Dal concordato alle nuove sanzioni: riforma fiscale al via, ma già si guarda al futuro

Banco di prova per la riforma fiscale, con il concordato preventivo biennale pronto a partire e con l'avvio delle nuove sanzioni tributarie dal 1° settembre. Si guarda però già al futuro, con l'ipotesi di una nuova riduzione IRPEF dal 2025

Dal concordato alle nuove sanzioni: riforma fiscale al via, ma già si guarda al futuro

Dal concordato preventivo biennale alle nuove sanzioni tributarie, settembre è un mese cruciale per l’avvio a tutti gli effetti di alcuni importanti tasselli della riforma fiscale.

A un anno esatto dall’entrata in vigore della legge delega n. 111/2023, è tempo di bilanci ma anche di guardare al futuro di un Fisco che, nelle intenzioni del Governo, punta a diventare sempre più collaborativo e “amico” del contribuente.

Queste le logiche alla base dell’introduzione di alcuni dei nuovi strumenti pensati per contrastare l’evasione e, nella sostanza, reperire risorse utili anche per i nuovi passi della riforma fiscale, attualmente in fase di stop proprio per la necessità di individuare misure di copertura.

Così è, ad esempio, per la prosecuzione del piano di riforma dell’IRPEF. Si guarda già al 2025, quando è in cantiere una nuova riduzione delle aliquote.

Concordato preventivo biennale, avvio effettivo da settembre: riforma fiscale al test delle adesioni

Delle misure contenute negli undici decreti legislativi attuativi della riforma fiscale approvati ad oggi, è sicuramente il concordato preventivo biennale uno dei provvedimenti maggiormente attenzionati.

Divenuto operativo con il decreto legislativo n. 13/2024, è solo dopo i correttivi pubblicati in Gazzetta Ufficiale del 6 agosto che è di fatto possibile valutare vantaggi e punti critici del patto tra Fisco e partite IVA.

L’introduzione di una flat tax strutturata su più aliquote è l’ultima mossa pensata per evitare di fatto l’insuccesso della strategia pensata dal Governo per incassare nuove risorse da reinvestire nella riforma fiscale.

Questo perché il concordato, oltre a rappresentare uno strumento di collaborazione con il Fisco - per effetto dell’accordo biennale su reddito e imposte dovute - consente all’Erario di avere a disposizione dati certe sugli incassi derivanti dai versamenti per i periodi d’imposta 2024-2025.

Ma, nonostante l’introduzione di una flat tax volta di fatto a diminuire il conto delle maggiori imposte da versare, calcolate sul reddito proposto dall’Agenzia delle Entrate, al momento il concordato rappresenta una vera e propria scommessa: chi avrà effettivamente convenienza ad accettare un piano biennale, con il vincolo di pagare imposte al rialzo anche in caso di redditi effettivi inferiori rispetto a quelli proposti?

Una risposta definitiva si avrà solo alla fine del mese di ottobre, quando sarà scaduto il termine per aderire al concordato preventivo biennale. Per chi è interessato ad approfondirne gli effetti, le valutazioni effettive partono da settembre, dopo la tregua estiva e con l’approdo delle regole definitive del decreto legislativo correttivo.

Riforma fiscale, dal 1° settembre partono le nuove sanzioni tributarie

A partire, ad un anno dall’entrata in vigore della legge delega, anche la riforma delle sanzioni tributarie.

Per le violazioni commesse dal 1° settembre diventano operative le sanzioni più basse previste dal decreto legislativo n. 87/2024, con diversi interventi sul fronte degli omessi versamenti, dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e anche in relazione al ravvedimento operoso.

La logica è quella di abbandonare il sistema delle maxi sanzioni, passando da un approccio ritenuto “punitivo” ad un nuovo sistema che incentiva la regolarizzazione di errori e omissioni.

Cosa cambia nella pratica? Per le violazioni compiute a decorrere da settembre, ad esempio, in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, si passa dal 140 al 120 per cento.

In caso di presentazione tardiva, sulle imposte dovute si applicherà la sanzione per omesso versamento - ridotta dal 30 al 25 per cento - aumentata del triplo e quindi pari al 75 per cento.

Le novità tentano inoltre di trovare un compromesso anche in relazione al rapporto complesso tra teoria e pratica: in caso di norme dall’applicazione incerta, per le quali si rendono necessari chiarimenti operativi, sarà possibile adeguarsi ex post alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate. Ci saranno 60 giorni di tempo per evitare l’applicazione di sanzioni.

Sempre nell’ottica di un fisco più collaborativo, a cambiare è anche il ravvedimento operoso, per il quale viene ufficialmente prevista la possibilità di beneficiare del cumulo giuridico. E sullo stesso solco si inseriscono anche le novità previste dal decreto riscossione, che dal 2025 estende le procedure di rateizzazione delle cartelle.

Si guarda al 2025: dall’IRPEF all’IVA, i prossimi passi con il nodo delle risorse disponibili

Valutare l’impatto della riforma fiscale ad oggi vigente sarà cruciale, non solo per capire se effettivamente è stato centrato l’obiettivo di costruzione di un nuovo rapporto Fisco-contribuenti, ma anche per i prossimi passi attesi.

Dopo il via libera al decreto di riforma della riscossione e al correttivo sul concordato, la via si fa più stretta. I provvedimenti adottati fino ad oggi sono stati a costo zero e quindi facili da portare a casa.

L’attuazione dei nuovi tasselli della riforma del Fisco comporterà in primis di valutare le risorse a disposizione.

Dall’IVA, fino alla nuova revisione delle aliquote IRPEF, il primo banco di prova è rappresentato dalla scadenza del 31 ottobre prossimo, termine entro il quale sarà possibile aderire al concordato preventivo biennale, strumento che il MEF ha più volte evidenziato essere una delle architravi per le prossime scelte di politica economica.

I conti si faranno quindi dal 30 novembre, dopo la scadenza del secondo acconto, quando sarà chiaro se ci saranno effettivamente spazi per l’annunciato nuovo intervento in materia di riduzione delle imposte.

L’idea è di dare una nuova sforbiciata alle aliquote, oltre a confermare le regole approvate lo scorso anno che hanno portato a una riduzione degli scaglioni da quattro a tre e a una aliquota del 23 per cento fino a 28.000 euro.

Dalle entrate derivanti dal concordato preventivo potrebbe derivare un nuovo taglio dell’IRPEF per il ceto medio, con due ipotesi: portare la seconda aliquota dal 35 al 33 per cento o, in alternativa, di far crescere il limite degli scaglioni che fa scattare la percentuale più alta di tassazione, portando ad esempio l’attuale secondo gradino fino a 60.000 euro, anziché fermarsi a 50.000 euro.

Una strada per ora solo tratteggiata: per passare dalle intenzioni ai fatti bisognerà sedersi a tavolino e fare la conta delle risorse a disposizione, in un sentiero che si preannuncia particolarmente tortuoso.

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