Bilancio ordinario: cos’è e quando si redige

Rino Cimella - Bilancio e principi contabili

Cos'è e quando si deve redigere il bilancio d'esercizio in forma ordinaria

Bilancio ordinario: cos'è e quando si redige

Il bilancio ordinario è costituito dall’insieme di documenti previsti dal Codice Civile (art. 2423-2427).

Nello specifico, gli amministratori che redigono il bilancio di esercizio devono presentare lo Stato Patrimoniale, il Conto Economico, il Rendiconto finanziario (reso obbligatorio dal D. lgs. n. 139/2015) e la Nota Integrativa.

I primi tre sono di natura contabile, mentre l’ultimo documento è prevalentemente a carattere descrittivo.

A corredo, va presentata anche la Relazione sulla gestione (art. 2428 C.C.).

Essendo al completo, il bilancio ordinario è obbligatorio per le aziende di grandi dimensioni.

Più precisamente, a seguito dell’art. 10 del D. Lgs. 125/2024, sono obbligate a tale redazione le imprese che soddisfano almeno due dei seguenti requisiti per due esercizi consecutivi:

  • Attivo di Stato Patrimoniale > 5.500.000 €
  • Ricavi di vendita e prestazioni > 11.000.000 €
  • Numero medio di dipendenti occupati > 50

Fino all’avvento del succitato decreto, i limiti dimensionali erano più bassi: 4.400.000 € per l’attivo di Stato Patrimoniale e 8.800.000 € per il fatturato.

Con tale misura, la platea delle imprese tenute alla redazione del bilancio ordinario si è teoricamente ridotta, allargando invece quella che beneficia del bilancio in forma abbreviata.

L’obbligo di redazione del bilancio in forma ordinaria scatta nel momento in cui si verificano le suddette condizioni dimensionali già nel secondo esercizio consecutivo.

Le medesime previsioni valgono per le società che non hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare.

Regole per la redazione dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico

La documentazione da presentare deve seguire le norme civilistiche in materia.

Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio (art. 2423 c. 2 C.C.)

Quindi, lo Stato Patrimoniale ha l’obiettivo di

rappresentare con verità e correttezza la situazione patrimoniale e finanziaria della società, mentre il Conto Economico ha il compito di rappresentare il risultato economico di esercizio

Da sottolineare che si parla di società, in quanto le norme in questione si riferiscono alle società per azioni. In realtà, analogicamente, le medesime disposizioni si applicano a tutte le imprese interessate alla redazione del bilancio ordinario, sebbene sia molto più frequente che a raggiungere i requisiti dimensionali richiamati in precedenza siano delle SPA.

Le società quotate, quelle aventi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, banche, società finanziarie, di intermediazione mobiliare, di gestione del risparmio e le imprese di assicurazione hanno l’obbligo di redigere il bilancio in conformità ai principi contabili internazionali. Le altre società hanno invece la facoltà di optare per l’applicazione degli IAS/IFRS (D. lgs. 38/2005).

Chi non dovesse applicare tali principi internazionali, potrà continuare a redigere il bilancio secondo le tradizionali norme civilistiche, integrate dai principi contabili nazionali (OIC).

Va però precisato che la stessa normativa interna si è adeguata e continua ad aggiornarsi per essere sempre più aderente al contesto internazionale.

Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro (art. 2423 c. 6 C.C.).

Nella presentazione dei documenti, dunque, i valori dovranno essere espressi precisamente in unità di euro, proprio in coerenza delle finalità di corretta rappresentazione richiamate dal medesimo articolo normativo.

I proventi e gli oneri devono essere di competenza dell’esercizio. Dunque, nella determinazione dei valori da iscrivere nei prospetti, la manifestazione monetaria non ha alcun peso.

Ad esempio, nel Conto Economico il valore della produzione include anche valori che non hanno condotto a incassi già contabilizzati o addirittura in alcuni casi neanche a vendite concluse. Idem per i costi di esercizio, che possono essere ricondotti sia ad operazioni che hanno dato luogo ad uscite di cassa che ad operazioni per cui non vi è stata riduzione di liquidità.

Il Decreto Legislativo n. 139/2015, già menzionato sopra, prevede che la rilevazione e la presentazione delle voci sia effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto (art. 2423-bis c. 1-bis). Ciò teso al rafforzamento del principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Altro principio cardine è quello della prudenza: pertanto, gli utili vanno indicati solo se prodotti alla data di chiusura; al contrario, bisogna tener conto dei rischi e delle perdite anche se conosciuti successivamente.

Struttura dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico

Il contenuto dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico deve essere riportato utilizzando gli schemi rispettivamente degli articoli 2424 e 2425 del Codice Civile.

Seppur considerate tipicamente dalla letteratura economica come strutture rigide, è lo stesso Codice Civile a garantire la possibilità di poter ampliare il ventaglio delle opzioni a disposizione dell’impresa.

Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli 2424 e 2425 (art. 2423-ter c. 3 C.C.). Inoltre, le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell’attività esercitata (art. 2423-ter c. 3 C.C.).

Gli schemi di Stato Patrimoniale e Conto Economico devono sempre permettere la comparazione con gli importi delle relative voci nell’esercizio precedente. Pertanto, quando si stende il bilancio, è necessario che vi siano due colonne affiancate, con quella più a sinistra e prossima alle voci che si riferisca all’esercizio in chiusura, mentre quella a destra dedicata all’esercizio precedente.

In tutti i casi in cui non sia possibile effettuare la comparazione, è necessario dettagliare nella Nota Integrativa. Nel caso in cui alcune voci non abbiano dei valori da assegnare in quanto pari a zero sia nell’esercizio attuale che in quello precedente, allora non è necessario riportarle. Se invece una voce nell’esercizio in chiusura è pari a zero, ma nell’anno precedente prevedeva una consistenza, allora vanno riportati entrambi. Idem al contrario: se nell’anno precedente il valore era zero ma in quello di riferimento ha avuto una realizzazione, allora si dovranno indicare tutti e due gli importi per rimarcare la variazione.

Le macro-classi dello Stato Patrimoniale sono le seguenti:

Attivo

  • Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata
  • Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria
  • Attivo circolante
  • Ratei e risconti

Passivo

  • Patrimonio netto
  • Fondi per rischi e oneri
  • Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato
  • Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo
  • Ratei e risconti

Il Conto Economico, redatto in forma scalare, prevede invece le seguenti macro-classi:

  • Valore della produzione
  • Costi della produzione
  • Proventi e oneri finanziari
  • Rettifiche di valore di attività e passività finanziari

Ottenuto il risultato prima delle imposte, dovranno essere sommate algebricamente quelle sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate, le quali produrranno il risultato economico di esercizio. In caso positivo avremo un utile, viceversa una perdita.

Rendiconto finanziario e Nota Integrativa

Dal rendiconto finanziario risultano, per l’esercizio a cui è riferito il bilancio e per quello precedente, l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, all’inizio e alla fine dell’esercizio, ed i flussi finanziari dell’esercizio derivanti dall’attività operativa, da quella di investimento, da quella di finanziamento, ivi comprese, con autonoma indicazione, le operazioni con i soci (Art. 2425-ter).

L’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide derivano dai flussi finanziari indicati dalla previsione civilistica.

A livello operativo, si devono determinare i flussi di cassa derivanti dalla gestione reddituale.

Dunque, possono essere ricompresi in questa categoria le variazioni di liquidità dovute alla distribuzione dell’utile, alle imposte sul reddito, agli interessi (attivi e passivi), a plusvalenze e minusvalenze, ammortamenti, accantonamenti e incrementi di crediti, debiti e/o rimanenze. Per quanto riguarda l’attività di investimento, a titolo esemplificativo possono essere inclusi nel calcolo dei flussi di cassa gli incrementi dei debiti o i prezzi di realizzo a seguito del disinvestimento di un’immobilizzazione, al netto degli investimenti veri e propri realizzati. Generalmente, le società che investono tanto hanno un flusso di cassa negativo in tale area.

Infine, i flussi di cassa della gestione finanziaria, che riguardano le variazioni di liquidità legate ai finanziamenti a titolo di capitale proprio e di capitale di terzi.

La Nota Integrativa è, invece, disciplinata dagli artt. 2427 e 2427-bis del C. C., con un focus sulle informazioni relative al “fair value” degli strumenti finanziari.

Tra le informazioni più rilevanti, devono essere indicati i criteri di valutazione utilizzati per la redazione del bilancio, i quali devono cercare di possedere il requisito della continuità nel tempo.

È, infatti, preferibile evitare variazioni per assicurare omogeneità.

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