Superbonus, errori nella fattura della cessione del credito: le sanzioni da pagare

Tommaso Gavi - Irpef

Quali sanzioni sono previste nel caso di errori nelle fatture di interventi di superbonus oggetto di cessione del credito o di sconto? Discriminante è la natura del credito portato in compensazione: la sanzione è del 30 per cento nel caso di credito non spettante e del 200 per cento per credito inesistente

Superbonus, errori nella fattura della cessione del credito: le sanzioni da pagare

Quali sanzioni si devono pagare nel caso di errori nelle fatture relative a spese oggetto di cessione del credito del superbonus?

I chiarimenti sulla misura della sanzione sono stati forniti dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 348 del 14 giugno 2023.

Nel caso di credito non spettante la sanzione è pari al 30 per cento del credito utilizzato in compensazione. Se il credito è inesistente, invece, la sanzione raggiunte il 200 per cento.

Il credito si definisce inesistente se manca in tutto io in parte il presupposto costitutivo e se l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli automatizzati o formali previsti dagli articoli 36-bis e 36-ter del DPR 29 settembre 1973, n. 600 e dall’articolo 54-bis del decreto IVA.

Superbonus, errori nella fattura della cessione del credito

Con la risposta all’interpello numero 348 del 14 giugno 2023, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito alle sanzioni da versare nel caso di errori nelle fatture relative a spese che sono state oggetto di cessione del credito del superbonus, tramite l’apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria.

A fornire gli spunti per le delucidazione è l’istante, un’impresa che ha utilizzato i crediti derivanti dallo sconto in fattura, relativi a spese per interventi svolti nei confronti di un condominio.

Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 348 del 14 giugno 2023
Superbonus e sconto in fattura. Errore nella fattura e nella comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Sanzioni applicabili alla compensazione del credito.

L’istante ha emesso due fatture, nel dicembre 2021 e nel novembre 2022, verso un codice fiscale errato. Ha poi provveduto alla compensazione dell’importo ricevuto il 16 febbraio 2022.

Riscontrato l’errore ha annullato l’operazione e emesso due note di variazione in diminuzione a storno delle fatture errate, riemettendo le fatture con il codice fiscale corretto.

Successivamente è stata emessa una nuova comunicazione di sconto in fattura per ciascuna tipologia di intervento, senza la suddivisione in SAL, dal momento che i lavori erano intanto stati portati a termine.

Lo stesso chiede, quindi, qual è la corretta sanzione da versare. Nel fornire i chiarimenti del caso, l’Agenzia delle Entrate riepiloga il quadro normativo di riferimento.

Superbonus, la corretta sanzione da pagare

La prima norma richiamata dall’Agenzia delle Entrate è l’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, che stabilisce una sanzione:

  • del 30 per cento del credito utilizzato, nel caso di utilizzo di un’eccedenza superiore a quella spettante;
  • del 200 per cento nel caso di crediti inesistenti.

Rilevante per determinare le sanzioni è la definizione di “credito inesistente”, in quanto quella di “credito non spettante” è ricavata a contrario, come spiegato in precedenza dalla risoluzione 8 maggio 2018, n. 36.

Come spiegato nel documento di prassi:

“si definisce inesistente ’’il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’art. 54bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.”

Il concetto di esistenza del credito da utilizzare per la compensazione rappresenta una condizione ulteriore rispetto a quella dell’esistenza sostanziale.

Come anticipato, quindi, il credito si considera inesistente in presenza dei seguenti requisiti:

  • mancanza del presupposto costitutivo, quando cioè il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente;
  • inesistenza non riscontrabile con controlli automatizzati o formali.

È inesistente il credito collegato a una situazione non reale, con connotazioni di fraudolenza.

Nel caso in esame, l’errore nell’indicazione del codice fiscale del cedente è considerato un errore sostanziale per cui è consentito l’annullamento della comunicazione all’Agenzia delle Entrate e una nuova comunicazione, a patto che non siano scaduti i termini.

Le operazioni di rettifica hanno “rigenerato” un nuovo credito sullo stesso presupposto costitutivo del precedente.

L’intervento fatturato resta lo stesso, come risulta evidente dall’intestazione della parte descrittiva delle fatture.

In conclusione, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate:

“il credito in parola può dirsi ’’reale’’, benché ’’correttamente’’ maturato solo a seguito dell’accettazione della comunicazione della nuova opzione di sconto e, dunque, ’’non spettante’’ al momento della compensazione eseguita a febbraio del 2022.”

Sarà quindi prevista la sanzione dell’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, ovvero del 30 per cento.

Tale sanzione può essere oggetto di ravvedimento fino al 30 settembre o può essere inoltre sanata con il ravvedimento speciale, previsto dai commi da 174 a 178 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2023.

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