Qual è la data a partire dalla quale decorrono i 60 giorni entro i quali il contribuente può comunicare osservazioni e richieste agli uffici che si sono occupati delle verifiche fiscali?
Il termine dilatorio di sessanta giorni decorre dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, che segna la conclusione delle operazioni di verifica effettuate nei locali destinati all’esercizio dell’attività d’impresa o professionale.
Sono del tutto irrilevanti, ai fini del calcolo di tale termine, i successivi controlli eseguiti dall’Agenzia delle entrate presso i propri uffici o presso terzi, ad esempio mediante l’attivazione di indagini finanziarie, perché costituiscono un’attività istruttoria aggiuntiva ed autonoma rispetto alla verifica.
Questo l’interessante principio contenuto nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 27732 del 30 ottobre 2018.
I fatti – Al fine di verificare il corretto adempimento delle obbligazioni fiscali a carico di un professionista, l’Agenzia delle entrate aveva effettuato una verifica fiscale presso il contribuente, conclusasi con la consegna di un processo verbale di constatazione. Le attività di controllo erano proseguite anche successivamente alla sottoscrizione del pvc sulla base di un’istruttoria interna consistente nell’attivazione delle indagini finanziarie, all’esito delle quali venivano chiesti chiarimenti al professionista.
Le risultanze del controllo erano state riportate in un avviso di accertamento recante la ripresa a tassazione di un maggior reddito imponibile da attività di lavoro autonomo ai fini IRPEF e IVA.
Avverso detto avviso il professionista proponeva ricorso, accolto dalla CTP, che aveva riconosciuto la violazione dell’art. 12 della L. 212/2000, trattandosi di accertamento notificato prima del decorso dei sessanta giorni dalla chiusura delle operazioni di controllo, in assenza di specifiche ragioni di urgenza.
L’appello dell’Amministrazione finanziaria veniva respinto dalla CTR e a ciò seguiva il ricorso per cassazione.
L’Agenzia delle entrate, con un unico motivo di ricorso, denunzia violazione dell’art. 12 comma 7 della L. 212/2000, riferendosi l’accertamento impugnato ”ad attività di controllo interno o d’ufficio meramente funzionali all’acquisizione di documenti, e risultando l’avviso tempestivo in ordine all’unico accesso volto all’acquisizione della documentazione contabile.”
La decisione – La controversia in commento ruota attorno alla corretta interpretazione del termine dilatorio previsto dall’articolo 12, comma 7 della Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).
A parere dell’Amministrazione finanziaria detto termine deve decorrere, come peraltro previsto dall’interpretazione letterale della norma, dal rilascio della copia del processo verbale di constatazione, che segna la chiusura delle operazioni di verifica da parte dell’organo verificatore.
Secondo il contribuente, invece, essendo proseguito il controllo da parte dell’Agenzia delle entrate anche dopo la sottoscrizione del PVC, con attività ulteriori presso l’Ufficio e presso terzi, è dalla conclusione di tali attività che avrebbe dovuto essere calcolato il termine di sessanta giorni. Da tale ragionamento deriva che l’avviso di accertamento, sebbene notificato successivamente al 60° giorno della consegna del pvc, risultava emanato prima del decorso del termine dalla chiusura delle successive operazioni di controllo condotte dall’Ufficio.
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’articolo 12, comma 7 della L. 212/2000 stabilisce che, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
A riguardo, la Corte di Cassazione ha più volte chiarito come principio generale che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, “termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus”.
Le funzioni giuridiche dello status di invalidità degli atti tributari
L’invalidità dell’atto tributario per gravi vizi di legittimità è una regola che assolve ad una duplice funzione.
Da una lato garantire al contribuente di essere posto nelle condizioni di partecipare al procedimento amministrativo a proprio carico, formulando le proprie osservazioni e gli opportuni chiarimenti. Dall’altro assicurare l’efficienza dell’azione amministrativa “impedendo alla Pubblica Amministrazione di formulare, inutilmente, rilievi e pretese che attraverso la mera collaborazione del contribuente vengono a risultare del tutto infondati.”
La ratio della norma è stata ulteriormente chiarita dalle Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione con la Sent. n. 24823/2015, in cui gli ermellini hanno affermato che il “termine dilatorio tende a tutelare il contraddittorio a fronte degli elementi raccolti in sede di accesso, con ciò direttamente correlando al principio del contraddittorio la previsione del termine, che trova la sua giustificazione nella possibilità di interlocuzione fra il Fisco e il contribuente, al fine di consentire a quest’ultimo di opporre le sue ragioni e produrre documentazione per evitare l’emissione dell’atto accertativo e/o diminuire la eventuale pretesa tributaria.”
Alla luce di tale principio i giudici di Piazza Cavour hanno dichiarato erronea la decisione della CTR, che ha ritenuto violato il disposto di cui all’articolo 12, comma 7 della legge 212 del 2000.
Nel caso di specie, infatti, non è stato leso il diritto di difesa del contribuente in quanto l’Ufficio finanziario, dopo l’accesso presso i locali del contribuente, conclusosi con la redazione del pvc sottoscritto da quest’ultimo, aveva proceduto semplicemente ad una istruttoria interna, quale aggiuntiva ed autonoma attività rispetto all’accesso, consistente in ulteriori controlli d’ufficio e nell’attivazione delle indagini finanziarie previste dagli artt. 32 del DPR n. 600/1973 e 51 del DPR n. 633/1972, su cui il contribuente aveva regolarmente fornito giustificazione.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: I 60 giorni decorrono dalla consegna del PVC, anche se i controlli proseguono