Flat tax a tre aliquote sul reddito concordato: la proposta del CNDCEC

Anna Maria D’Andrea - Dichiarazione dei redditi

Una flat tax a tre aliquote, dal 10 al 15 per cento, per le partite IVA che aderiranno al concordato preventivo biennale. La proposta arriva dal CNDCEC e si inserisce tra i correttivi richiesti per rendere più conveniente siglare il patto con il Fisco

Flat tax a tre aliquote sul reddito concordato: la proposta del CNDCEC

Flat tax dal 10 al 15 per cento, graduata in base al livello di affidabilità fiscale, per i titolari di partita IVA che aderiranno al concordato preventivo biennale.

È questa la ricetta proposta dal CNDCEC, Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, e che sarà presentata in audizione presso le Commissioni Finanze e Tesoro di Camera e Senato.

I correttivi al concordato previsti dallo schema di decreto legislativo approvato dal Governo non convincono professionisti e imprese. Si cerca una strada per aumentare l’appeal di uno strumento che, al momento, non convince e rischia il flop.

Flat tax a tre aliquote sul reddito concordato: la proposta del CNDCEC

Rendere più vantaggiosa l’adesione al concordato preventivo biennale, rimodulando gli incentivi previsti per i titolari di partita IVA.

Questo uno dei leit motiv del ciclo di audizioni avviato il 9 luglio presso le Commissioni congiunte Finanze e Tesoro di Camera e Senato.

Il Consiglio Nazionale dei Commercialisti presenta il proprio pacchetto di ulteriori correttivi, rispetto a quanto già contenuto nello schema di decreto legislativo proposto dal Governo, e si affianca alla richiesta unanime di professionisti e associazioni di categoria per evitare che lo strumento di compliance si trasformi in un buco nell’acqua.

Ad anticipare i correttivi richiesti è il comunicato stampa diramato dal CNDCEC il 9 luglio:

“Per incentivare l’adesione dei contribuenti a concordato preventivo e cooperative compliance occorrono ulteriori misure che diano certezza sui benefici riconosciuti a chi decide di avvalersi di tali nuovi strumenti di compliance, fortemente voluti dalla riforma fiscale, che favoriscono l’interlocuzione preventiva tra contribuenti e amministrazione finanziaria con l’obiettivo di ridurre, se non di eliminare del tutto, i controlli ex post e di favorire la certezza del diritto ”.

Questo quanto affermato dal Tesoriere del CNDCEC con delega alla fiscalità Salvatore Ragalbuto, che oggi sarà audito assieme al Coordinatore della Fondazione Nazionale di ricerca della categoria, Pasquale Saggese.

Riprendendo una delle ipotesi già emerse nelle scorse settimane, dai commercialisti arriva la proposta di una flat tax sul reddito incrementale concordato rispetto a quanto dichiarato nell’anno precedente.

L’imposta sostitutiva, strutturata su tre aliquote, sarebbe graduata in relazione al grado di affidabilità fiscale dei titolari di partita IVA:

  • aliquota del 10 per cento per i contribuenti “affidabili” fiscalmente, con punteggio ISA da 8 a 10;
  • aliquota del 12 per cento per i soggetti con “pagella” tra il 6 e l’8;
  • aliquota del 15 per cento per i soggetti meno “affidabili”, con voto inferiore a 6”.

Una flat tax a tre binari che premierebbe maggiormente i contribuenti più affidabili agli occhi del Fisco, ma che punta a rendere più vantaggioso il concordato preventivo biennale anche a chi sarà chiamato a valutare proposte di reddito di gran lunga più elevate rispetto al periodo precedente, nell’ottica di uno strumento che punta a far conseguire la piena affidabilità fiscale a tutte le partite IVA.

Dalla flat tax ali limiti ai controlli fiscali: per il concordato preventivo biennale si tenta il rilancio

La proposta di una flat tax incrementale si affianca al potenziamento dei benefici legati all’adesione al concordato preventivo biennale.

Dal CNDCEC arriva la proposta di previsione di una soglia di valore assoluto, pari a 25.000 euro, al di sotto della quale venga di fatto cancellato il potere di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, ma anche l’estensione ai titolari di partita IVA in regime forfettario della copertura integrale dagli accertamenti presuntivi, prevista ad oggi solo per i soggetti ISA.

Per questi si chiede inoltre di estendere lo stop ai controlli anche sul fronte dell’IVA, a prescindere dal punteggio di affidabilità fiscale conseguito negli anni del concordato.

Alla base delle proposte vi è la necessità, avvertita in maniera unanime, di rendere più vantaggioso il concordato preventivo biennale, per evitare che arrivati alla fine del mese di ottobre si arrivi a certificare il fallimento del piano del Governo, con il conseguente ammanco di risorse già da tempo individuate come via per l’attuazione della parte più onerosa della riforma fiscale.

Il pacchetto di correttivi richiesti dai Commercialisti guarda inoltre anche al calendario delle scadenze fiscali, con la richiesta di fissare a regime al 31 luglio il termine di versamento di saldo e primo acconto per le partite IVA.

Più tempo inoltre per gli avvisi bonari, con la richiesta di estensione a 60 giorni del termine di versamento delle somme richieste a seguito del controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni.

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