TFR: in cosa consiste la proposta del silenzio assenso?

Francesco Oliva - Lavoro

La Legge di Bilancio 2025 in fase di approvazione prevede anche la nuova regola della destinazione del trattamento di fine rapporto con il silenzio assenso, di cosa si tratta?

La Manovra di Bilancio 2025 dovrà essere approvata entro fine anno.

Tra le ultime novità c’è la proposta relativa alla regola del silenzio assenso relativa al TFR, il trattamento di fine rapporto.

La proposta, che sembra avere parecchie possibilità di passare, è la seguente:

A lavoratrici e lavoratori dipendenti verrà dato un termine di sei mesi per decidere se:

  • lasciare il TFR maturato dentro la loro azienda;
  • oppure trasferirlo direttamente ai fondi pensione.

Trascorso il semestre senza aver preso una posizione, il TFR sarebbe versato in automatico ai fondi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, o in alternativa, a quelli di categoria (nel caso dei fondi chiusi) più quotati

Il tema sembra riguarderebbe sia i neo assunti sia coloro che sono già titolari di un contratto di lavoro dipendente.

Un intervento su cui spingono molto Fratelli d’Italia, Lega e Noi Moderati. Tra i firmatari dell’emendamento c’è anche il presidente della commissione Lavoro Walter Rizzetto.

La tassazione del TFR è diversa da quella degli altri redditi da lavoro dipendente.

Fino al momento della sua liquidazione, se resta accantonato in azienda, infatti, è oggetto di rivalutazione, su base annua:

  • a un tasso dell’1,5%;
  • a cui si aggiunge il 75% dell’indice dei prezzi al consumo (cioè dell’inflazione).

Quando cessa il rapporto di lavoro scatta la tassazione:

  • si calcola l’aliquota media dell’Irpef degli ultimi cinque anni di lavoro;
  • ottenendo così un’aliquota più bassa di quella ordinaria, e poi si applica il 17% sulla parte spettante dalla rivalutazione.

La tassazione del TFR precedentemente destinato ai fondi complementari, invece, tiene in considerazione la natura di investimento e rischio insita in questa seconda formula.

Anche in questo caso la tassazione sarà applicata al momento in cui dovrà essere percepito, con un’aliquota agevolata che oscilla tra il 15% e il 9% e che dipende dal numero di anni di partecipazione al fondo.

In particolare, è prevista:

  • una riduzione dello 0,30% per ogni di anno di adesione oltre il 15esimo anno;
  • un’aliquota minima del 9%.

Lette le indicazioni di cui sopra arriverà sicuramente la classica domanda: è meglio lasciare il TFR in azienda o destinarlo ai fondi pensione?

Rispondere in modo univoco è impossibile, perché occorrerebbe analizzare il caso specifico.

Chi, per esempio, ha la possibilità di risparmiare qualcosina durante il singolo mese oppure ha comunque un reddito di base alto, avrebbe convenienza a porre in essere versamenti volontari.

Ciò in quanto la destinazione automatica del TFR non dà diritto alla deducibilità sui contributi versati - sino a 5.164,57 euro l’anno - e non comporta l’obbligo della contribuzione a carico di lavoratore e azienda, in media l’1,2-1,5% della retribuzione.

Alcuni comparti, inoltre, rischiano di avere una rivalutazione del TFR inferiore a quella che la liquidazione avrebbe avuto se fosse stata mantenuta in azienda.

D’altra parte, se si inizia a lavorare da giovani e si riesce a essere continui, destinare il TFR in un fondo pensione potrebbe avere un rendimento di medio lungo periodo molto interessante, soprattutto in periodo di bassa inflazione, come quello avuto fino a un paio di anni fa.

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