Quanto costa la dichiarazione precompilata? Turco, M5S: dopo 10 anni, fare luce su risultati

Anna Maria D’Andrea - Dichiarazione dei redditi

Qual è il costo della dichiarazione precompilata? Dopo 10 anni di sperimentazione, al MEF la richiesta di dati sull'impatto. Turco (M5S): “sperpero di denaro pubblico, risorse e funzionari dell'Agenzia delle Entrate”

Quanto costa allo Stato fare la dichiarazione precompilata?

Sull’operazione che, dal 2015, vede impegnati gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria, mancano dati di dettaglio relativi all’effettivo impatto sui conti pubblici. Un aspetto rilevante che non consente, ad oggi, di effettuare una valutazione dell’efficacia di questo strumento.

Ne ha parlato il Senatore Mario Turco (M5S), intervenuto il 16 gennaio al convegno di inizio anno organizzato a Roma dall’Associazione Nazionale dei Commercialisti. Nell’intervista rilasciata ai microfoni di Informazione Fiscale ribadisce la necessità di un cambio di passo, dopo 10 anni di sperimentazione.

Il costo della dichiarazione precompilata per lo Stato? Mancano dati ufficiali

La dichiarazione precompilata torna al centro dell’attenzione, non solo perché con l’inizio del nuovo anno parte la macchina per l’avvio della nuova campagna 2025, ma anche perché il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha evidenziato, solo qualche giorno fa, la centralità di questo strumento tra le strategie per la promozione della tax compliance.

Se come emerso dalla risposta fornita in Commissione Finanze della Camera l’8 gennaio la precompilata è ritenuta uno degli strumenti centrali per la semplificazione degli adempimenti, anche con il fine di instaurare un dialogo preventivo tra Fisco e contribuenti, i dati sul suo utilizzo non possono certo dirsi entusiasmanti.

Stando agli ultimi numeri a disposizione, nel 2024 sono stati inviati 5 milioni di 730 precompilati in autonomia. Sono invece 21 milioni le dichiarazioni scaricate da CAF e commercialisti, segno che il lavoro del Fisco è per lo più una “base di partenza” per l’attività di consulenza da parte dei professionisti.

Nonostante il trend crescente di invii fai-da-te, resta comunque basso il numero di chi sceglie di affidarsi completamente al servizio di precompilazione del Fisco, in fase di sperimentazione ormai da 10 anni.

Questo uno degli elementi alla base dell’interrogazione che l’On. Turco (M5S) ha presentato al MEF, con il fine di poter valutare il costo della dichiarazione precompilata per lo Stato.

Intervistato a margine del convegno “L’Anno che verrà, la Manovra finanziaria e la professione”, tenutosi a Roma il 16 gennaio, Turco ha sottolineato la necessità di chiarezza su questo strumento, nato come via di semplificazione ma che si sta rivelando inefficace e inefficiente:

“dalle notizie acquisite dalla stampa, emerge che sempre meno cittadini usano questo strumento, e peraltro non conosciamo di questo 5 per cento che utilizza le precompilate, quante di queste sono oggetto di rettifica da parte di commercialisti e altri professionisti.”

Questo l’elemento alla base della richiesta di dati al Ministro Giorgetti sull’impatto, negli anni, delle dichiarazioni precompilate:

“Noi come M5S chiediamo di fare luce sui risultati e chiediamo, eventualmente, se gli obiettivi dopo oltre 10 anni di sperimentazione non sono stati raggiunti, di modificare questo strumento che non funziona.”

Turco parla di “sperpero di denaro pubblico, risorse e funzionari dell’Agenzia delle Entrate”, che potrebbero essere utilizzati diversamente per contrastare l’evasione fiscale.

Oltre la precompilata: libero accesso ai dati del Fisco da parte di commercialisti e intermediari

Il tema del rapporto costi-benefici della dichiarazione precompilata torna al centro dell’attenzione di anno in anno, anche alla luce dei frequenti errori e dei dati mancanti che rendono utopica l’ambizione di un invio in totale autonomia da parte del contribuente.

Predisporre il modello 730 precompilato (e dallo scorso anno, in via sperimentale, anche il modello Reddito per gli autonomi titolari di partita IVA), è un lavoro complesso per il Fisco ma anche per professionisti e imprese, chiamati alla trasmissione massiccia di dati all’Agenzia delle Entrate.

Dalle Certificazioni Uniche, ai dati delle spese sanitarie fino a quelli delle ristrutturazioni condominiali, l’“operazione precompilata” chiama in causa diversi attori e si compone di numerosi tasselli e adempimenti.

Un mosaico complesso sul quale dal MEF si attendono dati di dettaglio, per capire se in 10 anni si può dire raggiunto il risultato sperato.

L’alternativa al modello della precompilata? Il pieno accesso ai dati del Fisco da parte di commercialisti e intermediari.

Lo evidenzia l’On. Turco ai nostri microfoni, come da tempo chiedono gli stessi professionisti del settore fiscale: consentire l’accesso alle informazioni a disposizione dell’Agenzia delle Entrate consentirebbe ai professionisti di supportare i contribuenti a monte, evitando di ricevere “vessazioni, lettere e PEC”, e correggendo quindi le dichiarazioni oggetto di rettifica.

Il concordato preventivo biennale? Un fallimento

Il convegno organizzato dall’ANC è stata l’occasione anche per parlare di una delle novità fiscali dello scorso anno che ha maggiormente focalizzato l’attenzione di professionisti e imprese.

Si tratta del concordato preventivo biennale, strumento che il Viceministro Leo ha rilanciato come chiave di volta per la costruzione di un “Fisco amico dei contribuenti”, e sul quale ha lasciato aperta la porta per correttivi e proposte migliorative da parte dei commercialisti.

Un’apertura al dialogo che per l’On. Turco è la prova del “fallimento dello strumento” e dell’assenza di idee su come riformarlo.

Il M5S chiede quindi di “non sostenere” il concordato preventivo biennale, strumento che nel 2025 renderà ancora più complesso il calendario fiscale.

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