Divario retributivo di genere: approvata anche al Senato ieri, 26 ottobre 2021, la proposta di legge per favorire la parità salariale tra uomini e donne. Dallo sgravio contributivo fino a 50.000 euro per le aziende alla certificazione, passando per le sanzioni: sono diversi gli strumenti messi in campo.
In Parlamento non si arriva tutti i giorni all’unanimità: eppure ci sono temi su cui si riesce a raggiungere un accordo pieno. La necessità di ridurre il divario retributivo di genere è uno di questi. Il 13 ottobre 2021 la Camera ha approvato senza incontrare dissensi la proposta di legge per favorire la parità salariale tra uomini e donne. E il 26 ottobre 2021 il Senato ha confermato la stessa posizione: il pacchetto di misure messo in campo è legge.
Sono diversi gli strumenti progettati per appianare il cosiddetto gender pay gap, ovvero la differenza che esiste tra la retribuzione che viene riconosciuta a un uomo e a una donna a parità di lavoro: dallo sgravio contributivo fino a un massimo di 50.000 euro alla certificazione prevista dal PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
La cassetta degli attrezzi per mitigare il divario retributivo di genere è contenuta nel testo unificato che introduce Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo .
Divario retributivo di genere: le novità della proposta di legge sulla parità salariale tra uomini e donne
La strategia per favorire la parità salariale poggia su diversi pilastri:
- nella nozione di discriminazione diretta e indiretta prevista dall’articolo 25 del Dlgs n. 198/2006 vengono inclusi anche atti di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro che possono mettere le lavoratrici e i lavoratori in una posizione di svantaggio rispetto all’altro sesso, più nello specifico:
- svantaggio generale rispetto agli altri lavoratori;
- limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita e alle scelte aziendali;
- limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e progressione nella carriera;
- si rinnovano le modalità di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale e agli aspetti che riguardano le pari opportunità sul luogo di lavoro e cambiano le sanzioni per le aziende che non rispettano gli obblighi previsti, che vengono estesi anche alle aziende con più di 50 dipendenti e non più riservati solo a quelle con più di 100 dipendenti;
- si prevede dal 1° gennaio 2022 il debutto della certificazione della parità di genere per le aziende: lo strumento è stato inserito anche nel PNRR con una scadenza per l’attivazione fissata entro il quarto trimestre del 2022;
- viene introdotto a regime uno sgravio contributivo parziale per le aziende che possiedono la certificazione di pari opportunità al 31 dicembre dell’anno precedente che può arrivare fino a 50.000 euro all’anno per i datori di lavoro e può contare su una dotazione complessiva di 50 milioni di risorse ogni anno;
- si prevede l’estensione del criterio di riparto degli amministratori delle società quotate anche agli organi amministrativi delle società pubbliche non quotate, costituite in Italia, che si applica per sei mandati consecutivi e richiede che il genere meno rappresentato ottenga almeno due quinti degli amministratori eletti, ovvero il 40 per cento.
Si definiscono, in questo modo, nuove regole del gioco in cui le aziende possono essere premiate o sanzionate in base alle azioni che mettono in campo per ridurre il divario retributivo di genere.
I benefici contributivi eventualmente goduti vengono sospesi per un anno per chi non rispetta l’obbligo di presentazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale e agli aspetti che riguardano le pari opportunità sul luogo di lavoro per oltre 12 mesi dopo la scadenza prevista.
E inoltre per chi presenta rapporti che non fotografano la situazione reale dell’azienda sono previste sanzioni dai 1.000 ai 5.000 euro.
Divario retributivo di genere: i dati e le novità della proposta di legge sulla parità salariale
Secondo gli ultimi dati Eurostat, se si considera la retribuzione oraria lorda il divario in Italia è al 4,7 per cento, uno dei più bassi in Europa. La media è del 14,1 per cento.
Se, invece, ci si sofferma sul salario annuale medio percepito da uomini e donne la distanza è del 43,7 per cento contro una media europea del 39,6 per cento.
A marzo 2021 l’Istat ha diffuso uno studio sul gender pay gap prendendo come riferimento il 2018 e un divario del 6,2 per cento. In quell’anno la differenza si è tradotta in una retribuzione media oraria di 15,2 euro per le donne e 16,2 euro per gli uomini, con una distanza più accentuata tra laureate e laureati: 19,6 euro spettano alle prime e 23,9 euro ai secondi, con uno squilibrio di più di 34 euro in una giornata lavorativa di 8 ore.
Eppure i dati italiani non sembrano essere così disastrosi rispetto alla media europea, come invece accade per il divario occupazionale di genere. Secondo l’ultimo report Eurostat, quello italiano pari al 19,60 per cento è tra i più ampi. D’altronde, stando alle promesse del PNRR, bisognerà intervenire a breve anche su questo fronte per far crescere l’occupazione femminile di almeno 4 punti percentuali entro il 2026.
Nel frattempo la necessità di ridurre il divario retributivo di genere ha messo d’accordo schieramenti politici opposti.
E la legge sulla parità salariale ha messo in campo nuovi strumenti per accorciare le distanze.
Un segnale di grande attenzione sul tema che fa ben sperare e che fa il paio con “gli interventi finalizzati al sostegno della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro” per un totale di 2 milioni di euro dal 2022 previsti dalla Legge di Bilancio 2021 ma ancora in via di definizione: si attende il decreto attuativo.
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