Analisi della normativa che disciplina gli immobili locati detenuti all'estero e sugli obblighi di natura fiscale in capo ai proprietari
In materia di fiscalità immobiliare, nel rispetto del principio generale per cui lo Stato in cui è ubicato l’immobile è deputato ad esercitare la propria potestà impositiva in quanto l’immobile è situato nel proprio territorio, l’ordinamento prevede diverse imposte applicabili a tali immobili.
L’IMU è l’imposta dovuta in funzione del possesso dell’immobile e quindi connessa alla titolarità di diritti reali vantati dal contribuente sullo stesso.
In relazione ai trasferimenti immobiliari trovano applicazione, in funzione della natura giuridica rivestita dal soggetto cedente l’immobile, che condiziona ed indirizza il regime fiscale applicabile e le imposte dovute, l’IVA o l’imposta di registro, oltre che le imposte ipotecaria e catastale dovute in funzione della tipologia di immobile oggetto di trasferimento.
Sono altresì dovute, per le donazioni e i trasferimenti “mortis causa” le imposte di successione e donazione nel rispetto delle apposite disposizioni previste in materia di franchigia e le imposte ipotecaria e catastale il cui importo differisce se oggetto del trasferimento “mortis causa” sia o meno un immobile prima casa.
Le imposte di registro e l’IVA, nel rispetto della apposita disciplina di settore, ed in funzione della natura giuridica del soggetto locatore, trovano applicazione anche in relazione agli immobili ubicati in Italia oggetto di contratto di locazione.
Immobili locati detenuti all’estero: disciplina e prassi di riferimento
Ciò premesso, occorre verificare se e a quali condizioni incombono in capo al contribuente fiscalmente residente in Italia che detenga beni immobili non ubicati nel territorio italiano ma all’estero, obblighi di natura fiscale.
Posto che la disciplina fiscale in via generale differisce se gli immobili sono locati o se sono sfitti, si fa presente che il presente contributo attiene esclusivamente all’ipotesi di immobili situati all’estero che siano locati.
Al riguardo, si fa presente che l’articolo 70, comma 2 del TUIR prevede che:
“i redditi dei terreni e dei fabbricati situati all’estero concorrono alla formazione del reddito complessivo nell’ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo d’imposta o, in caso di difformità dei periodi di imposizione, per il periodo di imposizione estero che scade nel corso di quello italiano. I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi nello Stato estero concorrono a formare il reddito complessivo per l’ammontare percepito nel periodo di imposta, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese.”
Sulla base di tale disposizione, emerge in linea generale il principio in base al quale si stabilisce un legame tra il regime impositivo adottato nel Paese di ubicazione dell’immobile ed il regime di tassazione da adottare in Italia.
In altri termini, se lo Stato estero adotta una tassazione che calcoli il valore dell’immobile riferendosi a criteri di natura catastale (ad es. tenendo conto della rendita catastale dell’immobile) anche il nostro ordinamento dovrà adottare la stessa base imponibile.
Come precisato con circolare n. 13 del 2013 al par. 5.2:
“se il reddito derivante dalla locazione è invece soggetto ad imposta nello Stato estero, bisogna indicare l’ammontare netto dichiarato in detto Stato (al netto, cioè delle spese strettamente inerenti eventualmente ivi riconosciute). In tal caso, spetta il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero.”
Ciò in attuazione di quanto stabilito dall’articolo 165 del TUIR, credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, a mente del quale:
“Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.”
Tuttavia, come si ricava dalla lettura dell’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 70 del TUIR, anche nell’ipotesi in cui l’ordinamento estero dovesse prevedere una esenzione dall’imposta, in Italia tale reddito sarà comunque tassato, previa deduzione dalla base imponibile del 15 per cento.
Pertanto, ai fini del calcolo della base imponibile, il canone di locazione sarà ridotto del 15 per cento (dovendo essere dichiarato l’85 per cento dello stesso).
Invece, nell’ipotesi in cui nell’ordinamento straniero venga adottata una base imponibile parametrata su valori catastali, anche nel nostro ordinamento troverà applicazione la medesima base imponibile.
Si fa presente che, come chiarito con circolare n. 13/2013, par. 5.2:
“nel caso in cui l’immobile sia locato solo per una parte dell’anno le disposizioni del citato art. 70 del TUIR trovano applicazione con riferimento alla parte del periodo di imposta in cui si verifica tale circostanza.”
Inoltre, come precisato dalla circolare n. 26 del 2011, non sono in ogni caso interessati dal regime della cd. cedolare secca (regime fiscale facoltativo che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo) i contratti di locazione di immobili situati all’estero, in quanto i relativi redditi rientrano nella categoria dei redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera f) del TUIR e non dei redditi fondiari.
Resta fermo per tale categoria di immobili la tassazione prevista per gli immobili situati all’estero, soggetti all’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (la cd. IVIE).
Immobili locati detenuti all’estero: istruzioni sul trattamento fiscale
In particolare, l’IVIE è un’imposta dovuta nella misura dello 0,76 per cento, dai proprietari o titolari di altri diritti reali su immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinati da soggetti residenti nel territorio dello Stato, come previsto dall’articolo 19, commi 13 e seguenti del decreto legge n. 201 del 2011.
In base alle novità contenute nel Disegno di Legge di Bilancio 2024 l’aliquota dovrebbe aumentare dallo 0,76 all’1,06 per cento.
Tale imposta non è dovuta se l’importo determinato non supera il valore di 200 euro.
Il valore dell’immobile su cui applicare tale aliquota è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti o in mancanza sulla base del valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile. Per gli immobili situati nell’Unione europea si applica il valore catastale o, in mancanza, quello di cui al periodo precedente.
L’IVIE non trova applicazione in relazione al possesso dell’abitazione principale, fatta eccezione per gli immobili appartenenti alle categorie catastali A1. A8 e A9 ai quali si applica l’imposta nella misura ridotta dello 0.40 per cento.
Ai fini dichiarativi, il contribuente ha l’obbligo di compilare, in fase di dichiarazione dei redditi, il quadro RW, per garantire l’attività di monitoraggio fiscale.
A tal proposito, si fa presente che il quadro RW deve essere compilato ai fini del monitoraggio fiscale, dalle persone fisiche residenti in Italia che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale a prescindere dalle modalità della loro acquisizione e in ogni caso, ai fini dell’IVIE e dell’IVAFE.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Immobili affittati all’estero: regole fiscali e casi particolari