicazione dei dati ISA tali da determinare un minor reddito o minore valore della produzione oggetto di concordato superiore al 30 per cento, o ancora in caso di di indicazione in dichiarazione dei redditi di dati non corrispondenti a quelli preventivamente comunicati per l’accesso al concordato preventivo biennale.

In tutti i casi dettagliati dall’articolo 22 del decreto legislativo n. 13/2024, la decadenza non potrà in ogni caso essere una via di fuga rispetto al patto già siglato con l’Agenzia delle Entrate.

Questo uno dei motivi alla base del correttivo al concordato preventivo biennale: evitare che il titolare di partita IVA “utilizzi” una delle condizioni che comportano il venir meno della proposta accettata per fuoriuscirne, a proprio vantaggio.

Resteranno in ogni caso dovute le imposte e i contributi determinati sulla base del reddito e del valore della produzione netta concordati, se superiori a quelli effettivi.

Una clausola a salvaguardia delle casse dell’Erario, ma che rende meno conveniente il concordato preventivo biennale per il titolare di partita IVA.

Aumentano quindi i punti a sfavore di uno strumento già pieno di criticità. Si rischia il flop? Bisogna attendere novembre per un primo bilancio, ma le premesse non sono delle migliori.

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