Omesso versamento dell’IVA dichiarata: la crisi di liquidità non può essere causa di forza maggiore per la disapplicazione delle sanzioni tributarie: essendo il soggetto passivo tenuto ad accantonare l’IVA riscossa per poi riversarla all'erario, non possono essere prese in considerazione difficoltà economiche. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 30679 del 2022.
In caso di omesso versamento dell’IVA dichiarata, non è sufficiente addurre la crisi di liquidità come causa di forza maggiore per la disapplicazione delle sanzioni tributarie perché, essendo il soggetto passivo tenuto ad accantonare l’IVA riscossa dall’acquirente del bene o servizio per poi riversarla all’erario, non possono rilevare situazioni di disagio economico o difficoltà, seppur non prevedibili.
Spetta al giudice accertare che la crisi fosse dovuta a cause estranee alla volontà dell’operatore e che lo stesso si fosse premunito contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.
Queste le importanti indicazioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 30679 pubblicata il 18 ottobre 2022.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 3069 del 2022
- Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 3069 del 18 ottobre 2022
La sentenza – La controversia ha ad oggetto il ricorso avverso una cartella di pagamento notificata ad una società di capitali, emessa a seguito del controllo automatizzato della dichiarazione per l’anno 2009, per il recupero di IRES ed IVA dichiarate e non versate, oltre sanzioni ed interessi.
Il ricorso è stato accolto in entrambi i gradi di giudizio in quanto il giudice di merito, limitatamente all’applicazione delle sanzioni, ha ritenuto la sussistenza della causa di forza maggiore che, ai sensi dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 472/1997, prevede la non punibilità amministrativa per chi ha commesso il fatto per “forza maggiore”.
Nel caso di specie il mancato versamento dell’IVA era derivato dalla documentata difficoltà finanziaria della società stessa, che aveva dimostrato come – per gli anni 2007-2009 – numerosi clienti non avevano pagato il dovuto, tanto da indurla a ricorrere al recupero giudiziale dei crediti.
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza d’appello lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 472/1997, per aver la C.T.R. erroneamente ritenuto sussistente l’esimente della causa di forza maggiore, stante la documentata crisi di liquidità della società contribuente.
Diversamente il consolidato orientamento di legittimità è nel senso di ritenere detta causa inidonea per la disapplicazione delle sanzioni, occorrendo la sussistenza di situazioni o circostante imprevedibili e non riferibili alla sfera di controllo del contribuente stesso.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso e, a seguito di cassazione della sentenza, ha rimesso la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione.
Secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione, in tema di sanzioni tributarie, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta.
Più in particolare la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.
Non rientra pertanto in tale nozione la crisi di liquidità derivante dal reiterato, per quanto grave, inadempimento di pubbliche amministrazioni debitrici, perché fatto prevedibile e non adeguatamente considerato dall’operatore.
Con specifico riferimento all’IVA, il tema della crisi di liquidità ai fini della disapplicazione delle sanzioni è stato ripreso dalla Sentenza di Cassazione n. 27416/2020, che ha escluso le situazioni di disagio economico, ancorché riconducibile a fattori esterni, come causa di non punibilità perché, essendo il soggetto passivo tenuto ad accantonare l’IVA riscossa dall’acquirente del bene o servizio per poi riversarla all’erario, non possono rilevare situazioni di difficoltà, seppur non prevedibili.
Nel caso di specie la CTR non ha dato corretta attuazione ai suddetti principi perché ha riconosciuto, come causa di forza maggiore per la disapplicazione delle sanzioni amministrative, una situazione di mera, seppur documentata, difficoltà finanziaria senza tuttavia procedere ad un’indagine più approfondita volta a verificare la sussistenza dei requisiti necessari per riconoscere una causa di forza maggiore nei termini anzidetti.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: La crisi di liquidità non salva dalle sanzioni per l’IVA non versata