Vaccino Covid: legittime le ferie imposte al lavoratore che rifiuta di sottoporvisi. In questo senso si è espresso il Tribunale di Belluno con l'ordinanza numero 12 del 19 marzo 2021.
Se il lavoratore rifiuta di sottoporsi al vaccino anti Covid è lecito che il datore di lavoro gli imponga un periodo di ferie per allontanarlo dall’ambiente lavorativo.
In questo senso si è espresso il Tribunale di Belluno, che con l’ordinanza numero 12 del 19 marzo 2021 si è occupata di una problematica che, nel corso della campagna vaccinale, era prevedibile sarebbe presto venuta alla luce.
Il provvedimento prende le mosse dal caso di dieci operatori sanitari di due RSA del capoluogo veneto che si erano volontariamente astenuti dalla vaccinazione e che erano stati messi dall’azienda in ferie forzate al fine di evitare, secondo quanto riferito, episodi di contagio nelle strutture.
I dipendenti avevano quindi presentato ricorso nei confronti del datore di lavoro, respinto dal Tribunale di Belluno con l’ordinanza numero 19.
Vaccino Covid: per il lavoratore che lo rifiuta legittime le ferie forzate
I dieci operatori sanitari che avevano rifiutato di vaccinarsi, sono stati dichiarati “inidonei al servizio” dal medico del lavoro il che ha determinato il loro allontanamento dalle RSA.
Un allontanamento che, tra l’altro, non ha avuto luogo mediante sospensione o licenziamento, ma per mezzo di ferie forzate regolarmente retribuite. Quindi nessun pericolo di perdere il posto o di vedersi negata la retribuzione per i ricorrenti.
L’assenza del “periculum in mora” ha giustificato il rigetto del ricorso.
“Ritenuta l’insussistenza del periculum in mora quanto alla sospensione dal lavoro senza retribuzione ed al licenziamento, paventati da parte ricorrente, non essendo stato allegato da parte ricorrente alcun elemento da cui poter desumere l’intenzione del datore di lavoro di procedere alla sospensione dal lavoro senza retribuzione e al licenziamento”.
Si legge nell’ordinanza del Tribunale di Belluno.
Al contempo, il giudice ha dato ragione al datore di lavoro per le scelte cautelative - l’imposizione del vaccino e in caso di rifiuto l’allontanamento - che non erano state prese a tutela soltanto degli ospiti e del personale della RSA ma anche degli stessi ricorrenti, in applicazione dell’articolo 2087 del Codice Civile.
Tale disposizione, infatti, impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti e la vaccinazione, secondo il giudice di Belluno, costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato alla luce delle risultanze scientifiche.
Rifiuto del lavoratore di vaccinarsi: il primo intervento giurisprudenziale
La delicata questione relativa al rifiuto del lavoratore di vaccinarsi non ha tardato ad arrivare nelle aule di un tribunale, ed è stato quello di Belluno a doversi pronunciar per primo.
L’ordinanza numero 19 del 19 marzo 2021, in realtà, risponde ad un ricorso d’urgenza volto a verificare la sussistenza e in caso interrompere eventuali effetti negativi, quali il rischio di perdita della retribuzione e di licenziamento, e per questo motivo è molto scarna di particolari e orientamenti giurisprudenziali di sorta.
Il giudice si è limitato ad affermare, perché di tale compito era stato investito dai ricorrenti, che non vi è alcun rischio per loro di perdere il posto di lavoro né di rimanere senza stipendio.
Viceversa, lo stesso giudice non si esprime su ciò che potrebbe accadere se il caso preso in considerazione, relativo al pericolo di contagio e rifiuto del vaccino dei lavoratori, dovesse durare oltre l’esaurimento delle ferie spettanti.
Ad ogni modo questa pronuncia, seppure “a metà”, ha messo in chiaro per adesso un aspetto della questione: la scelta del datore di lavoro di interdire l’accesso del dipendente che non vuole vaccinarsi non solo è legittima, ma anche doverosa.
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