Doppia esenzione IMU per gli immobili dei coniugi? Legittima in assenza di intenti elusivi: sul tema è tornata di recente la Corte di Cassazione
In tema di esenzione IMU per la casa principale, dopo l’intervento della Corte Costituzionale n. 209 del 2022, va escluso che la nozione di “abitazione principale” presupponga la dimora abituale e la residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore.
Di conseguenza, salvo l’accertamento di comportamenti elusivi, il beneficio spetta al possessore dell’immobile dove dimora abitualmente e risiede anagraficamente, anche se il coniuge abbia la residenza anagrafica in diverso comune.
Queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza n. 12576 dell’8 maggio 2024 con cui la Corte di Cassazione ha dato applicazione alla importante decisione della Consulta.
La Corte di Cassazione torna sulla doppia esenzione IMU per i coniugi
La controversia prende le mosse dal ricorso proposto dal proprietario di un immobile, avverso l’avviso di accertamento emesso dal Comune dove è ubicato il cespite, in relazione al mancato riconoscimento dell’agevolazione ai fini della TASI per l’anno d’imposta 2014, sostenendo che dovesse spettargli il trattamento agevolato riservato alle abitazioni principali, poiché nell’abitazione egli aveva fissato la propria residenza anagrafica e teneva la propria dimora.
L’adita CPT respingeva il ricorso, motivando che l’agevolazione riservata all’abitazione principale poteva trovare applicazione solo quando l’intero nucleo familiare risieda e dimori nell’unità abitativa alla quale l’agevolazione dovrebbe applicarsi mentre, nel caso di specie, la moglie non separata contribuente risultava avere residenza in un’altra città. Sulla base delle medesime motivazioni la CTR ha respinto l’appello del contribuente.
Da qui il ricorso in cassazione, per violazione e/o falsa applicazione del DL n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, così come interpretato dalla Circolare n. 3/DF del 18.05.2021 del MEF, per il mancato riconoscimento dell’agevolazione ai fini TASI malgrado l’immobile fosse adibito ad abitazione principale.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso e ha deciso per la cassazione della sentenza impugnata, con accoglimento dei motivi di merito.
Nella vicenda in commento, la Corte di cassazione ha richiamato l’intervento della Corte Costituzionale con il quale la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 là dove, parlando di “nucleo familiare”, finisce per penalizzarlo, in contrasto con i principi costituzionali.
In particolare la Corte ha ristabilito il diritto all’esenzione per “ciascuna abitazione principale” delle persone sposate o in unione civile chiarendo, al contempo, che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” ne possano usufruire.
Pertanto, nel caso di specie, in cui gli immobili dei coniugi adibiti ad abitazioni principale sono ubicati in comuni diversi, non avendo il Comune dedotto alcunché in ordine ad un possibile intento elusivo, l’esenzione deve essere accordata.
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