La Corte di Cassazione chiarisce che i redditi della società di persone sono imputati pro-quota a ciascun socio, ai sensi dell'art. 5 del TUIR, indipendentemente dall'effettiva percezione
In tema di IRPEF, la previsione dell’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in virtù della quale i redditi delle società di persone sono imputati “per trasparenza” pro-quota in capo a ciascun socio, indipendentemente dall’effettiva percezione, opera anche con riferimento al socio accomandante di una Sas in caso di accertamento a carico della società per gli utili non iscritti in bilancio e non tassati.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 15887 del 6 giugno 2024.
Il socio accomandante risponde pro-quota del reddito accertato alla società: la sentenza
La controversia ha preso le mosse dal ricorso proposto dal socio accomandante di una Sas avverso gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate per gli anni 2006 e 2007, con i quali venivano recuperati a tassazione, in proporzione alla quota di partecipazione della contribuente (40 per cento), i maggiori redditi accertati nei confronti della società in accomandita semplice.
A conferma della sentenza di primo grado, i giudici della CTR hanno respinto le doglianze dell’Amministrazione finanziaria, ritenendo illegittimi gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della contribuente a titolo di tassazione dei maggiori redditi di partecipazione accertati.
I giudici di secondo grado hanno ritenuto, in particolare, che come socia accomandante, la contribuente non potesse rispondere dei redditi occulti della società, essendo la contribuente priva di poteri gestori.
Pertanto, l’assenza di poteri gestori in capo al socio accomandante e la limitazione della sua responsabilità alla quota di partecipazione al capitale sociale non potrebbe sfociare in un’automatica maggiore base imponibile.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 TUIR, per avere la CTR affermato che, nei confronti del socio accomandante, che è privo di poteri gestori e risponde delle obbligazioni sociali solo nel limite della quota conferita, i maggiori redditi accertati nei confronti della società non gli possono essere attribuiti, in proporzione della propria quota sociale, se non si dimostra che il detto socio conosceva i suddetti redditi occulti e ne aveva beneficiato.
Per l’Agenzia delle entrate ricorrente, la sentenza impugnata si porrebbe in contrasto con la lettera dell’art. 5 TUIR - che imputa a ciascun socio, anche di s.a.s., i redditi prodotti dalla società, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dalla percezione - e con il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la presunzione legale posta dall’indicata disposizione opera anche nei confronti del socio accomandante e anche in caso di accertamento a carico della società di utili non iscritti a bilancio.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo e ha accolto il ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata.
In primo luogo, la Corte ha evidenziato che la previsione del comma 1 dell’art. 5 del TUIR, nello stabilire che l’imputazione dei redditi prodotti dalla società di persone avviene “indipendentemente dalla percezione”, individua un meccanismo di attribuzione di ciò che è stato assunto dal legislatore come reddito prodotto senza, invece, “presumere” la distribuzione dello stesso.
Come chiarito anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 201 del 2020), la norma censurata esclude la soggettività passiva tributaria della società di persone e, in tal modo, elimina lo schermo societario imputando direttamente ai soci il reddito prodotto dalla società.
Ciò premesso, la corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui, in tema di IRPEF, la previsione dell’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in virtù della quale i redditi delle società di persone sono imputati pro-quota a ciascun socio indipendentemente dall’effettiva percezione, opera anche in riferimento al socio accomandante, in caso di accertamento a carico della società di utili non iscritti in bilancio.
In effetti anche il socio accomandante è in grado di conoscere i rilievi e gli accertamenti fiscali condotti nei confronti della società, avendo diritto alla comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite ed alla consultazione dei libri e degli altri documenti della società (art. 2320, comma 3, c.c.), sicché il reddito di partecipazione costituisce un suo reddito personale, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi adoperati dalla società per realizzarli, fermo restando il diritto di agire nei confronti della società, in sede civile ordinaria, per recuperare la quota di utili a lui spettante, nonché l’esclusione della sua responsabilità per sanzioni, qualora sia dimostrata la sua buona fede.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il socio accomandante risponde pro-quota del reddito accertato alla società