Le donne nel PNRR: i dati dimostrano che serve una strategia per favorire l'occupazione femminile. L'obiettivo è un aumento del 4 per cento entro il 2026. Ma le risorse stanziate e gli interventi inseriti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza compongono un quadro di misure efficaci per distribuire in maniera più equa i carichi di cura e permettere una piena partecipazione al mondo del lavoro?
Le novità che l’attuazione dell PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dovrà portare con sé riguarderanno anche le politiche per le donne
A suggerire la necessità di una strategia completa e complessa per favorire l’occupazione femminile sono i dati riportati nello stesso testo approvato il 13 luglio.
Se è vero che il problema è noto, tangibile e palese, è anche vero che non è così semplice trovare la soluzione.
Con le risorse stanziate e gli interventi inseriti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si definisce un programma di misure efficaci per permettere una piena partecipazione al mondo del lavoro?
Le misure sembrano progettate su un filo sottile che corre tra il contrasto e la conferma dello schema culturalmente consolidato per cui alla donna, e solo a lei, sono affidati i carichi di cura.
Le donne nel PNRR: i dati che spiegano la necessità di una strategia per l’occupazione femminile
Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, definitivamente approvato il 13 luglio 2021 con la Decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta della Commissione europea, dedica un’attenzione particolare alle donne e all’esigenza di costruire una strategia per favorire l’occupazione femminile.
L’obiettivo è ambizioso: un aumento del 4 per cento entro il 2026.
Qual è il contesto di partenza? E perché è ancora, e sempre, necessario mettere a punto interventi specifici?
Le risposte sono semplici e si trovano nei dati riportati nello stesso documento che mette nero su bianco il pacchetto di riforme da attuare con i 191,5 miliardi previsti dal Recovery and Resilience Facility a cui si aggiungono i 30 miliardi del Fondo Complementare.
Sul fronte femminile, le cifre definiscono uno scenario poco rassicurante:
- in Italia il tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro è pari al 53,1 per cento: la media europea è pari al 67,4 per cento;
- il tasso di occupazione è caratterizzato da un ampio divario di genere, pari a 19,8 punti percentuali prima dell’arrivo dell’emergenza coronavirus;
- il tasso di inattività delle donne a causa della responsabilità di assistenza ha raggiunto il 35,7 per cento ed è in continua crescita dal 2010: la media UE è pari al 31,8 per cento;
- la quota di lavoratori autonomi è pari al 7,1 per cento degli occupati, quella delle lavoratrici autonome è pari al 3,5 per cento;
- nella classifica del Gender Equality Index dello European Institute for Gender Equality l’Italia si colloca in quattordicesima posizione, con un punteggio di 63,5 punti su 100, inferiore di 4,4 punti alla media UE.
Nel testo si legge:
“Anche quando lavorano, le donne risultano più penalizzate rispetto agli uomini, a partire dallo stipendio percepito e dalla precarietà lavorativa. Sono meno le donne che ricoprono posizioni apicali, nel privato così come nel pubblico. A questo corrisponde una disparità salariale a svantaggio delle donne a parità di ruolo e di mansioni rispetto agli uomini”.
I dati delineano un quadro chiaro: in Italia bisogna lavorare ancora parecchio per raggiungere gli standard europei, che pure hanno bisogno di essere migliorati.
Da soli gli strumenti per favorire in maniera mirata l’occupazione femminile non bastano, ma bisogna creare le condizioni per cui le donne possano entrare nel mondo del lavoro e parteciparvi in maniera adeguata.
Le donne nel PNRR: fondo imprenditoria, asili nido e altri interventi per favorire l’occupazione femminile
“Serve una terapia d’urto”, per usare le parole dell’economista Andrea Ichino, autore insieme ad Alberto Alesina, della proposta di una gender tax, una tassazione più favorevole sul lavoro delle donne. “O una spinta gentile”, come suggerisce l’ex ministra del Lavoro con delega alle Pari Opportunità Elsa Fornero.
A cui affiancare un corollario di interventi capaci di innescare un circolo virtuoso in cui venga riequilibrata la distribuzione dei carichi di cura.
In linea generale il PNRR pone le basi per mettere in atto gli interventi necessari per ripartire dopo lo shock della pandemia. Ma nel caso delle donne dovrebbe e potrebbe cogliere l’occasione per correggere distorsioni radicate, già esistenti, che la crisi sanitaria non ha fatto altro che aggravare.
Come? Il testo recita:
“Il Governo attraverso il Dipartimento per le Pari Opportunità intende lanciare entro il primo semestre 2021 una Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, in coerenza con la Strategia europea per la parità di genere 2020-2025. [...]Il PNRR sviluppa con le sue missioni le priorità della Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026. Le articola in un ampio programma volto sia a favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro, direttamente o indirettamente, sia a correggere le asimmetrie che ostacolano le pari opportunità sin dall’età scolastica”.
La prima Strategia nazionale per la parità di genere è stata presentata dalla Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti il 5 agosto in Consiglio dei Ministri.
- Dipartimento per le Pari Opportunità - Strategia Nazionale per la Parità di Genere
- Il testo integrale.
I principali punti di intervento previsti nel PNRR sono i seguenti:
- introduzione di nuovi meccanismi di reclutamento nella PA e revisione delle opportunità di promozione alle posizioni dirigenziali di alto livello finalizzate a garantire pari opportunità sia nell’ambito della partecipazione al mercato del lavoro, sia nelle progressioni di carriera;
- previsione di misure dedicate al lavoro agile nella Pubblica amministrazione per un bilanciamento tra vita professionale e vita privata;
- potenziamento e ammodernamento dell’offerta turistica e culturale con l’obiettivo di avere un impatto occupazionale su settori a forte presenza femminile come quello alberghiero, della ristorazione, delle attività culturali;
- definizione di un piano asili nido per avvicinare la percentuale di copertura pari attualmente al 25,5 per cento alla media europea, pari al 33 per cento;
- potenziamento dei servizi educativi dell’infanzia (3-6 anni) ed estensione del tempo pieno a scuola;
- istituzione del Fondo impresa donna con due obiettivi:
- rafforzare misure già esistenti lanciate per supportare l’imprenditoria, come NITO e Smart&Start;
- potenziare il nuovo Fondo per l’imprenditoria femminile, già previsto dalla Legge di Bilancio 2021 ma non ancora operativo;
- definizione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere per incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere;
- valorizzazione delle infrastrutture sociali e creazione di percorsi di autonomia per disabili previsti nella con effetti indiretti sull’occupazione tramite l’alleggerimento del carico di cura non retribuita che grava spesso sulla componente femminile della popolazione;
- il rafforzamento dei servizi di prossimità e di supporto all’assistenza domiciliare.
Solo alcuni punti evidenziati nel programma, però, sono specificamente finalizzati ad avere un impatto diretto sull’occupazione femminile con uno stanziamento di risorse ad hoc.
Interventi | Risorse |
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Creazione di impresa femminile | 400 milioni di euro |
Sistema di certificazione della parità di genere | 10 milioni di euro |
Nell’ambito delle politiche per il lavoro su un totale di 6,66 miliardi di euro, 410 milioni sono impiegati per aumentare la parità di genere.
Le donne nel PNRR: la ricetta per l’occupazione femminile e la conferma del ruolo di cura
Il valore dell’investimento cresce se si considera il ruolo di cura che culturalmente è affidato alle donne.
Interventi | Risorse |
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Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università | 19,44 miliardi |
Percorsi di autonomia per persone con disabilità | 500 milioni di euro |
Casa come primo luogo di cura, assistenza domiciliare e telemedicina | 4 miliardi di euro |
Ma è proprio questo il punto. Il PNRR prende atto di un’evidenza culturale: curare è un verbo tutto al femminile. La consapevolezza è sicuramente il primo passo per rompere uno schema consolidato.
C’è un però: senza un ulteriore passo, ovvero la creazione dei presupposti per distribuire i carichi di cura in maniera più equa all’interno delle famiglie, si corre il rischio di assecondare questo modello.
Il Piano non contempla nessuna misura per favorire un coinvolgimento diretto degli uomini come, ad esempio, un ulteriore potenziamento del congedo di paternità rispetto alle ultime novità introdotte, che hanno portato l’Italia ad essere in linea con gli standard europei dei 10 giorni obbligatori.
Il PNRR sembra sottilmente confermare lo schema che dovrebbe sovvertire, la cura è sempre e comunque una questione femminile, e rischia di perdere un’opportunità più unica che rara.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Le donne nel PNRR e la strategia per l’occupazione femminile: dati, risorse, interventi