Concordato preventivo biennale, imposte al rialzo anche per chi decade

Anna Maria D’Andrea - Dichiarazione dei redditi

Concordato preventivo biennale, Fisco all'incasso anche per chi decade dal patto siglato. Le novità del decreto correttivo puntano a massimizzare le entrate per lo Stato

Concordato preventivo biennale, imposte al rialzo anche per chi decade

Concordato preventivo biennale sempre meno conveniente, anche per chi dopo aver aderito al patto con il Fisco incorrerà in una delle ipotesi di decadenza.

Il decreto correttivo approvato nel corso del Consiglio dei Ministri del 20 giugno 2024 punta anche a tutelare gli incassi per l’Erario, prevedendo che chi decadrà dal concordato preventivo biennale sarà in ogni caso tenuto a versare le imposte dovute sulla base del reddito pattuito.

Non sempre però: si tornerà al calcolo del conto dovuto sulla base del reddito effettivo qualora superiore a quello concordato e, conseguentemente, in caso di imposte reali dovute maggiori rispetto a quelle derivante dal patto con il Fisco.

Concordato preventivo biennale, imposte al rialzo anche per chi decade

Sul concordato preventivo biennale aumentano i punti critici, e se già in prima battuta si è parlato del rischio di insuccesso di uno degli strumenti cardine per la lotta all’evasione, il decreto correttivo rischia di aumentare gli aspetti negativi per le partite IVA che intraprenderanno la via dell’accordo con il Fisco.

Oltre alle novità sul calcolo degli acconti e sulle scadenze delle imposte, dopo il varo dello schema di decreto correttivo arrivano ulteriori dettagli anche sugli effetti in caso di decadenza dal piano concordato.

Come anticipato dal quotidiano ItaliaOggi, i decaduti saranno chiamati a versare l’imposta più alta tra quella concordata e quella effettiva.

Cosa significa nella pratica?

Se sulla base del reddito da concordato il conto delle imposte dovute risulterà maggiore rispetto a quello effettivo, i versamenti seguiranno in ogni caso il patto con il Fisco anche successivamente alla decadenza.

Al contrario, si tornerà al calcolo ordinario delle imposte se invece il reddito effettivo risulterà superiore rispetto a quello concordato.

Un meccanismo vincente per l’Erario, che incasserà in ogni caso l’importo pattuito, anche in caso di decadenza, o addirittura un importo superiore in caso di reddito effettivo maggiore rispetto a quanto preventivato.

Decadenza dal concordato preventivo biennale, non sarà una “via di fuga” per le partite IVA

Il venir meno del patto siglato con il Fisco avrà un effetto penalizzante per le partite IVA.

Si ricorda che tra le cause che potranno portare alla decadenza dal concordato preventivo biennale vi è l’omesso versamento delle imposte dovute, ma anche l’accertamento di attività non dichiarate o inesistenza o indeducibilità di passività dichiarate superiori al 30 per cento dei ricavi.

Si decade dal concordato anche, a titolo esemplificativo, in caso di omessa o errata comunicazione dei dati ISA tali da determinare un minor reddito o minore valore della produzione oggetto di concordato superiore al 30 per cento, o ancora in caso di di indicazione in dichiarazione dei redditi di dati non corrispondenti a quelli preventivamente comunicati per l’accesso al concordato preventivo biennale.

In tutti i casi dettagliati dall’articolo 22 del decreto legislativo n. 13/2024, la decadenza non potrà in ogni caso essere una via di fuga rispetto al patto già siglato con l’Agenzia delle Entrate.

Questo uno dei motivi alla base del correttivo al concordato preventivo biennale: evitare che il titolare di partita IVA “utilizzi” una delle condizioni che comportano il venir meno della proposta accettata per fuoriuscirne, a proprio vantaggio.

Resteranno in ogni caso dovute le imposte e i contributi determinati sulla base del reddito e del valore della produzione netta concordati, se superiori a quelli effettivi.

Una clausola a salvaguardia delle casse dell’Erario, ma che rende ancor meno conveniente il concordato preventivo biennale per il titolare di partita IVA.

Aumentano quindi i punti a sfavore di uno strumento già pieno di criticità. Si rischia il flop? Bisogna attendere novembre per un primo bilancio, ma le premesse non sono delle migliori.

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