IVA: aliquote e normativa di riferimento

Le aliquote IVA e i principi generali che caratterizzano l'imposta sul valore aggiunto

IVA: aliquote e normativa di riferimento

L’IVA è un’imposta introdotta dalla legislazione europea all’inizio degli anni 70. In Italia il riferimento normativo fondamentale è il d.p.r. 633/1972. L’IVA rappresenta l’unico caso di imposta davvero armonizzata a livello comunitario, salvo per le aliquote che possono essere stabilite autonomamente da ciascuno Stato.

L’IVA è un’imposta di rilevanza fondamentale per il bilancio dello Stato ma è anche una delle più evase nel panorama italiano ed europeo, motivo per il quale è stato introdotto il meccanismo del reverse charge o inversione contabile in alcuni settori particolari dell’economia e negli ultimi anni sono state ampliate le comunicazioni in materia (come nel caso delle comunicazioni delle liquidazioni IVA, le cd. Lipe).

Ecco i caratteri essenziali dell’imposta sul valore aggiunto

Quali sono le caratteristiche essenziali dell’IVA?

Prima di trattare le singole caratteristiche dell’IVA occorre fare una premessa in ordine al meccanismo di funzionamento dell’imposta sul valore aggiunto.

L’IVA appartiene alla famiglia delle imposte sui consumi, che possono essere:

  • monofase, ovvero applicate una sola volta (si pensi, a titolo di esempio, all’applicazione di un’imposta sui consumi che colpisca esclusivamente le cessioni dal commerciante al consumatore finale);
  • plurifase, ovvero applicate nelle diverse fasi del processo produttivo-distributivo e suddivisibili in:
    • imposte plurifase cumulative o a “cascata”, nel caso in cui il tributo dovuto in ciascuna fase si somma agli altri;
    • imposte plurifase a valore aggiunto, ove i diversi prelievi colpiscano solo il valore aggiunto che ciascun passaggio industriale-commerciale del bene produce.

L’IVA tecnicamente rappresenta quindi un’imposta plurifase a valore aggiunto.
Perché il meccanismo di funzionamento dell’IVA si è basato sul sistema delle imposte sui consumi plurifase a valore aggiunto?

Storicamente il motivo di preferenza accordato a tale tipo di imposta è legato al carattere della neutralità, nel senso che l’IVA grava sul consumatore finale in base al prezzo del bene ma a prescindere dal numero di passaggi subiti dal bene/servizio considerato.

L’IVA si presenta, in particolare, come un’imposta avente i seguenti caratteri fondamentali:

  • indiretta;
  • proporzionale;
  • neutra;
  • generale;
  • generale;
  • sui consumi.

L’IVA è un’imposta indiretta perché, a differenza delle imposte dirette, non colpisce direttamente la capacità contributiva del contribuente, ma soltanto una sua manifestazione (il consumo).

L’IVA è un’imposta proporzionale perché il suo ammontare dipende dal prodotto tra il prezzo del bene e l’aliquota relativa, a prescindere dal numero di passaggi che il bene subisce nel corso del processo produttivo-distributivo.

L’IVA è un’imposta neutra perché colpisce il maggior valore che ciascuna fase del processo aggiunge al bene/servizio considerato, anche in questo caso prescindendo dall’effettivo numero di passaggi che la merce medesima subisce.

L’IVA è un’imposta generale perché colpisce tutti i contribuenti, senza alcuna distinzione.

L’IVA, infine, è un’imposta sui consumi poiché il suo meccanismo applicativo (imposta plurifase a valore aggiunto) finisce col gravare esclusivamente sul consumatore finale.

IVA: aliquote minima, ridotta ed ordinaria

L’IVA è un’imposta proporzionale perché il suo ammontare dipende dal prezzo del bene moltiplicato per l’aliquota di riferimento.

Ma quali sono le aliquote IVA attualmente previste in Italia?

Le aliquote IVA sono quattro ovvero:

  • 4% - aliquota minima - per l’IVA sui generi di prima necessità;
  • 5% - aliquota ridotta - per l’IVA su prestazioni sociali, sanitarie ed educative delle cooperative sociali;
  • 10% - aliquota ridotta - per l’IVA su servizi turistici, alimentari ed edili;
  • 22% - aliquota ordinaria - per l’IVA da applicare in tutti i casi non rientranti nelle prime tre aliquote.

IVA: le operazioni imponibili e la fattispecie a formazione successiva

L’articolo 1 del d.p.r. 633/1972 disciplina il presupposto impositivo dell’IVA, definendo le operazioni imponibili secondo una configurazione che la dottrina tributaria identifica come fattispecie a formazione successiva:

L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate

Dalla lettura dell’articolo 1 del d.p.r. 633/72 si evince chiaramente quali siano i presupposti per l’applicazione dell’IVA ovvero:

  • soggettivo, nel senso che l’IVA si applica su:
    • esercizio di imprese, vedi articolo 4 del d.p.r. 633/1972;
    • esercizio di arti e professioni, vedi articolo 5 del d.p.r. 633/1972.
  • oggettivo, nel senso che l’IVA si applica solo sulle operazioni che costituiscono:
    • cessione di beni;
    • prestazione di servizi;
    • importazioni;
    • operazioni intracomunitarie.
  • territoriale, nel senso che l’IVA si applica solo sulle operazioni effettuate nel territorio dello Stato.

Analizzando singolarmente e complessivamente il presupposto oggettivo, soggettivo e territoriale IVA, dottrina ed operatori professionali hanno elaborato la seguente classificazione delle operazioni ai fini IVA.

Classificazione delle operazioni IVA

Le operazioni ai fini IVA si classificano in quattro tipologie fondamentali:

  • operazioni imponibili;
  • operazioni non imponibili;
  • operazioni esenti (vedi articolo 10 del d.p.r. 633/1972);
  • operazioni escluse (vedi articolo 15 del d.p.r. 633/1972).

IVA: cosa si intende per cessioni di beni? Ecco l’articolo 2 del d.p.r. 633/1972

Una volta definito il presupposto impositivo dell’IVA occorre comprendere bene cosa si intenda per cessione di beni, prestazioni di servizi, esercizio di imprese, arti e professioni.

Per farlo andremo direttamente alla fonte, riportando e cercando di interpretare quanto previsto dal d.p.r. 633/72.

Cosa si intende per cessioni di beni ai fini IVA?
La cessione di beni ai fini IVA è disciplinata dall’articolo 2 del d.p.r. 633/72:

Costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere.

Costituiscono inoltre cessioni di beni:

1) le vendite con riserva di proprietà;
2) le locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti;
3) i passaggi dal committente al commissionario o dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in esecuzione di contratti di commissione;
4) le cessioni gratuite di beni ad esclusione di quelli la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa se di costo unitario non superiore ad euro cinquanta e di quelli per i quali non sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta a norma dell’articolo 19, anche se per effetto dell’opzione di cui all’articolo 36-bis;
5) la destinazione di beni all’uso o al consumo personale o familiare dell’imprenditore o di coloro i quali esercitano un’arte o una professione o ad altre finalità estranee alla impresa o all’esercizio dell’arte o della professione, anche se determinata da cessazione dell’attività, con esclusione di quei beni per i quali non e’ stata operata, all’atto dell’acquisto, la detrazione dell’imposta di cui all’articolo 19;
6) le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto nonché le assegnazioni e le analoghe operazioni fatte da altri enti privati o pubblici, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica.

Non sono considerate cessioni di beni:

a) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro;
b) le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda";
c) le cessioni che hanno per oggetto terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria a norma delle vigenti disposizioni. Non costituisce utilizzazione edificatoria la costruzione delle opere indicate nell’art. 9, lettera a), della legge 28 gennaio 1977, n. 10;
d) le cessioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati;
e) (soppressa);
f) i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di societa’ e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti;
g) (soppressa);
h) (soppressa);
i) le cessioni di valori bollati e postali, marche assicurative e similari;
l) le cessioni di paste alimentari; le cessioni di pane, biscotto di mare, e di altri prodotti della panetteria ordinaria, senza aggiunta di zuccheri, miele, uova, materie grasse, formaggio o frutta; le cessioni di latte fresco, non concentrato né zuccherato, destinato al consumo alimentare, confezionato per la vendita al minuto, sottoposto a pastorizzazione o ad altri trattamenti previsti da leggi sanitarie;
m) le cessioni di beni soggetti alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio di cui al regio decreto legge 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito nella legge 5 giugno 1939, n. 937, e successive modificazioni ed integrazioni
”.

IVA: cosa si intende per prestazioni di servizi? Ecco l’articolo 3 del d.p.r. 633/1972

Il presupposto oggettivo IVA si completa con le prestazioni di servizi.

La definizione di prestazioni di servizi ai fini IVA è contenuta nell’articolo 3 del d.p.r. 633/1972:

Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte.

Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo:

1) le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili;
2) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti;
3) i prestiti di denaro e di titoli non rappresentativi di merci, comprese le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro-soluto, di crediti, cambiali o assegni. Non sono considerati prestiti i depositi di denaro presso aziende e istituti di credito o presso amministrazioni statali, anche se regolati in conto
corrente;
4) le somministrazioni di alimenti e bevande;
5) le cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto.
Le prestazioni indicate nei commi primo e secondo sempreché l’imposta afferente agli acquisti di beni e servizi relativi alla loro esecuzione sia detraibile, costituiscono per ogni operazione di valore superiore ad euro cinquanta prestazioni di servizi anche se effettuate per l’uso personale o familiare dell’imprenditore, ovvero a titolo gratuito per altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ad esclusione delle somministrazioni nelle mense aziendali e delle prestazioni di trasporto, didattiche, educative e ricreative, di assistenza sociale e sanitaria, a favore del personale
dipendente, nonché delle operazioni di divulgazione pubblicitaria svolte a beneficio delle attività istituzionali di enti e associazioni che senza scopo di lucro perseguono finalità educative, culturali, sportive, religiose e di assistenza e solidarietà sociale, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e delle diffusioni di messaggi, rappresentazioni, immagini o comunicazioni di pubblico interesse richieste o patrocinate dallo Stato o da enti pubblici. Le assegnazioni indicate al n. 6) dell’art. 2 sono considerate prestazioni di servizi quando hanno oggetto cessioni, concessioni o licenze di cui ai numeri 1) 2) e 5) del comma precedente. Le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario.

Non sono considerate prestazioni di servizi:

a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere di cui ai numeri 5) e 6) dell’art. 2 della L. 22 aprile 1941, n. 633, e alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale;
b) i prestiti obbligazionari;
c) le cessioni dei contratti di cui alle lettere a), b) e c) del terzo comma dell’art. 2;
d) i conferimenti e i passaggi di cui alle lettere e) ed f) del terzo comma dell’art. 2;
e) le prestazioni di mandato e di mediazione relative ai diritti d’autore, tranne quelli concernenti opere di cui alla lettera a), e le prestazioni relative alla protezione dei diritti d’autore di ogni genere, comprese quelle di intermediazione nella riscossione dei proventi;
f) le prestazioni di mandato e di mediazione relative ai prestiti obbligazionari;
g) (lettera soppressa);
h) le prestazioni dei commissionari relative ai passaggi di cui al n. 3) del secondo comma dell’art. 2 e quelle dei mandatari di cui al terzo comma del presente articolo.

Non costituiscono inoltre prestazioni di servizi le prestazioni relative agli spettacoli ed alle altre attività elencati nella tabella C allegata al presente decreto, rese ai possessori di titoli di accesso, rilasciati per l’ingresso gratuito di persone, limitatamente al contingente e nel rispetto delle modalità di rilascio e di controllo stabiliti ogni quadriennio con decreto del Ministro delle finanze:

a) dagli organizzatori di spettacoli, nel limite massimo del 5 per cento dei posti del settore, secondo la capienza del locale o del complesso sportivo ufficialmente riconosciuta dalle competenti autorità;
b) dal Comitato olimpico nazionale italiano e federazioni sportive che di esso fanno parte;
c) dall’Unione nazionale incremento razze equine;
d) dall’Automobile club d’Italia e da altri enti e associazioni a carattere nazionale.

Le disposizioni del primo periodo del terzo comma non si applicano in caso di uso personale o familiare dell’imprenditore ovvero di messa a disposizione a titolo gratuito nei confronti dei dipendenti:

a) di veicoli stradali a motore per il cui acquisto, pure sulla base di contratti di locazione, anche finanziaria, e di noleggio, la detrazione dell’imposta e’ stata operata in funzione della percentuale di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 19-bis 1;
b) delle apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di telecomunicazioni e delle relative prestazioni di gestione, qualora sia stata computata in detrazione una quota dell’imposta relativa all’acquisto delle
predette apparecchiature, pure sulla base di contratti di locazione, anche finanziaria, e di noleggio, ovvero alle suddette prestazioni di gestione, non superiore alla misura in cui tali beni e servizi sono utilizzati per fini diversi da quelli di cui all’articolo 19, comma 4, secondo periodo
”.

Soggetti passivi IVA: cosa si intende per esercizio di imprese, arti e professioni? Ecco le definizioni degli articoli 4 e 5 del d.p.r. 633/1972

Dopo aver definito con estrema precisione quali sono i limiti del presupposto oggettivo IVA, ovvero cosa si intenda esattamente con cessione di beni e prestazioni di servizi, passiamo ora ad analizzare la normativa IVA dal punto di vista del presupposto soggettivo.

I soggetti passivi IVA sono gli esercenti attività di impresa, arti e professioni. Attenzione però: in questo caso si parla di soggetti passivi di diritto, nel senso che su tali soggetti pesa soltanto l’onere di applicare formalmente l’imposizione fiscale.
I soggetti passivi di fatto ed in sostanza rimangono i consumatori finali che, per effetto del particolare meccanismo IVA, sono gli unici contribuenti su cui pesa l’effettivo onere di pagamento dell’imposta.

La definizione di esercizio di attività d’impresa ai fini IVA
L’articolo 4 del d.p.r. 633/1972 afferma che:

Per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile”.

Appare quindi evidente come la definizione di impresa ai fini IVA sia volutamente ampia ed onnicomprensiva.

La definizione di esercizio di arti e professioni ai fini IVA
L’esercizio di attività di arti e professioni ai fini IVA è definito dall’articolo 5 del d.p.r. 633/1972:

Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse. Non si considerano effettuate nell’esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 49 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, nonché le prestazioni di lavoro effettuate dagli associati nell’ambito dei contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 49, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, rese da soggetti che non esercitano per professione abituale altre attività di lavoro autonomo.

Non si considerano altresì effettuate nell’esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi derivanti dall’attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali ai sensi della legge 12 giugno 1973, n. 349, nonché le prestazioni di vigilanza e custodia rese da guardie giurate di cui al regio decreto-legge 26 settembre 1935, n. 1952”.

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