Come funziona l'imposta di registro nel contratto preliminare? Si applica nella misura fissa di 200 euro. La disciplina del TUR si sofferma anche sul trattamento fiscale applicabile alle pattuizioni di somme dovute a titolo di caparra confirmatoria ed acconti di prezzo
La disciplina civilistica del contratto preliminare è contenuta in diverse disposizioni: innanzitutto nell’articolo 1351 cc che prevede la nullità di tale contratto se non concluso con la stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo; quindi nell’art. 2932 cc che prevede l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto e nell’articolo 2645-bis cc che prevede l’obbligo di trascrizione dei contratti preliminari aventi per oggetto, tra l’altro, i contratti che dispongono il trasferimento della proprietà di beni immobili, laddove gli stessi siano veicolati dalla forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
Non vi è invece nell’ambito del codice civile una apposita norma che definisca espressamente il contatto preliminare che deve intendersi come l’accordo con cui le parti si obbligano reciprocamente alla stipula di un successivo contratto definitivo indicandone i contenuti e gli aspetti essenziali.
Il contratto produce effetti obbligatori e non reali, non essendo idoneo in sé a determinare il trasferimento della proprietà.
Scopo del seguente approfondimento è di delineare il trattamento fiscale ai fini dell’imposta di registro del contratto preliminare riservando un apposito approfondimento alle ipotesi in cui nell’ambito del contratto stesso figurano apposite pattuizioni recanti il pagamento di somme a titolo di caparra confirmatoria e di acconto.
Come vedremo il tema prevede il confluire di aspetti a cavallo tra l’imposizione ai fini dell’imposta di registro e l’applicazione dell’IVA, tema ricorrente in linea generale nell’ambito dell’imposta di registro in ragione della presenza codificata dall’articolo 40 del TUR del principio di alternatività IVA - registro.
Caparra confirmatoria ed acconti: casistica e criteri distintivi
La disciplina sul contratto preliminare ai fini dell’imposta di registro si rinviene nell’ambito dell’articolo 10 della Tariffa, Parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro (cd TUR).
Detta disposizione prevede l’applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro in relazione alla stipula di contratti preliminari di ogni specie. La lettura della norma suggerisce un primo interessante spunto sistematico nella misura in cui suggerisce che l’applicazione della misura fissa ha luogo a prescindere dalla circostanza che il contratto definitivo cui accede sia soggetto ad imposta di registro o ad IVA.
Non risulta quindi determinante, diversamente da quanto accade in relazione alla tassazione dei trasferimenti immobiliari definitivi, la natura del soggetto cedente dell’operazione immobiliare.
Ciò premesso, gli spunti di maggiori interesse interpretativo ed applicativo sono forniti dalle previsioni recate dalla nota al richiamato articolo 10 della Tariffa che disciplina due specifiche ipotesi negoziali:
- Contratto preliminare in cui è presente una clausola che prevede la dazione di una somma di denaro a titolo di caparra confirmatoria, con applicazione in tal caso, in ragione del rinvio effettuato all’articolo 6 della Tariffa, dell’imposta di registro nella misura proporzionale dello 0,50 per cento;
- Contratto preliminare che prevede il versamento di acconti di prezzo non soggetti ad IVA in cui trova applicazione l’imposta di registro nella misura del 3 per cento come previsto dall’articolo 9 della Tariffa.
In relazione alla natura giuridica ed alla qualificazione della caparra confirmatoria si fa presente che il patto di caparra costituisce un contratto con una propria causa ed una distinta funzione economico sociale rispetto a quella del contratto cui accede.
Sulla base di un consolidato indirizzo giurisprudenziale (cfr. ‘ex plurimis’ Cass. 18 gennaio 2007, n. 4047), la dazione anticipata di una somma di denaro al momento della conclusione del contratto costituisce caparra confirmatoria laddove risulti espressamente che le parti abbiano inteso attribuire al versamento anticipato della somma non solo la funzione di anticipazione della prestazione ma anche quella di rafforzamento e garanzia della esecuzione della obbligazione principale.
La caparra riveste natura risarcitoria in caso di inadempimento contrattuale rappresentando la liquidazione convenzionale anticipata del danno in caso di inadempimento di una delle parti.
Dal punto di vista dell’inquadramento sistematico ai fini delle imposte indirete, la rilevata natura risarcitoria assolta dalla caparra rileva nel senso di escludere l’applicazione dell’IVA per mancanza del presupposto oggettivo di cui agli articoli 2 e 3 del DPR n. 633 del 1972.
La caparra pertanto non costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni ed è sempre soggetta ad imposta di registro nella misura dello 0,50 per cento anche nell’ipotesi in cui la cessione immobiliare sia soggetta ad IVA ed in cui pertanto il corrispettivo dell’operazione sia soggetto ad IVA.
In relazione agli acconti, se la cessione immobiliare è soggetta ad imposta di registro, trova applicazione l’imposta di registro nella misura del 3 per cento, mentre, nel caso di operazione soggetta ad IVA, il versamento di un acconto, che rappresenta l’anticipazione del corrispettivo pattuito assume rilevanza ai fini IVA con il conseguente obbligo per il soggetto cedente o prestatore di servizi, di emettere la relativa fattura con addebito dell’imposta.
Inoltre, affinchè una somma data a titolo di caparra confirmatoria rilevi anche come anticipazione di corrispettivo pattuito soggetta ad IVA è necessario che le parti attribuiscano espressamente alla somma oltre alla funzione di liquidazione anticipata del danno da inadempimento anche quella di anticipazione del corrispettivo.
Nel caso in cui sussistano dei dubbi in ordine alla qualificazione della somma come caparra confirmatoria ovvero come acconto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito, come riportato dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate (cfr. in tal senso risoluzione n. 197/2007 e circolare n. 18/2013, par. 3.1.1) che le somme versate anteriormente alla stipula del contratto di compravendita devono ritenersi corrisposte a titolo di acconto e non a titolo di caparra.
Tale conclusione fa leva sulla considerazione per cui non può ritenersi che le parti si siano tacitamente assoggettate a quella che appare come una pena civile, data la menzionata funzione risarcitoria attribuita alla caparra confirmatoria.
Ciò premesso, in entrambe le ipotesi (caparra confirmatoria ed acconti di prezzo) come previsto dalla nota all’articolo 10 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.
Come precisato con circolare n. 18 del 2013 al par. 3.1, nel caso in cui l’imposta corrisposta per la caparra confirmatoria e acconti risulti superiore all’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo, spetta il rimborso della maggiore imposta proporzionale versata, in base alle regole previste dall’articolo 77 del TUR.
Ciò accade, ad esempio, nell’ipotesi in cui in sede di stipula del contratto definitivo si invochi l’applicazione della disciplina del prezzo-valore, in cui la base imponibile per il calcolo dell’imposta è determinata sul valore catastale dell’immobile e non in base al corrispettivo effettivamente corrisposto in atto.
In base al comma 1 di tale articolo 77, il rimborso va chiesto, a pena di decadenza “entro tre anni dal giorno del pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione”.
Considerato che il diritto alla restituzione sorge in seguito alla registrazione del contratto definitivo, solo in tal sede potendo scomputarsi l’imposta pagata in sede di contratto preliminare, tale termine triennale decorre dalla data di registrazione del contratto definitivo.
Per quanto attiene allo scomputo dall’imposta da versare in sede di stipula del contratto definitivo, delle imposte versate in relazione alla caparra confirmatoria e al pagamento di acconti prezzo, si fa presente che non è scomputabile l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro versata per la stipula del contratto preliminare.
Si fa inoltre presente che dal tenore letterale dell’articolo 10 della Tariffa “se il contratto preliminare prevede” si ricava che la tassazione al momento della registrazione del contratto preliminare include anche le somme che devono essere corrisposte in un momento successivo.
Inoltre, come chiarito con risposta resa dall’Agenzia delle Entrate il 24 luglio 2019, n. 311, per la registrazione del contratto preliminare che prevede la corresponsione di somme a titolo di acconto soggette ad IVA, dovrà essere corrisposta una imposta di registro nella misura fissa di 200 euro per il contratto preliminare ed una seconda imposta fissa di 200 euro per la previsione contrattuale che stabilisce la dazione di uno o più acconti soggetti ad IVA.
Contratti preliminari ed agevolazioni IVA prima casa
Da ultimo, si fa cenno alla previsione, in materia di agevolazioni prima casa, recata dal comma 2 della nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, per cui “in caso di cessioni soggette ad imposta sul valore aggiunto le dichiarazioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1, comunque riferite al momento in cui si verifica l’effetto traslativo, possono essere effettuate, oltre che nell’atto di acquisto, anche in sede di contratto preliminare”.
In pratica, sulla base di tale previsione normativa, in caso di cessioni soggette ad IVA, le dichiarazioni relative alla sussistenza dei requisiti previsti per l’applicazione delle agevolazioni prima casa possono essere rese anche all’atto della stipula del contratto preliminare.
La deroga al sistema ordinario previsto in caso di atti soggetti ad imposta di registro, in cui le dichiarazioni sono rese nel contratto definitivo, è giustificata dalla esigenza di ovviare alle problematiche derivanti dall’applicazione della corretta aliquota IVA.
Difatti, in mancanza di tale dichiarazione resa dal promissario acquirente alla stipula del preliminare, che deve ritenersi resa ora per allora, andrebbe emessa una fattura con applicazione della aliquota ordinaria, salvo dover riapplicare successivamente all’atto della stipula del contratto definitivo l’aliquota IVA ridotta prevista per l’acquisto della prima casa nella misura del 4 per cento, e procedere al rimborso a favore dell’acquirente della maggiore IVA versata.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: L’imposta di registro nel contratto preliminare