Gender tax, vantaggi e criticità al centro dell'intervista del 19 novembre 2020 ad Andrea Ichino, professore dell'European University Institute, che insieme ad Alberto Alesina ha formulato una tassazione differenziata per genere. Perché la proposta non ha mai visto la luce? La società non vuole davvero la parità tra uomini e donne e i bonus assunzioni sono solo fumo negli occhi.
Gender tax, come funziona? Quali sono i vantaggi previsti? E quali le criticità da affrontare? A queste domande ha dato risposta Andrea Ichino, professore presso l’Università di Bologna e l’European University Institute, che insieme ad Alberto Alesina della Harvard University ha formulato una proposta di tassazione differenziata per genere.
Se ne parla da quasi 15 anni ma un’aliquota favorevole sul lavoro delle donne non ha mai visto la luce. Il motivo? Non si vuole davvero una parità tra uomini e donne, secondo l’economista.
Questa è la conclusione a cui si arriva durante l’intervista trasmessa in diretta streaming giovedì 19 novembre 2020 alle ore 17.30 sul canale Youtube di Informazione Fiscale, dopo aver provato a sciogliere una serie di nodi sulla possibile applicazione di una tassazione differenziata per genere: dalla costituzionalità all’importanza di allargare il concetto di famiglia oltre lo schema marito, moglie e figlie o figli.
L’appuntamento rientra in un ciclo di approfondimenti sulla gender tax e sulle questioni collegate: dall’occupazione femminile a una migliore distribuzione del carico familiare, non solo tra uomo e donna.
Gender tax, vantaggi e criticità: intervista all’economista A. Ichino
In estrema sintesi la proposta prevede una pressione fiscale più bassa sul lavoro delle donne e fa riferimento alla teoria secondo la quale per un sistema che funzioni bisognerebbe prevedere un’aliquota più alta per i beni meno elastici, come sono quelli di prima necessità, e più bassa per quelli più elastici, i beni di lusso.
Se questa regola si applica al lavoro dell’uomo e della donna, il primo diventa un bene di prima necessità da tassare in maniera più pesante perché meno esposto a variazioni e il secondo un bene di lusso da tassare in maniera più favorevole per stimolarne il consumo.
Di conseguenza aumenta il valore del lavoro delle donne e cresce il loro impegno professionale, i dati sull’occupazione dell’ultimo bilancio di genere pubblicato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze indicano un divario pari al 17,9%. Di riflesso migliora anche la distribuzione del carico di lavoro all’interno di una famiglia.
L’intervento sulla tassazione, infatti, non nasce per agire solo sulla questione occupazionale, come spiega Andrea Ichino durante l’intervista di giovedì 19 novembre 2020:
“Il problema della parità di genere non riguarda soltanto il far sì che le donne lavorino perché per esempio la città in cui insegno, Bologna, è una città con una partecipazione al lavoro delle donne altissimo, però se andiamo a vedere i redditi di donne e uomini, le donne lavorano tantissimo a Bologna ma guadagnano molto di meno degli uomini e in generale fanno meno carriera.
Perché questo? Bologna è una città con tantissimi asili nido e quindi è più facile per entrambi i genitori lavorare, però chi è che alle 4 molla tutto per andare a prendere i bambini all’asilo? Finché saranno le donne a essere coloro che mollano, sarà più difficile per loro fare carriera”.
Ed è in questo meccanismo che si inserisce la gender tax e che si pone tra gli obiettivi quello di essere incentivo alla crescita professionale.
Nel passaggio dalla teoria alla pratica, però, sono diversi i fattori da considerare. Appare difficile, prima di tutto, stabilire in principio il divario che dovrebbe aprirsi tra la tassazione riservata agli uomini e quella riservata alle donne, quanto dovrebbe essere più favorevole l’aliquota:
“Non voglio azzardare affermazioni che riguardano cifre precise perché sono un economista che ama usare i dati e basare sui dati le proprie affermazioni.
Questo tipo di valutazioni vanno fatte nei contesti specifici di cui vogliamo parlare e in particolare dipendono dall’obiettivo che ci vogliamo proporre, cioè qual è l’obiettivo di riequilibrio che ne vogliamo ottenere. Quello che posso dire è che nel contesto svedese una riduzione del 3% delle aliquote delle donne produce effetti sensibili e molto interessanti in termini di riequilibrio dei compiti familiari”.
Certamente, come sottolinea lo stesso economista, tutta un’altra impostazione potrebbe avere in Italia, contesto diverso sotto tanti punti di vista.
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Gender tax, le principali criticità e la volontà di non arrivare alla parità tra uomini e donne
Ma trovare il valore della riduzione che possa assicurare i vantaggi immaginati sulla carta non è l’unica questione aperta sulla gender tax.
Sono ancora diversi i nodi da sciogliere per immaginare un’applicazione pratica: dalla costituzionalità alla necessità di considerare altre tipologie di famiglia oltre lo schema marito-moglie-figli.
Ma per Andrea Ichino la tassazione differenziata per genere non entra in alcun modo in contrasto con la Costituzione:
- né con l’articolo 3, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. É compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;
- né con l’articolo 53, “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
La questione costituzionale sul diverso trattamento in base al genere è risolta “sia perché il comma 2 dell’articolo 3 dice che si deve intervenire quando ci sono disparità preesistenti, e anche per il fatto che abbiamo un sacco di altri esempi in cui questo succede e nessun batte ciglio”.
Anche a parità contributiva esistono già delle differenze:
“Io sono un professore universitario, all’Università di Bologna ho un reddito in base all’anzianità di servizio, un mio collega con la stessa anzianità di servizio guadagna quanto me, io però ho quattro figli, il mio collega potrebbe non averne nessuno: il sistema fiscale con quattro figli a carico mi permette di pagare meno tasse. Abbiamo la stessa capacità di produzione di reddito eppure le tasse che paghiamo sono diverse. Lo stesso ordinamento fiscale italiano prevede che persone che guadagnano la stessa quantità di euro in realtà possano, per varie ragioni, pagare tasse diverse”.
Immaginando risolto ogni contrasto con la Costituzione sulla base delle motivazioni dell’autore della proposta, resta ancora un nodo importante: una gender tax immaginata per favorire l’occupazione femminile ma anche e soprattutto per migliorare la distribuzione del carico di lavoro all’interno di una famiglia esclude in maniera netta qualsiasi altro schema familiare diverso da quello tradizionale, come ad esempio le coppie omosessuali o i genitori single.
Anche su questo punto non ci sono dubbi per Andrea Ichino: la misura sarebbe una terapia d’urto destinata in maniera esclusiva e specifica a supportare le donne, a prescindere dalla coppia, da applicare fino al raggiungimento di un livello desiderato di parità tra uomo e donna.
In altre parole, la gender tax tra limiti e vantaggi sarebbe la scossa necessaria per un sistema culturale che differenzia in base al genere e lo fa in maniera penalizzante per le donne. Ma allora perché se ne parla da tanti anni e la proposta non è mai diventata realtà?
“Non lo so, con Alberto (Alesina, coautore) ce lo siamo chiesti tante volte. Secondo me il motivo vero è che non vogliamo davvero la parità tra uomini e donne come società e quindi abbiamo paura di uno strumento che funzionerebbe.
Ipocritamente la società fa altre cose che si sa che non funzionano o che si sa che sono poco trasparenti ma tanto per dire: abbiamo dato un aiuto alle donne”.
Un esempio pratico? I bonus per le assunzioni delle donne, che stanno per essere potenziati dalla Legge di Bilancio 2021. In realtà quello è un sussidio mascherato alle imprese, conclude Andrea Ichino, “sarebbe meglio dare soldi a chi cerca lavoro per incentivare l’occupazione”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Gender tax, vantaggi e criticità: intervista all’economista A. Ichino