Mining criptovalute, l'attività è fuori campo IVA ma rileva ai fini delle imposte dirette, IRES e IRAP. Lo chiarisce la risposta all'interpello numero 508 dell'11 ottobre 2022 dell'Agenzia delle Entrate sulla corretta tassazione da applicare.
Con la Risposta a Interpello n. 508 dell’11 ottobre 2022 l’Agenzia delle entrate ha chiarito il trattamento fiscale, ai fini dell’IVA e delle imposte dirette, legato all’attività di mining.
Preso atto del vuoto normativo in materia, l’Agenzia delle entrate ritiene il mining non rilevante ai fini IVA, in quanto attività caratterizzata dall’assenza di un legame sinallagmatico, con conseguente preclusione del diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti.
L’attività risulta invece rilevante ai fini IRES e IRAP.
Il quesito proposto dall’istante: attività di mining fuori campo IVA
L’istanza è stata prodotta da una società che intenderebbe svolgere l’attività di “mining elettronico”, per tale intendendosi la complessa procedura di verifica, generata sfruttando la potenza di calcolo di un computer.
In particolare il mining consiste nella ricerca di un algoritmo di risoluzione, ossia del procedimento che prevede la creazione delle eventuali soluzioni che condurranno alla stringa hash corretta.
Tecnicamente il computer riceve un’informazione numerica da un altro sistema o dalla rete, e attraverso milioni di calcoli, elabora la probabile soluzione che riconduce all’hash che verifica l’operazione.
Una volta trovata la soluzione, il miner riceverà in pagamento un certo numero di criptomonete come contributo al funzionamento del sistema.
Come dettagliatamente decritto nella richiesta di interpello, l’attività di mining può essere effettuata in via esclusiva dal singolo miner o in pool con altri miners: in entrambi i casi il committente non è identificabile.
Il compenso del miner è basato sul contributo che questi fornisce alla risoluzione degli algoritmi e è calcolato a sua volta da un apposito algoritmo. In caso di adesione a un pool, il miner riceve il compenso da quest’ultimo, fintanto che gli fornirà la sua potenza di elaborazione e fintanto che il pool riceverà a sua volta compensi dal “sistema”, in base ai blocchi che valida/mina.
A conclusione della descrizione della fattispecie, la società istante chiede di conoscere il corretto trattamento ai fini IVA delle operazioni, con particolare riferimento alla detraibilità dell’IVA sugli acquisti (per lo più costi per spazi idonei, hardware, software, collegamenti internet, manutenzioni e energia elettrica) e all’imponibilità dei servizi offerti.
A parere dell’istante l’attività di mining rientra tra le prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti ai sensi dell’articolo 7-ter del DPR n. 633/1972 nel Paese del committente.
Di conseguenza, essendo il servizio svolto a favore di organismi internazionali “anonimi”, aventi con ogni probabilità sede al di fuori del territorio dell’UE (in particolare in Cina), la società considera il compenso ricevuto non soggetto ad IVA, con il mantenimento del diritto a detrazione per l’IVA assolta sugli acquisti e dell’eventuale rimborso dell’eccedenza a credito dell’imposta.
Dal lato reddituale, invece, i compensi rilevano come ricavi, determinati al valore di conversione della “criptovaluta” ricevuta alla data di incasso al “cambio” risultante dai principali operatori del settore. L’operazione sarebbe invece irrilevante ai fini IRAP.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 508 dell’11 ottobre 2022
- Attività di mining-trattamento ai fini delle imposte dirette e dell’IVA.
Il parere dell’Agenzia delle entrate: attività di mining fuori campo IVA ma rilevante ai fini delle imposte dirette
L’Agenzia delle entrate, prendendo atto del vuoto normativo a livello nazionale e unionale, contraddice la soluzione proposta dall’istante prendendo le mosse dal contenuto del Taxing Virtual Currencies: An Overview of Tax Treatments and Emerging Tax Policy Issues, pubblicato dall’OCSE in data 12 ottobre 2020.
In questa sede è stato precisato che il mining è il
“processo (...) tramite il quale le transazioni di valute virtuali sono verificate e aggiunte al registro (ledger) basato sulla blockchain (registrazione delle transazioni). [n.d.r. Pertanto] Il “miner”(...) può avere diritto a (i) una ricompensa di mining, pagata attraverso nuovi token, e/o (ii) una commissione di transazione di protocollo, ovvero una percentuale del valore della transazione in corso di elaborazione e che viene pagata a partire da quella transazione (...)”.
In buona sostanza lo svolgimento dell’attività di validazione non è sufficiente a conferire al miner il diritto a un compenso, che gli spetterà solo se detta attività “va per prima” a buon fine.
Ciò detto, ai fini IVA l’operazione di mining deve ritenersi non rilevante ai fini IVA, in quanto caratterizzata dall’assenza di un legame sinallagmatico, con conseguente preclusione del diritto alla detrazione.
Infatti il miner viene ricompensato in modo automatico dal sistema/network/rete e quindi, trattandosi di una tecnologia distribuita connotata dall’assenza di un soggetto che possa essere considerato quale committente di prestazioni di servizio, la remunerazione pagata dal network non è corrisposta nell’ambito di un rapporto di scambio di servizi.
Trattandosi di operazione fuori campo IVA, la società tenuta agli obblighi documentali, dichiarativi e di versamento richiesti dalla disciplina IVA su tali operazioni.
Ai fini delle imposte dirette, l’Agenzia delle entrate richiama il principio per cui le valute virtuali sono assimilabili alle valute estere, con applicazione delle disposizioni del TUIR che disciplinano le operazioni in valuta estera.
Di conseguenza, a prescindere dalla possibilità di identificare il soggetto che eroga i corrispettivi per i servizi forniti, la relativa remunerazione concorre alla formazione del reddito imponibile, nel periodo d’imposta in cui gli stessi possono considerarsi ultimati, ai sensi del comma 2 dell’articolo 109 del TUIR.
Qualora l’attività del “miner” non risulti retribuita, in considerazione della circostanza per cui il servizio è stato prestato, si realizza una perdita su crediti la cui deducibilità sarà consentita sussistendone gli elementi certi e precisi di cui all’articolo 101, comma 5 del TUIR.
Invece, in relazione alla valutazione delle monete virtuali detenute al termine di ciascun periodo d’imposta, si considera realizzata la differenza tra il valore fiscale iniziale e quello rilevato alla data di chiusura di ciascun periodo d’imposta, in applicazione di quanto disposto dal menzionato articolo 110 del TUIR.
Ai fini IRAP, contrariamente da quanto proposto dalla società istante, le remunerazioni del “miner” concorrono alla formazione del valore della produzione netta, rappresentando di per sé ricavi per prestazioni di servizi ascrivibili all’attività caratteristica dell’istante, con il conseguente transito in voci rilevanti ai fini IRAP.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Attività di mining fuori campo IVA ma rilevante ai fini delle imposte dirette