Accertamento analitico induttivo ai fini delle imposte dirette: in caso di parziale inattendibilità delle scritture contabili, l'atto impositivo è legittimo anche in assenza del contraddittorio endoprocedimentale. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 37440 del 2021.
In caso di accertamento analitico induttivo ai fini delle imposte dirette, effettuato sulla base delle risultanze di un accesso presso il contribuente da cui emerge una parziale inattendibilità delle scritture contabili, l’atto impositivo è legittimo anche in assenza del contraddittorio endoprocedimentale.
Ciò in quanto in tema di tributi “non armonizzati”, come le imposte dirette, mancando nell’ordinamento interno un dovere generalizzato in capo all’amministrazione di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, l’obbligo sussiste esclusivamente per le ipotesi in cui tale obbligo risulti specificamente sancito, pena l’invalidità dell’atto.
La Corte di Cassazione ha ribadito tali principi nell’Ordinanza numero 37440 del 25 novembre 2021.
La controversia è sorta a seguito di un accesso breve effettuato dall’Agenzia delle entrate presso la sede lavorativa di un odontoiatra, acquisendo documentazione contabile per verificare i costi e le spese sostenute per le prestazioni odontoiatriche.
Acquisiti detti costi non riportati nello studio di settore, l’Ufficio rielaborava lo studio di settore evidenziando incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli determinati dall’Ufficio e procedeva all’emissione di un avviso di accertamento “misto” ai fini delle imposte dirette di natura analitico-contabile ai sensi dell’art. 39, co. 1 lett. d) del DPR 600/1973.
Il professionista ha impugnato l’atto impositivo e il ricorso veniva rigettato sia dalla Commissione Tributaria Provinciale che dalla CTR, con conseguente conferma della legittimità dell’atto impositivo.
Avverso la sentenza d’appello il libero professionista proponeva ricorso per cassazione deducendo nel merito, tra l’altro, violazione e falsa applicazione della legge 212 del 2000 e sostenendo l’obbligatorietà di contraddittorio nella fase amministrativa, che nel caso di specie non era stato instaurato.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo e ha rigettato il ricorso.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 37440 del 25 novembre 2021
- Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 37440 del 25 novembre 2021
La decisione – Sul tema dell’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale la Corte di Cassazione ha assunto già un orientamento consolidato che parte della considerazione che il diritto nazionale, diversamente dal diritto unionale, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto.
Diretta conseguenza di una tale asincronia è che l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale sussiste esclusivamente in tema di tributi “armonizzati”, come l’IVA, la cui violazione comporta in ogni caso l’invalidità dell’atto. È comunque onere del contribuente dimostrare in giudizio le ragioni concrete che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato.
Tali ragioni, valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio, non devono rivelarsi meramente pretestuose e tali da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto.
Diversamente, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente per le ipotesi in cui tale obbligo risulti specificamente sancito.
Nel caso di specie di trattava di un accertamento analitico induttivo emesso sulla base delle risultanze di un accesso effettuato presso la sede del professionista, all’esito del quale i verificatori avevano appurato l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione, tanto da aver utilizzato quei dati ulteriori per portare a compimento la verifica fiscale nei confronti del contribuente.
Per tale tipologia di accertamento ai fini delle imposte dirette il nostro ordinamento fiscale non prevede un obbligo specifico di contraddittorio, come invece nel caso di accertamenti standardizzati ai fini degli studi di settore dell’art. 62 bis e sexies del DL n. 331/1993, di accertamento sintetico ex art. 38 DPR 600/1973 o di accertamento da abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis della L. 212/2000.
Da qui la legittimità dell’atto impositivo nel ricorso de qua anche in assenza del contraddittorio endoprocedimentale.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Nessun obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale