Non paga l’IRAP il consulente che presta la propria attività per una società di revisione

Prestare la propria attività per un'organizzazione costituita da una società di cui si è socio (o dipendente) non fa scattare automaticamente l'IRAP: lo chiarisce la Corte di Cassazione

Non paga l'IRAP il consulente che presta la propria attività per una società di revisione

L’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di un’organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente) non realizza il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP in quanto, a tali fini, non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso dal punto di vista operativo e organizzativo.

Di conseguenza non sono soggetti a IRAP i compensi che il professionista percepisce per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata.

Questo il principio di diritto contenuto nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 27154, pubblicata il 21 ottobre 2024.

Quando si paga l’IRAP? La Corte di Cassazione sui presupposti impositivi

La vicenda ruota attorno al mancato riconoscimento di un rimborso dell’IRAP versata da un dottore commercialista nel 2013, anno in cui il consulente aveva svolto la propria attività professionale nell’ambito di una società di revisione di cui era socio, sempre in assenza di una propria autonoma organizzazione.

Avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza, il professionista ha proposto ricorso alla C.T. P., deducendo di svolgere la propria attività professionale a favore di un solo cliente, nello specifico la società di consulenza, della quale egli era socio e prestatore d’opera, nell’ambito della struttura organizzativa messa a disposizione dalla stessa società. A seguito del rigetto del ricorso, il contribuente ha proposto appello in CTR che ha confermato la decisione di prime cure.

La controversia è giunta dinanzi alla Corte di cassazione perché il professionista ha impugnato la sentenza d’appello, censurando la decisione nella parte in cui ha attribuito rilevanza, ai fini della verifica del requisito dell’autonoma organizzazione, non già alle dotazioni proprie di personale e capitale (pressoché nulle) ma a quelle riferibili alla società di revisione, unico commettente da cui il professionista ritraeva tutto il proprio reddito.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di doglianza, ribadendo il principio per cui il requisito dell’autonoma organizzazione rilevante ai fini IRAP, contenuto nell’art. 2 del D.Lgs. 446/1997, ricorre quando il contribuente (i) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse e (ii) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui in misura superiore alla soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi attività di segreteria o mansioni meramente esecutive.

Paga l’IRAP il consulente che presta la propria attività per una società di revisione?

In altre parole, affinché un lavoratore autonomo sia assoggettato a IRAP, è necessario non solo che egli sia inserito in un’autonoma organizzazione ma che egli sia anche titolare di questa organizzazione e ne sia dunque responsabile.

Peraltro, imputare direttamente al professionista l’organizzazione predisposta dalla società, di cui il primo si avvale nell’esercizio della sua attività a favore della seconda, ridurrebbe quest’ultima sistematicamente a mera interposta fittizia nell’erogazione dei servizi professionali, contrariamente al ruolo riconosciuto alle società quali soggetti di diritto, dotati di autonoma capacità decisionale ed operativa, ai quali è imputato l’esercizio di una impresa o, comunque, di un’attività economica organizzata in forma collettiva.

Nel caso di specie il professionista non occupava alcun collaboratore alle proprie dipendenze e, quanto ai beni strumentali, non disponeva di una propria autonoma organizzazione in quanto inserito stabilmente in una organizzazione facente capo ad un distinto soggetto giuridico.

A nulla vale il fatto che il professionista si avvalesse di tale organizzazione in quanto, ai fini IRAP, occorre che il contribuente sia titolare e responsabile di tale organizzazione, che deve essere autonoma sia dal punto di vista operativo che organizzativo.

In assenza di tale requisito i compensi che il lavoratore autonomo percepisce come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata non sono soggetti ad IRAP.

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