Vaccino Covid: se il lavoratore rifiuta di vaccinarsi ha comunque diritto alla copertura assicurativa in caso di contagio, ma non al risarcimento del danno. Questa è la regola enunciata dall'INAIL, in una nota inviata alla direzione regionale della Liguria il 1° marzo 2021.
Vaccino Covid: il lavoratore che rifiuta di vaccinarsi e contrae il virus è comunque coperto dalla tutela infortunistica, ma non ha diritto al risarcimento perché colpevole di comportamento negligente.
La risposta arriva da una nota del INAIL inviata il 1° marzo 2021 alla direzione regionale della Liguria, che aveva richiesto chiarimenti in merito alla mancata adesione da parte di alcuni sanitari alla campagna vaccinale.
In particolare, l’interrogativo posto dalla struttura territoriale riguardava l’inquadramento o meno dell’eventuale contagio tra le ipotesi di infortunio sul lavoro a cui applicare la copertura INAIL.
Anche senza vaccino Covid sì alla copertura INAIL per i lavoratori contagiati
La questione del trattamento infortunistico concesso ai lavoratori che hanno contratto il Covid dopo avere rifiutato il trattamento vaccinale è stata trattata, come anticipato, in una nota diramata dall’INAIL.
Il caso da cui ha preso le mosse l’Istituto, secondo quanto riportato dal Sole24Ore, è quello del Policlinico San Martino di Genova, relativo per l’appunto a sanitari che hanno rifiutato il vaccino.
In merito al trattamento per infortunio in caso di contagio, l’INAIL ha definito il rifiuto di vaccinarsi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto a un trattamento sanitario che, seppur fortemente raccomandato, non può essere condizione a cui subordinare la copertura assicurativa.
Questo, del resto, è ciò che prevede l’articolo 42 del DL n. 18/2020 poi convertito in legge 27/2020, secondo cui la copertura assicurativa INAIL non è in alcun modo condizionata a comportamenti diligenti o collaborativi da parte dei lavoratori interessati.
Una conclusione che, peraltro, discende dall’assenza di qualsivoglia obbligo vaccinale, tanto meno in ambiente lavorativo dove la legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro non contempla alcuna coercizione per il lavoratore.
Un’imposizione che, peraltro, sembrerebbe rimanere esclusa anche in caso di lavoratori particolarmente esposti al virus in ragione delle mansioni svolte e delle attività rese nei locali aziendali.
Dipendente che rifiuta il vaccino: nessuna responsabilità del datore di lavoro
Appurato, quindi, che il rifiuto del vaccino sotto il profilo assicurativo non costituisce motivo di esclusione dal trattamento assicurativo per gli infortuni sul lavoro, bisogna capire cosa succede in merito alla responsabilità del datore di lavoro in caso di infezione.
L’argomento va necessariamente collegato al concorso di colpa che ha luogo quando l’imprudenza e l’imperizia del lavoratore concorre a determinare l’evento dannoso.
In questa occasione, infatti, la responsabilità del datore di lavoro e la conseguente tutela risarcitoria può essere limitata o addirittura esclusa poiché le lesioni o la morte siano conseguenza di un comportamento abnorme ed eccezionale del lavoratore danneggiato.
Il dipendente, infatti, incorre nell’infortunio nonostante tutte le corrette misure adottate dal datore di lavoro.
Secondo la giurisprudenza consolidata, infatti, il comportamento colposo del lavoratore che, per esempio, non assolve all’obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale, può ridurre o non ammettere la responsabilità del datore di lavoro che, a quel punto, non è obbligato a risarcire il proprio dipendente in caso di infortunio.
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