Nel caso di rientro di lavoratori impatriati l'agevolazione non spetta se il professionista riprende a svolgere la stessa l'attività professionale presso la medesima struttura associativa. I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate per l'accesso alla tassazione ridotta
L’agevolazione nel caso di rientro di lavoratori impatriati non spetta se il professionista, una volta tornato in Italia, riprende a svolgere l’attività professionale presso la stessa struttura associativa.
Il chiarimento è riportato nel principio di diritto numero 6 del 24 febbraio 2023 dell’Agenzia delle Entrate.
Non è in linea con l’obiettivo dell’agevolazione il caso in cui il lavoratore assuma una posizione in continuità con quella precedente al trasferimento all’estero.
Lo stesso vale anche nel caso in cui il rientro di un professionista avviene in esecuzione di rapporti contrattuali instaurati con una associazione professionale sulla base dei quali, dopo il periodo di trasferimento, lo stesso riprende a svolgere l’attività professionale presso la stessa struttura associativa.
Lavoratori impatriati, l’agevolazione non spetta se dopo il rientro si prosegue l’attività precedente
Con il principio di diritto numero 6 del 24 febbraio 2023 l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito ai requisiti che danno diritto all’agevolazione prevista per il rientro dei lavoratori impatriati.
L’agevolazione consiste in una tassazione ridotta per 5 anni, nel rispetto di determinati requisiti stabiliti dalla legge.
Nel documento di prassi viene chiarito che, nel caso di “continuità” della posizione assunta dal lavoratore rispetto a quella ricoperta nel periodo precedente al trasferimento all’estero, viene meno la “vis attrattiva” dell’agevolazione.
In altre parole tali casi non rientrano nell’obiettivo previsto dall’agevolazione e i soggetti in questione sono quindi esclusi dalla tassazione agevolata.
Lo stesso principio, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate:
“si applica anche nelle ipotesi in cui il “rientro” in Italia da parte di un professionista avviene in esecuzione di rapporti contrattuali instaurati con una associazione professionale, in base ai quali il professionista, decorso il periodo di trasferimento, riprende a svolgere l’attività professionale presso la medesima struttura associativa.”
Se il professionista rientra in Italia per accordi presi con un’associazione professionale e, trascorso il periodo del trasferimento, lo stesso torna a svolgere l’attività presso la stessa struttura è dunque esclusa la possibilità di beneficiare dell’agevolazione.
Nel caso in questione, come sottolineato nel principio di diritto numero numero 6 del 24 febbraio 2023:
“l’attività professionale svolta dal professionista al rientro in Italia si pone, infatti, quale prosecuzione dell’attività professionale svolta prima del trasferimento all’estero non riscontrandosi, pertanto, la vis attrattiva richiesta ai fini dell’applicazione del regime speciale di cui al citato articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.”
- Agenzia delle Entrate - Principio di diritto numero 6 del 24 febbraio 2023
- Regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 - Rientro in Italia dopo la sospensione del rapporto associativo.
Lavoratori impatriati, i requisiti per accedere alla tassazione agevolata
Nel documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate vengono riepilogati i requisiti che permettono l’accesso alla tassazione agevolata.
Il regime speciale per i lavoratori impatriati è stato introdotto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
Modifiche alla normativa sono state apportate dal decreto Crescita, nello specifico dall’articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, numero 34.
Tali modifiche si applicano per i lavoratori che rientrano a partire dal 30 aprile 2023.
I requisiti che il lavoratore deve rispettare sono i seguenti:
- il lavoratore deve trasferire la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR;
- il lavoratore non deve essere stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti al trasferimento e deve impegnarsi a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
- il lavoratore deve svolgere l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Possono accedere all’agevolazione i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale.
In questo caso i criteri da rispettare sono alternativamente i seguenti:
- i soggetti devono essere in possesso di un titolo di laurea e aver svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
- gli stessi devono aver svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
I chiarimenti sugli aspetti generali dell’agevolazione sono stati forniti nei seguenti documenti di prassi:
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Lavoratori impatriati, l’agevolazione non spetta se dopo il rientro si prosegue l’attività precedente