Nota di variazione IVA, la risoluzione per inadempimento e la procedura esecutiva sono due strade alternative: il creditore che sceglie la seconda opzione rinuncia al diritto di risoluzione contrattuale come presupposto per emettere la nota. Lo stesso deve attendere l'esito infruttuoso della procedura. Lo precisa la risposta all'interpello numero 386 del 20 luglio 2022.
Nota di variazione IVA, la procedura esecutiva è alternativa alla risoluzione per inadempimento, giudiziale o di diritto.
Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 386 del 20 luglio 2022.
Nel caso in cui il creditore scelga la strada della risoluzione per inadempimento, lo stesso rinuncia al diritto di risoluzione del contratto quale presupposto per l’emissione della nota di variazione.
Il soggetto dovrà quindi attendere l’esito infruttuoso della procedura.
Nota di variazione IVA, la procedura esecutiva è alternativa alla risoluzione per inadempimento
Con la risposta all’interpello numero 386 del 20 luglio 2022, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulla nota di variazione IVA.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 386 del 20 luglio 2022
- Note di variazione IVA - Criteri di emissione in casi particolari - Articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Lo spunto nasce dai numerosi quesiti posti dall’istante, che vengono affrontati alla luce del quadro normativo di riferimento e dei precedenti documenti di prassi pubblicati.
Il centro delle numerose delucidazioni fornite riguarda la risoluzione per inadempimento e l’avvio di una procedura esecutiva. L’Amministrazione finanziaria chiarisce quanto di seguito riportato:
“È altresì opportuno precisare che la risoluzione per inadempimento (giudiziale o di diritto) o l’avvio della procedura esecutiva sono due percorsi tra loro alternativi ai fini di operare la variazione in diminuzione, essendo il primo una facoltà riconosciuta al creditore che non intenda procedere in via esecutiva per recuperare il proprio credito, ritenendo l’iniziativa poco proficua.”
Se il creditore sceglie di avviare l’azione esecutiva rinuncia al diritto di avviare la risoluzione contrattuale, presupposto per emettere la nota di credito.
Il soggetto dovrà quindi aspettare l’esito infruttuoso della procedura.
La variazione potrà essere effettuata:
- dalla data della dichiarazione di fallimento del debitore;
- dal momento del definitivo accertamento dell’infruttuosità dell’azione per l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione, documentato dagli organi della procedura.
Nell’ipotesi in cui il soggetto riesca a incassare le somme indistintamente imputabili a spese legali per le azioni intraprese, interessi, accessori e per il residuo a capitale, gli importi si configurano come corrispettivi non percepiti e saranno oggetto di fatture autonome e distinte.
Le stesse dovranno essere emesse nei confronti dell’originario debitore, all’atto di incasso, e suddivisi tra imposta e imponibile.
Se la risoluzione del contratto si verifica in dipendenza di sopravvenuto accorto tra le parti, l’emissione della nota di variazione può avvenire entro un’anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile.
L’importo della variazione sarà pari alla somma oggetto di rinuncia all’incasso per effetto dell’accordo transattivo. Anche in questo caso deve essere effettuata la ripartizione tra imponibile e imposta.
Nota di variazione IVA, le condizioni per l’emissione
A disciplinare la nota di variazione IVA è l’articolo 26 del cosiddetto Decreto IVA.
Nel caso in cui venga effettuata un’operazione con emissione della fattura e, dopo la registrazione, venga ridotto l’importo, il cedente del bene o prestatore del servizio può operare la variazione.
La norma è basata sul principio di neutralità dell’imposta, che intende evitare che il creditore che non ha incassato il pagamento sia chiamato a versare l’IVA.
Nel caso di errori di fatturazione o di un sopravvenuto accordo tra le parti, il termine per l’emissione della nota è di un anno da quando viene effettuata l’operazione.
Tra i presupposti per l’emissione delle nota di variazione ci sono anche l’eventuale clausola risolutiva espressa apposta al contratto, il mancato pagamento o l’inutile decorso del congruo termine intimato per iscritto alla parte inadempiente.
La facoltà di emissione non è prevista per le cessioni o prestazioni in cui sia il cedente o prestatore sia il cessionario o committente abbiano adempiuto alle proprie obbligazioni.
L’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti anche nel caso di contratti a esecuzione continuata o periodica, secondo quanto indicato nella sentenza della Corte di Cassazione del 10 maggio 2019, numero 12468. In tal caso:
“il prestatore ha facoltà di variare in diminuzione la base imponibile in relazione alle prestazioni eseguite e non remunerate antecedentemente alla risoluzione per inadempimento unilaterale dell’altra parte”
Nel caso di contratto di somministrazione periodica di cose, disciplinato dall’articolo 1559 del Codice civile, il mancato pagamento, la scadenza del termine intimato per iscritto al soggetto inadempiente determina la risoluzione del contratto.
In tal caso gli effetti sono ex tunc, ossia dalla prima fattura rimasta insoluta.
Il diritto alla detrazione, tuttavia, dipende anche dall’emissione della nota di variazione, che è il presupposto per l’esercizio del diritto.
Nel documento di prassi vengono riportate anche le novità introdotte dal Decreto Sostegni bis.
Per quanto riguarda la scelta dell’istante, ovvero quella della procedura esecutiva, l’Agenzia delle Entrate chiarisce anche in quali casi si considera infruttuosa, e quindi fa sorgere il diritto alla nota di variazione:
- nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
- nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
- nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.
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