Nel caso di notifica di un atto di pignoramento presso terzi, l'Amministrazione finanziaria deve per prima cosa appurare la sussistenza e consistenza del credito oggetto del pignoramento
L’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria destinatario della notifica di un atto di pignoramento presso terzi, in linea generale, deve innanzitutto appurare la sussistenza e la consistenza del credito che il debitore esecutato vanta nei confronti dell’Amministrazione e per il quale è stato avviato il pignoramento.
Inoltre, deve verificare l’eventuale esistenza di debiti dell’esecutato nei confronti dell’Erario.
In particolare, quanto alla verifica del credito pignorato, occorre sempre appurare se il credito per il quale è stato avviato il pignoramento possieda i caratteri di certezza, liquidità ed esigibilità, laddove, relativamente ai crediti erariali, il diritto sul credito di cui il creditore procedente chiede l’assegnazione può assumere i caratteri della certezza, liquidità ed esigibilità - requisiti essenziali e imprescindibili, ai sensi dell’art. 474 del codice di procedura civile, per potersi procedere ad esecuzione forzata - soltanto dopo che l’ufficio finanziario, svolti i relativi controlli, abbia verificato che il rimborso sia effettivamente dovuto (certezza) e ne abbia quantificato, l’ammontare (liquidità).
Pignoramento dei crediti futuri
A conferma di tale conclusione depone del resto anche il fatto che se oggetto del pignoramento è un credito, l’estinzione di esso per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione.
Il che, considerata la particolare natura dei crediti tributari (nonché il vincolo di indisponibilità delle obbligazioni tributarie) comporta ancor più che si debba dare preminente rilievo al requisito della effettiva esigibilità.
Del resto, anche a voler seguire la tesi più “estensiva” (applicabile però ai crediti di tipo privatistico e non, come detto, per quelli tributari), secondo cui l’esigibilità del credito non è condizione della sua pignorabilità, poiché oggetto dell’espropriazione forzata non è tanto un bene suscettibile di esecuzione immediata, quanto una posizione giuridica attiva dell’esecutato, comunque, anche con riguardo a crediti illiquidi o condizionati, è necessaria una capacità satisfattiva futura concretamente prospettabile nel momento della assegnazione.
Bisogna infatti sempre distinguere tra eventualità concreta e astratta, laddove in ogni caso solo la eventualità concreta di maturazione del credito rende lo stesso pignorabile, laddove la Corte di Cassazione ha del resto avuto modo di chiarire che non sono pignorabili i crediti soltanto eventuali e sperati, e perciò privi, siccome aleatori, di attitudine satisfattiva.
Ai fini della pignorabilità ex art. 543 c.p.c. di un credito rileva dunque che lo stesso, per quanto eventuale o non immediatamente esigibile, abbia comunque una propria capacità satisfattiva futura concretamente prospettabile nel momento dell’assegnazione e che sia collegato, quindi, ad un rapporto giuridico preesistente all’atto di pignoramento e ben identificato, tale, cioè, da creare la concreta aspettativa che, una volta verificatesi le condizioni previste dal rapporto giuridico sostanziale da cui nasce, il credito del debitore esecutato verso il terzo pignorato diverrà esigibile.
Crediti futuri: pignorabilità dei bonus edilizi
In un tale contesto si inserisce poi un argomento di particolare rilevanza, quale quello della pignorabilità dei cosiddetti bonus edilizi.
A tal riguardo, la dichiarazione degli Uffici impositori ex art. 547 cpc non potrà però che essere negativa.
I bonus edilizi - a prescindere dalla loro effettiva sussistenza che deve essere comunque confermata a seguito dei controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria - per loro natura e ex lege non sono infatti soggetti a pignoramento e, dunque, non rientrano nella tipologia di crediti rispetto ai quali poter effettuare eventuali dichiarazioni di terzo.
Tali bonus, infatti, sono utilizzabili solo come detrazione di imposta da parte del soggetto titolare del diritto, oppure, alternativamente, da parte dei fornitori che hanno realizzato gli interventi e dai cessionari, nelle forme e con le limitazioni previste dall’art. 121, comma 3, del decreto-legge n. 34/2020, vale a dire:
- esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (ossia, mediante modello di pagamento F24, per il pagamento di propri debiti erariali);
- con fruizione limitata alla stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione dal beneficiario originario (cinque o dieci quote annuali di pari importo);
- senza possibilità di fruire negli anni successivi o di chiedere a rimborso la quota non compensata nell’anno di riferimento.
I cosiddetti bonus edilizi, in definitiva, non sono “crediti” ma “diritti alla detrazione” (tanto è vero che, se anche l’Amministrazione fosse in teoria in grado di bloccare il bonus per la cessione – e non lo è neppure materialmente – comunque non potrebbe impedire al debitore di effettuare la detrazione).
La differenza è dunque sostanziale perché il credito va a rimborso e può essere pignorato, mentre il diritto alla detrazione va solo a stornare l’imposta dovuta.
Infine si ribadisce ancora che, con particolare riguardo al carattere della certezza di tali posizioni, le stesse non si possono peraltro certo definire “riconosciute”, e quindi certe, per il solo fatto che siano presenti sulla “Piattaforma Cessione Crediti” e nel cassetto fiscale, essendo in ogni caso necessario, come detto, attendere lo svolgimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di tutti gli accertamenti necessari per la verifica della loro effettiva sussistenza e dell’importo esatto.
Infatti, anche qualora vi sia l’apposizione del visto di conformità, nei casi previsti, non muta il carattere dell’unilateralità della dichiarazione, in quanto i professionisti sono in ogni caso soggetti terzi rispetto all’Agenzia.
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