Cos'è la Gender Tax? E come funziona la tassazione differenziata per genere? L'introduzione di un'aliquota agevolata per le donne: è questa, in estrema sintesi, la proposta per favorire l'occupazione femminile e migliorare la distribuzione del carico di lavoro nelle famiglie. Se ne parla da circa 15 anni ma non è stata mai applicata, un'analisi tra limiti e vantaggi.
Cos’è la Gender Tax e come funziona la tassazione differenziata per genere? Si tratta di una pressione fiscale più bassa sul lavoro delle donne, in estrema sintesi è questa la proposta formulata dagli economisti Andrea Ichino e Alberto Alesina.
L’idea è nata circa 15 anni fa ma non è stata mai realizzata, nonostante punti a obiettivi che andrebbero raggiunti al più presto per entrambi i sessi: favorire l’occupazione femminile e migliorare la distribuzione del carico di lavoro all’interno di una famiglia.
Il dibattito sulla gender tax si accende periodicamente, ma la tassazione differenziata per genere non ha mai visto la luce.
Perché? Uno dei due autori, Andrea Ichino, intervistato dalla redazione di Informazione Fiscale ha la sua motivazione:
“Secondo me il motivo vero è che non vogliamo davvero la parità tra uomini e donne come società e quindi abbiamo paura di uno strumento che funzionerebbe.
Ipocritamente la società fa altre cose che si sa che non funzionano o che si sa che sono poco trasparenti ma tanto per dire: abbiamo dato un aiuto alle donne”.
Una panoramica sul tema, tra vantaggi e criticità.
Gender Tax, cos’è e come funziona la tassazione differenziata per genere
L’idea di una tassazione differenziata per genere nasce dall’osservazione di alcune dinamiche tipiche all’interno delle famiglie tradizionali, composte da marito, moglie, figlie e figli.
La distribuzione del carico di lavoro familiare risulta ancora nettamente squilibrata: le donne, che culturalmente vengono associate a un ruolo di cura, si fanno carico di un peso maggiore nella gestione della famiglia, che le porta a tenere il freno tirato sul fronte dello sviluppo professionale.
Si fa fatica ad accettare nuove sfide lavorative se nelle mura domestiche l’uomo tende a sostituire la donna ancora troppo di rado.
Questa è la fotografia scattata da Andrea Ichino per la ricerca condotta sul tema per l’organizzazione Valore D.
In questo contesto le donne non sono solo frenate, ma spesso sono portate a ridurre il loro impegno o addirittura a non inoltrarsi neanche nel mondo del lavoro, come dimostra l’ultimo bilancio di genere pubblicato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che registra una differenza tra l’occupazione femminile e quella maschile pari al 17,9 per cento.
Come sovvertire e riequilibrare i ruoli dell’uomo e della donna culturalmente radicati? La rivoluzione parte dal sistema di tassazione per i due economisti, Andrea Ichino dell’European University Institut e Alberto Alesina della Harvard University, e la formula da adottare è la gender Tax.
“La tassazione basata sul genere (GBT) soddisfa il criterio ottimale di Ramsey tassando meno l’offerta di lavoro femminile più elastica”, si legge nell’abstract dello studio “Gender Based Taxation and the Division of Family Chores”.
Si fa riferimento alla teoria secondo la quale per una tassazione che funzioni bisognerebbe prevedere un’aliquota più alta per i beni meno elastici, come sono quelli di prima necessità, e più bassa per quelli più elastici, i beni di lusso.
Applicando questa regola al lavoro dell’uomo e della donna, il primo sarebbe un bene di prima necessità da tassare in maniera più pesante perché meno esposto a variazioni e il secondo un bene di lusso, da tassare in maniera più favorevole per stimolarne il consumo.
Gender Tax, come funziona? Vantaggi e criticità
Sarebbe proprio questo il grande vantaggio di una tassazione differenziata per genere: un incentivo all’occupazione femminile che possa agire dalla parte dell’offerta e non della domanda, un meccanismo che spinga le donne a partecipare al mondo del lavoro, convincendo anche gli uomini, e non che favorisca le imprese ad assumerle per poter beneficiare di vantaggi fiscali.
La gender tax potrebbe creare un terreno fertile per le donne che hanno intenzione di mettersi maggiormente in gioco o di non ridurre l’attività anche in caso di un impegno familiare più importante: con un’aliquota più favorevole, il lavoro assumerebbe un altro valore imponendo anche una revisione della distribuzione degli impegni dettati dalla famiglia.
Per Andrea Ichino si tratta di una revisione del sistema di tassazione a costo zero e con una serie di vantaggi:
- si ridurrebbe la pressione fiscale media a parità di gettito;
- si aumenterebbe il reddito prodotto dalle donne senza ridurre quello prodotto dagli uomini;
- si cambierebbero i rapporti di forza in famiglia accelerando il riequilibrio tra i sessi;
- si favorirebbe l’occupazione femminile.
I benefici sono sicuramente fuori discussione, ma dopo 15 anni di dibattiti con un’attenzione che periodicamente si accende sul tema la gender tax non ha mai visto la luce.
Un’applicazione pura della tassazione differenziata per genere, in effetti, promette buoni frutti su alcuni fronti ma presenta forti criticità su altri.
In cima alla lista dei dubbi c’è la costituzionalità della proposta, un trattamento fiscale differenziato in base al sesso sarebbe compatibile con l’articolo 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”?
Non ci sono ostacoli, secondo l’autore Andrea Ichino. Mentre si dovrebbe optare per una tassazione agevolata per il secondo coniuge che entra nel mondo del lavoro, secondo Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, uscendo da una logica di genere.
Ed è questa la direzione assunta dai lavori preparatori della riforma fiscale 2021. Nel documento che rappresenta la base per la definizione delle legge delega, pubblicato dalle Commissioni Finanze di Camera e Senato lo scorso 30 giugno, l’idea di mettere in campo uno strumento destinato esclusivamente alle donne non compare. Compare, però, la volontà di agevolare il secondo percettore di reddito, che solitamente è donna.
Ma la questione costituzionale non è l’unica. Ci si chiede se favorire indistintamente le donne perché considerate come l’anello debole a prescindere da qualsiasi altro fattore sia davvero la strada giusta per un trattamento paritario.
E ancora, se è vero che l’obiettivo ultimo è anche quello di riequilibrare il carico di lavoro all’interno della famiglia, bisogna anche sottolineare che la gender tax dimentica una serie di famiglie che non rientrano nello schema moglie, marito, figlie e figli, come le coppie omosessuali, ma non solo.
Il rischio è che la proposta, nata per includere, finisca per favorire in maniera esclusiva e indiscriminata.
Di una formula di equilibrio che vada oltre il genere, delle criticità e dei vantaggi ne abbiamo parlato sulle pagine di Informazione Fiscale coinvolgendo con interviste e approfondimenti i principali esperti e studiosi.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Gender Tax, cos’è e come funziona la tassazione differenziata per genere