Donne e uomini hanno una retribuzione diversa anche se svolgono lo stesso lavoro? Spesso è ancora così. Dall'UE arriva la proposta di una maggiore trasparenza sulla busta paga di lavoratrici e lavoratori per mettere in evidenza il divario di genere che colpisce gli stipendi. I dettagli nel comunicato stampa del 5 aprile 2022.
Avere lo stesso lavoro di un uomo non garantisce alla donna di avere la stessa retribuzione. Il divario di genere, infatti, riguarda anche gli stipendi.
È una delle tante manifestazioni di una distanza ancora molto ampia. Una maggiore trasparenza sulla busta paga di lavoratrici e lavoratori è la proposta che arriva dall’UE per ridurla.
L’obiettivo ultimo è quello di andare verso un maggiore rispetto “del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore” contenuto nell’articolo 157, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
Lo scorso 5 aprile 2022 il Parlamento Europeo ha approvato il mandato per avviare i negoziati con i governi UE sulla direttiva che affronta la questione e imporre ai datori di lavoro degli Stati membri nuovi obblighi per far emergere trattamenti diversi.
“Con questa direttiva stiamo compiendo un passo importante verso l’uguaglianza di genere e facendo luce sul problema della disparità di retribuzione. Affermare che non accetteremo più la discriminazione salariale basata sul genere non rappresenta solo un segnale forte, ma è anche uno strumento per aiutare i Paesi UE e i datori di lavoro a eliminare il divario retributivo tra i sessi”.
Ha affermato la relatrice Kira Marie Peter-Hansen della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali.
Retribuzione diversa per donne e uomini? Più trasparenza sulla busta paga dei dipendenti: la proposta UE
Per far emergere le differenze di retribuzione tra uomini e donne all’interno delle aziende nasce la proposta di una maggiore trasparenza sulla busta paga dei dipendenti nel pieno rispetto della normativa sulla privacy.
In base alla strategia delineata, i datori di lavoro dovrebbero mettere in condizione i lavoratori e le lavoratrici di avere a disposizione tutte le informazioni necessarie per valutare se ci sono discriminazioni sugli stipendi all’interno di un’azienda, anche prima dell’assunzione. E in caso di disparità, agire per accorciare le distanza tra uomini e donne.
“Nel testo adottato, i deputati affermano di voler abolire il segreto salariare nelle clausole contrattuali. Propongono infatti che le aziende UE con almeno 50 lavoratori dovrebbero vietare le condizioni contrattuali che impediscono ai lavoratori di divulgare informazioni sulla loro retribuzione, ed invece divulgare ogni divario retributivo di genere esistente al loro interno”.
Si legge nel comunicato stampa del Parlamento Europeo pubblicato il 5 aprile 2022.
La necessità di vederci più chiaro nasce dall’analisi del contesto: il divario retributivo di genere nell’Unione Europea è pari al 14 per cento.
Ricoprendo le stesse posizioni e lavorando le stesse ore, le donne hanno uno stipendio più basso degli uomini, con una disparità che incide anche sulle pensioni dove il divario cresce ancora di più e arriva al 33 per cento.
In Italia, anche grazie alla spinta del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono state approvate di recente importanti modifiche al Codice delle pari opportunità proprio per favorire la parità tra uomo e donna in ambito lavorativo.
Nel nostro Paese la retribuzione oraria lorda è caratterizzata da un divario pari al 4,7 per cento, uno dei più bassi in Europa.
Ma se, invece, ci si sofferma sul salario annuale medio percepito da uomini e donne la distanza è del 43,7 per cento contro una media europea del 39,6 per cento.
Divario retributivo di genere: verso nuovi obblighi per una maggiore trasparenza sulla busta paga
Un altro aspetto da considerare è che gli ultimi dati Eurostat fanno riferimento al 2019, ultimo anno pre pandemia. Due anni di crisi sanitaria hanno allontanato sempre di più le donne e gli uomini dalla parità.
Secondo il report redatto sul tema dal World Economic Forum per mettere donne e uomini sullo stesso piano ci vorranno 135 anni. E ad allungare i tempi è stata proprio l’emergenza Covid che ha imposto alle donne un prezzo più alto da pagare, sia dal punto di vista economico che sociale.
La necessità di agire è forte. E in questo panorama fatto di dislivelli, nascono le proposte UE su una maggiore trasparenza che riguarda la busta paga dei dipendenti.
In linea generale le aziende dovrebbero rendere chiari i criteri utilizzati per determinare i livelli retributivi e l’avanzamento di carriera dei lavoratori.
Ma più in particolare la lente di ingrandimento dovrebbe posarsi prima di tutto sulle imprese con almeno 50 dipendenti.
Nella strategia messa a punto dal Parlamento UE, le aziende più grandi rendono pubblici i dati sulle differenze di retribuzioni garantite alle donne e agli uomini all’interno dell’organizzazione, considerando anche le componenti complementari o variabili e non solo lo stipendio normale di base.
E in caso di divario retributivo di genere superiore al 2,5 per cento all’interno dell’azienda, il datore di lavoro deve elaborare un piano per portare alla parità la busta paga delle donne e quella degli uomini.
Se il risultato sperato non si raggiunge mai e il lavoratore o la lavoratrice porta la discriminazione in tribunale, deve essere il datore di lavoro a provare che non è stata fatta alcuna differenza e che il principio della parità di retribuzione è stato applicato. E non viceversa.
Per ora, però, queste regole sono solo un’ipotesi. A breve cominceranno i negoziati sulla forma finale della legislazione, ma la strada per modificare la normativa degli Stati membri è ancora lunga.
D’altronde, il percorso verso la parità tra uomini e donne è lungo e tortuoso e si procede sempre a piccoli passi.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Retribuzione diversa per donne e uomini? Più trasparenza sulla busta paga dei dipendenti: la proposta UE