Accordi di ristrutturazione del debito, cram down e concetto di convenienza: analizziamo insieme l'attuale normativa, traendo spunto dall'attualissimo tema che coinvolge la squadra di calcio della Reggina
La Reggina non giocherà la prossima Serie B del campionato di calcio: è questo quello che ha deciso il Consiglio Federale della Figc.
La decisione è stata la naturale conseguenza di quanto deciso dalla Covisoc, la Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio, ed ha carattere economico. La Reggina, infatti, non ha onorato il debito erariale di 757.000 euro entro la scadenza ritenuta vincolante per le società di calcio professionistiche ovvero entro lo scorso 20 giugno.
La Reggina ha provato a difendersi ma il ricorso è stato bocciato.
La società calabrese nei giorni scorsi aveva diramato una nota ufficiale in cui spiegava che:
è stato formalmente presentato ricorso alla Covisoc per chiedere l’ammissione al prossimo campionato di calcio di Serie B. Si è inoltre ottemperato, anticipando il versamento delle scadenze del prossimo 12 luglio previsto dalla sentenza di omologa, al versamento delle restanti di quanto dovuto all’erario
Adesso si attende la pronuncia del TAR, fissata per inizio agosto, alla quale seguirà quella del Consiglio di Stato, fissata per fine agosto.
Al di là degli aspetti sportivi, in questa sede si vuole trarre spunto da questa vicenda per porre l’accento su un tema davvero importante e complesso allo stesso tempo, ovvero quello del cram down e del relativo concetto di convenienza.
Le ultime novità legislative
L’articolo 25 della bozza di decreto legge PA-Sport, già approvato dal Consiglio dei ministri, mirava a modificare l’art. 63 CCII, prevedendo un inasprimento delle regole in tema di cram down.
Con la pubblicazione in G.u. (serie generale n. 144 del 22 giugno) del DL 75/2023, che avrebbe dovuto introdurre l’articolo 25 citato, la previsione è risultata però poi stralciata.
Il tema potrebbe tuttavia non essere superato.
Un emendamento del Governo al d.d.l. 755, di conversione del DL 69/2023, in discussione presso il Senato presso la 4° commissione permanente, propone infatti ancora di inserire, dopo l’art. 1 del succitato decreto, l’art. 1-bis, che, in attesa dell’entrata in vigore di un decreto legislativo integrativo o correttivo, sospenda l’applicazione dei commi 2, ultimo periodo, e 2-bis dell’art. 63 CCII in tema di cram down negli accordi di ristrutturazione, sostituendone la disciplina con una più stringente per il debitore (analoga a quella già prevista dal citato art. 25).
In particolare, il suddetto art. 1-bis prevede che
il Tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione, anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni, che si aggiungono a quelle già previste dall’art. 63, comma 2-bis, CCII (e cioè, carattere determinante dell’adesione dell’amministrazione ai fini delle soglie ex artt. 57, comma 1, CCII e 60, comma 1, CCII e convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria):
- gli accordi non devono avere carattere liquidatorio;
- il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione deve essere pari ad almeno un quarto dell’importo complessivo dei crediti;
- il soddisfacimento dei crediti dell’Amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie deve essere almeno pari al 30% dell’ammontare dei rispettivi crediti, sanzioni e interessi inclusi. La percentuale aumenta al 40% nel caso in cui l’ammontare complessivo dei crediti vantati dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione sia inferiore al 25% dell’importo complessivo dei crediti, fatto salvo il rispetto delle altre condizioni previste dalla norma. Inoltre, in tale ipotesi, la dilazione di pagamento richiesta non deve eccedere il periodo di dieci anni, fermo restando il pagamento dei relativi interessi di dilazione in base al tasso legale vigente nel corso di tale periodo.
Come noto la “reazione” normativa sembra sia stata dovuta ad una pronuncia giurisprudenziale in particolare, che avrebbe allertato il Legislatore sulla opportunità di intervenire per evitare distorsioni di sistema.
Il Tribunale di Reggio Calabria, Sez. fall., infatti, con Sentenza del 09/06/2023, ha omologato forzosamente un accordo di ristrutturazione dei debiti e di transazione su crediti tributari e previdenziali, rispetto al quale erano pervenute le opposizioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’INPS e dell’INAIL.
In particolare, per quanto di interesse, l’Agenzia delle Entrate aveva dichiarato che
la proposta dell’abbattimento del 95% delle imposte dovute, oltre all’azzeramento di sanzioni e interessi, appare talmente spropositata che non necessita di esami minuziosi e approfonditi per far evidenziare la non convenienza per l’Erario
Gli Accordi di Ristrutturazione dei Debiti ex art. 57 e ss del CCII e le proposte ex art. 63 CCII prevedevano:
a) il pagamento dei creditori aderenti, con accollo del debito da parte di terzo soggetto in qualità di assuntore;
b) la transazione dei crediti tributari e contributivi, con un riconoscimento pari al 5% del debito;
c) il pagamento dei creditori non aderenti entro il termine previsto dall’art. 57 Codice della Crisi;
d) un piano economico finanziario sino al 30.06.2024, posto alla base del risanamento.
Più precisamente, il debito tributario, pari ad Euro 11.882.329, sarebbe stato estinto, con Euro 591.116, mediante risorse finanziarie esterne.
Il Tribunale rilevava che, sebbene la legge non stabilisca quale sia l’oggetto del controllo dell’autorità giudiziaria in sede di omologa, il compito dei giudici consiste in tali casi nel verificare la sussistenza dei seguenti requisiti di legalità formale e sostanziale:
1) la qualità di imprenditore (anche non commerciale) dell’istante (art. 57 CCII);
2) lo stato di crisi o di insolvenza (art. 57 CCII);
3) il superamento delle soglie di cui all’art. 2 lett. d) CCII (art. 57 CCII);
4) la competenza del Tribunale adito (art. 27 CCII);
5) la completezza della documentazione;
6) la pubblicazione degli accordi nel R.I. (art. 40 co. 4 CCII) e l’iscrizione della domanda nel Registro delle Imprese (art. 48 co. 4 CCII);
7) la presenza di adesioni dei creditori pari al 60% dei crediti (art. 57 co. 1 CCII), o il carattere determinante dell’adesione dell’Amministrazione finanziaria e degli enti gestori ai fini del raggiungimento della predetta percentuale (art. 63 co. 2 bis CCII);
8) l’attuabilità del piano, le concrete prospettive di realizzo prospettate dal debitore e la sussistenza di una ragionevole liquidità, tale soprattutto da consentire il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo (cfr., Cass., 08/05/2019, n.12064 ; Corte d’Appello di Milano, Sez. IV civ., 14 gennaio 2022);
9) la convenienza del trattamento proposto a titolo di transazione rispetto alla liquidazione giudiziale.
La finalità dell’omologa forzosa, rileva il Tribunale, si ricava dalla relazione di accompagnamento al Dlgs. n. 14 del 2019, che è quella di “superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate” da parte della PA (conformemente a quanto stabilito dall’art. 97 cost.).
Tale interpretazione, ricordano ancora i giudici, trova, inoltre, conferma nella giurisprudenza di merito, secondo cui
“il c.d. cram down deve trovare applicazione anche qualora l’Agenzia delle Entrate esprima il proprio diniego alla proposta, giacché come si legge nella relazione illustrativa al D. Lgs. n. 14/2019 la nuova norma intende superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi e non vi è dubbio che tali resistenze possono concretizzarsi sia qualora l’ente creditore dilazioni oltre misura la risposta alla proposta di transazione, sia qualora esso rigetti espressamente tale proposta” (cfr., Tribunale Palermo, sez. fallimentare, 16/09/2021; Tribunale di Milano, sez. fallimentare, 03/06/2021)
Tuttavia, evidenzia lo stesso Tribunale
“giova precisare che il cram down non opera in presenza di qualsivoglia rigetto, ma solo quando il rifiuto opposto dall’amministrazione finanziaria alla proposta formulata dal ricorrente appaia ingiustificato e irragionevole (cfr. Corte d’Appello di Milano n. 1125/2022 del 23.02.2023; Tribunale Lecce del 17.10.2022)”
Il che impone ai giudici “una valutazione prudente e rigorosa” in ordine ai motivi che hanno spinto l’Amministrazione a definire non conveniente la proposta, dovendo, d’altro canto, la stessa Amministrazione illustrare, attraverso la motivazione del proprio diniego, il percorso logico seguito, dimostrando di aver compiuto un equo contemperamento degli interessi in gioco.
Nella specie, però, rilevava il Tribunale, dall’esame del contenuto delle opposizioni emergeva che il rigetto non era in realtà sorretto da alcuna valutazione (da parte degli enti) in ordine alla convenienza della proposta, laddove Agenzia delle Entrate, INPS e INAIL non avevano eseguito alcuna comparazione tra il risultato ottenibile all’esito della transazione ed il minor gettito che sarebbe derivato dalla liquidazione dell’impresa.
Quanto, infine, alla asserita irrisorietà della proposta, il Tribunale afferma che l’art. 63 CCII non prevede per l’esercizio del cram down né la sussistenza di una soglia minima di soddisfacimento degli enti destinatari della proposta transattiva, né che gli accordi di ristrutturazione rappresentino una certa percentuale del credito.
L’unico limite che la legge pone sarebbe rappresentato, infatti, dalla circostanza che vi sia una pluralità di accordi di ristrutturazione dei debiti e che l’adesione da parte degli enti sia determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’art. 57 CCII.
In ogni caso, il Tribunale rileva che si rende necessario che il vaglio (di convenienza) sia compiuto avendo riguardo al caso concreto, al fine di verificare che l’esiguità della proposta non celi un intento elusivo e fraudolento.
E tale controllo deve essere effettuato in modo puntuale.
La questione, del resto, ricordano i giudici, è oggetto di un intenso dibattito, laddove parte della giurisprudenza di merito si è orientata nel senso di ritenere necessario, ai fini dell’applicabilità dell’istituto:
1) che la proposta transattiva non sia esigua;
2) che “vi sia una ristrutturazione complessiva dei debiti che non riguarda solo i debiti nei confronti dell’amministrazione ma anche un importo, non meramente simbolico e irrisorio, dei debiti verso gli altri creditori” (cfr., Corte d’Appello di Firenze del 14/10/2022; Tribunale di Salerno del 23 gennaio 2023; Tribunale di Lecce del 17 ottobre 2022).
Il principio di ragionevolezza
La valutazione deve comunque essere effettuata in virtù del principio di ragionevolezza, avendo appunto riguardo alla convenienza dell’offerta, al fine di evitare che un approccio eccessivamente burocratico nuoccia alla ristrutturazione dei debiti e comprometta l’interesse degli altri creditori concorsuali, nonché la salvaguardia della continuità aziendale (cfr., Corte di Appello di Milano n. 1125/2022).
Tanto premesso, nel decidere il caso in esame, il Tribunale condivideva il ragionamento dell’attestatore, secondo il quale gli enti fiscali e previdenziali, in base all’accordo, sarebbero stati soddisfatti in misura non inferiore - ed anzi certamente superiore - rispetto all’alternativa liquidatoria, rilevando che la maggiore convenienza si rinveniva innanzitutto nella circostanza che, in caso di mancata omologazione, secondo l’alternativa della liquidazione, non vi sarebbero stati gli apporti di finanza esterna del socio.
Né, nel caso di specie, al fine del giudizio di convenienza, rilevavano eventuali azioni revocatorie/risarcitorie, dato che:
I) la relazione dell’attestatore affrontava la tematica, segnalando le difficoltà connesse alla stima e tenuto conto dell’alea del processo, della possibile infruttuosità dell’azione, nonché della circostanza che dalla documentazione vagliata non emergevano nitidi profili di responsabilità con riguardo a specifici soggetti;
II) il commissario, nella propria relazione, aveva evidenziato che la documentazione prodotta dalla società era già stata valutata anche in sede penale e che non erano emerse ipotesi di dolo e/o di gravi negligenze nella precedente gestione societaria, tali da far ipotizzare nei confronti degli organi di quest’ultima la possibilità di esperire azioni risarcitorie/recuperatorie. Si riteneva quindi “dirimente” il fatto che le iniziative intraprese in sede penale non avevano avuto esito.
Infine, secondo il Tribunale, la convenienza risultava ictu oculi dalla considerazione espressa dal commissario, secondo cui:
la stessa continuità aziendale è da considerarsi un sicuro elemento ulteriore di convenienza per l’Erario, poiché consentirebbe la creazione di nuova ricchezza e l’insorgenza di future imposizioni, evitando il sostenimento degli oneri sociali che inevitabilmente si genererebbero nel caso della cessazione di un’attività d’impresa
L’importanza della continuità aziendale
Il Tribunale condivideva tale considerazione ed osservava che la continuità aziendale è un obiettivo cui ambire ogni qualvolta l’impresa si mostri, come nel caso di specie, capace di tornare a produrre utili in un tempo prospetticamente ristretto.
Il c.d. surplus, generato dalla continuità, si può infatti assimilare, affermano i giudici, ad una finanza esterna.
Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale e all’evoluzione normativa che ne sta seguendo, non c’ dubbio che il tema dell’applicazione del cram down è molto complesso e delicato.
Quel che è certo è che, al di là di eventuali interventi normativi di ordine generale, ai fini dell’applicazione, in concreto, dell’istituto, come ammettono anche i giudici nella pronuncia in commento, bisognerebbe sempre distinguere tra:
- atti di rigetto privi di motivazione;
- ed atti di diniego adeguatamente motivati.
E questo anche considerato che la stessa Agenzia delle Entrate, con Circolare n. 34E/2020, ha specificato che in tali casi
“l’eventuale diniego da parte dell’Ufficio dovrà necessariamente essere corredato da una puntuale motivazione, idonea a confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni”
- Gestione delle proposte di transazione fiscale nelle procedure di composizione della crisi d’impresa
- Circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 34/2020
Certamente, infatti, non possono essere considerate ingiustificate resistenze quelle che si sostanzino in una specifica motivazione, anche considerato che l’onere della prova ricade sul richiedente, il quale, se vuole accedere alla possibilità di richiedere il cram down, deve fornire ogni informazione utile (e veritiera) affinché il giudice sia messo in grado di effettuare le proprie valutazioni.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Cram down e concetto di convenienza: il caso della Reggina