Il controllo fiscale delle palestre

Gianfranco Antico - Associazioni

Come funziona il controllo fiscale nei confronti degli esercenti di impianti sportivi?

Il controllo fiscale delle palestre

In questo nostro intervento vogliamo puntare l’attenzione sulle modalità di gestione dei controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria, nei confronti degli esercenti palestre e impianti sportivi, verificando i diversi passaggi che compiono i verificatori per dimostrare l’assenza di attività associativa e la presenza di attività commerciale.

Infatti, gli operatori di questo settore assumono spesso una veste giuridica associativa - al fine di fruire del particolare regime di tassazione riservato agli enti non commerciali - che dissimula talvolta attività commerciali vere e proprie, svolte da soggetti che detengono in realtà l’effettivo controllo economico dell’impresa, con evidenti effetti distorsivi del mercato.

Il controllo fiscale delle palestre, degli impianti e delle associazioni sportive in generale

Ricordiamo che già la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 19/2019 aveva fornito specifici indirizzi operativi e linee guida relativamente alle attività di prevenzione e contrasto all’evasione fiscale per il corrente anno.

Uno specifico paragrafo – il 2.3.3. – è dedicato agli enti non commerciali e alle ONLUS, al fine di “far emergere la reale capacità contributiva del contribuente, concentrando l’attenzione su concrete situazioni di rischio ed evitando di impegnare risorse in contestazioni di natura essenzialmente formale”, recuperando le agevolazioni illegittimamente fruite, nei confronti dei soggetti che apparentemente si presentano come non profit, ma in realtà svolgono vere e proprie attività commerciali.

In ordine all’attività di analisi del rischio in materia, al di là del normale e abituale utilizzo delle banche dati, i Tecnici centrali invitano gli Uffici a tenere conto anche della conoscenza diretta del territorio e delle singole peculiarità che caratterizzano i vari settori di attività, in modo da ottenere una selezione mirata dei soggetti:

“evitando così di perseguire, salvo evidenti casi di abuso, situazioni di minima rilevanza o caratterizzate da evidente rilievo sociale, come nei casi in cui l’attività istituzionale riguardi la formazione sportiva per i giovani oppure sia rivolta ad anziani o a soggetti svantaggiati.”

La presenza di elementi, anche fattuali, non conformi alla natura non-profit del soggetto (attività commerciali - come la somministrazione di alimenti e bevande, l’organizzazione di viaggi, l’intrattenimento e spettacolo, ecc. -, finanziarie, immobiliari o comunque intraprese per scopi che esulano dai fini sociali che caratterizzano il terzo settore, per i quali possono risultare, tra l’altro, rapporti finanziari esteri e conti correnti all’estero intestati ai medesimi soggetti, nonché ai rappresentanti legali), sono sicuramente degli alert per gli 007 del Fisco.

Il controllo degli impianti sportivi

La verifica della correttezza fiscale degli operatori economici che intrattengono rapporti diretti con i consumatori finali ed hanno quindi maggiori possibilità di occultare ricavi e/compensi, è spesso affidata alle cd. metodologie di controllo, predisposte dall’Amministrazione finanziaria, e disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate, che hanno il compito di uniformare i comportamenti operativi degli Uffici, al fine di assicurare ai controlli uno standard qualitativo più elevato ed indirizzare le indagini sugli aspetti sostanziali della posizione fiscale del contribuente, riducendo al minimo i controlli formali.

Come qualsiasi altra attività economica, la gestione degli impianti sportivi può essere svolta nella forma di impresa individuale, società di persone o di capitali, ovvero, di associazione.

La distinzione assume una grande importanza perché nel primo caso (impresa individuale, società di persone o di capitali) la natura commerciale dell’attività discende dalla stessa forma giuridica del titolare, mentre nel secondo caso, bisognerà svolgere un’indagine sull’attività prevista dallo statuto e su quella effettivamente svolta, al fine di stabilire il carattere commerciale o non delle operazioni economiche effettuate dall’associazione.

Dall’inquadramento giuridico derivano conseguenze rilevanti in relazione sia agli obblighi contabili che, soprattutto, al regime di tassazione. Il mondo dello sport in genere è sotto l’egida dell’articolo 90, della legge n. 289/2002.

In particolare, il comma 17, del citato articolo 90 stabilisce che le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica e possono assumere una delle seguenti forme:

  • associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli artt. 36 e seguenti del codice civile;
  • associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del DPR n. 361/2000;
  • società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro (sul punto, per approfondimenti, si rinvia alla circolare n. 18/E/2018).

L’apposita metodologia (Cfr. circolare n. 289/E/1997) – che esamina il comparto degli impianti sportivi in genere – raccoglie in un unico schema metodologico attività apparentemente diverse ma riconducibili ad identiche modalità di conduzione aziendale.

L’attività consiste nell’affitto di spazi (campi da tennis, calcetto, golf, etc.), nell’organizzazione di corsi di apprendimento di discipline sportive e nella messa a disposizione di impianti (piscine, palestre). A tale attività principale non di rado si affianca la vendita di indumenti sportivi e la fornitura di servizi accessori (sauna, estetica, bar).

Tra i controlli, che vengono effettuati con tempestività al momento dell’accesso presso i locali, vi è quello del personale presente e della corretta tenuta dei libri e registri obbligatori previsti dalla normativa in materia di lavoro, con l’obiettivo dichiarato di verificare il corretto adempimento delle prescrizioni stabilite dalla normativa in materia di lavoro ed il corretto assolvimento degli obblighi fiscali.

Una volta identificato tutto il personale presente in sede, i verificatori effettuano delle interviste individuali ad ogni soggetto, richiedendo fra l’altro, oltre ai dati anagrafici, la tipologia del rapporto di lavoro in essere, la qualifica e la retribuzione/compenso percepito.

È del tutto evidente che, prima, durante e dopo l’intervista, i verificatori osserveranno e valuteranno, ove possibile, l’effettiva attività svolta dai singoli lavoratori intervistati, al fine di verificarne la corrispondenza con quanto riportato nei documenti obbligatoriamente previsti dalla normativa sul lavoro.

Di fondamentale importanza è la rilevazione del numero degli addetti distinti tra custodi, eventuali inservienti, impiegati occupati nel disbrigo di pratiche amministrative (controllo delle presenze, assistenza, organizzazione di corsi, etc.) ed istruttori in genere legati da un rapporto di lavoro autonomo o di collaborazione. L’insegnamento della pratica sportiva costituisce spesso un “secondo lavoro” e non sono affatto rari i casi di pagamento in nero.

I verificatori procederanno, inoltre, a rilevare i seguenti elementi:

  • le potenzialità degli impianti (numero di attrezzi da palestra, di campi da tennis e da calcetto, di piscine e saune);
  • gli orari e i periodi di apertura degli impianti;
  • il numero ed il tipo di corsi organizzati (compresi quelli estivi per ragazzi);
  • i contratti di adesione sottoscritti dai frequentatori dai quali generalmente si possono desumere le generalità degli stessi, il periodo e tipo di frequentazione, il corso prescelto, l’importo da pagare ed il numero delle rate;
  • le tariffe praticate distinguendo le quote corrisposte a titolo di iscrizione, assicurazione, frequenza, altro;
  • le modalità di accesso agli impianti;
  • le eventuali visite mediche espletate;
  • i corrispettivi conseguiti per attività collaterali, quali bar, ristoranti, vendita articoli sportivi e prodotti per trattamenti estetici, etc.;
  • l’esistenza di contratti di sponsorizzazione e di pubblicità, nonché l’eventuale organizzazione di spettacoli.

In pratica, l’indagine del verificatore tende ad appurare l’esistenza di quelle attività che per definizione hanno carattere commerciale e l’effettiva qualità dei frequentatori al fine di verificare se sussiste un reale vincolo associativo o se invece questo è soltanto un espediente – come si legge nella nota metodologica – per mascherare vere e proprie attività d’impresa dirette allo sfruttamento degli impianti.

A tale fine l’attenzione del verificatore si rivolgerà primariamente allo statuto dell’associazione nonché a tutti quegli elementi (ad esempio, i libri sociali) dai quali è possibile appurare la sussistenza di un’autentica attività associativa (indichiamo, a titolo meramente esemplificativo, alcuni sintomi di mancanza di democraticità della vita associativa, che assurgono a maggior valore qualora presenti contemporaneamente: consiglio direttivo composto da uno stesso nucleo familiare; rielezione per più mandati della stessa compagine; assenza di documentazione comprovante le convocazioni delle assemblee e dei consigli direttive; mancata indicazione nel verbale di assemblea dei soci presenti; assenza di un rendiconto economico e finanziario; partecipazione alle assemblee straordinarie, nel cui ambito si possono deliberare le modifiche dello statuto, lo scioglimento e la liquidazione dei beni dell’associazione, riservata solo ad una parte dei soci).

In particolare, i verificatori accerteranno:

  • se vi sia traccia di assemblee tenute dagli associati;
  • se sia regolarmente costituito e funzionante il consiglio direttivo;
  • se gli organi dell’associazione siano stati regolarmente rinnovati o confermati (spesso, nelle associazioni di comodo, i soggetti indicati nell’atto costitutivo come assuntori delle varie cariche non vengono sostituiti né confermati);
  • se vi siano acquisti di beni (anche immobili) e di servizi intestati all’associazione (in tal caso saranno individuati i mezzi finanziari con i quali siano stati effettuati tali acquisti). Qualora gli acquisti di beni siano effettuati da un solo associato (o da alcuni di essi) con propri mezzi e non vi sia alcun effettivo rapporto giuridico che ne legittima l’utilizzo da parte dell’associazione (ad esempio, un contratto di appalto, comodato o altro), la presunzione d’inesistenza dell’associazione assume qualche fondamento. Particolare attenzione sarà posta all’eventuale acquisto di beni immobili intestati congiuntamente a tutti gli associati oppure ad altri (ad esempio, all’amministratore) con l’impegno di destinarli all’attività associativa.

E pertanto, i verificatori richiedono direttamente ai frequentatori dell’impianto, se abbiano, di fatto, mai partecipato alle assemblee dei soci statutariamente previste.

Al termine delle suesposte indagini il verificatore se avrà elementi sufficienti per poter qualificare la natura complessivamente commerciale dell’attività controllata, ancorché svolta per interposta persona, potrà indirizzare la sua attività verso la ricerca di elementi utili per la quantificazione del volume d’affari realizzato dall’impresa; diversamente, dovrà appurare se l’associazione abbia posto in essere, oltre alla propria attività istituzionale, operazioni che per la loro natura hanno comunque carattere commerciale.

Tra i controlli attenzionati vi rientrano sicuramente le sponsorizzazioni, con esame dei relativi contratti, non di rado posti in essere per favorire forme di evasione fiscale da parte del committente attraverso artificiose sovrafatturazioni

Nel caso ci si trovi di fronte ad un’associazione sospettata di essersi fittiziamente interposta rispetto al soggetto effettivamente titolare dell’attività imprenditoriale, i verificatori tendono ad individuare i finanziatori originari dell’iniziativa economica, i promotori dell’associazione, nonché i proprietari degli impianti, ricostruendo il percorso che seguono le risorse finanziarie, individuando i percettori ovvero i destinatari ultimi dei proventi lordi conseguiti.

Elementi di supporto al controllo
Affitto di campi da tennis, calcetto, pallavolo, etc Di sicura utilità ai fini della ricostruzione del volume di attività sviluppato dall’impresa è la determinazione del numero dei corsi individuali o collettivi organizzati, desumibile oltre che dalla documentazione rinvenuta anche dal numero di istruttori che fanno capo al circolo. Soprattutto nel caso di lezioni individuali, il rapporto economico spesso si risolve comunque tra allievo e maestro, il quale semmai “gira” al gestore degli impianti una parte del suo compenso, specialmente se percepito “in nero”. L’analisi dei costi sostenuti per i consumi di energia elettrica può essere utile per ricostruire il volume dell’attività svolta nelle ore serali, nelle quali si praticano tariffe più alte. Spesso gli impianti sono illuminati mediante l’uso di gruppi elettrogeni dotati di contatore segna-ore. Le tariffe possono essere rilevate dalla documentazione reperita in sede di accesso (locandine, manifesti, volantini) e dagli avvisi esposti al pubblico
Palestre e piscine Sono molto diffuse formule di abbonamento periodico (bimestrale, semestrale, annuale) che permettono, mediante versamento di un determinato corrispettivo, in unica soluzione oppure a rate, l’utilizzo libero degli impianti nei giorni e negli orari indicati dal gestore. Si può risalire al numero dei frequentatori attraverso la documentazione relativa alle iscrizioni custodite in archivio (spesso informatizzato), ovvero lo schedario dei clienti. In alcuni impianti l’ingresso dei clienti avviene con l’utilizzo di tessere magnetiche che danno luogo a registrazioni computerizzate di cui rimane traccia (Le quantità di tessere acquistate in tipografia, o per quelle magnetiche da produttori specializzati, può fornire un’altra preziosa indicazione del numero presumibile dei frequentatori. Infatti, sottraendo dai quantitativi acquistati in un determinato periodo, il numero delle tessere giacenti al momento dell’accesso, si perviene al dato relativo a quelle distribuite.)

Per entrambi i comparti l’entità della clientela potrà desumersi anche dai certificati medici di idoneità all’attività sportiva conservati in archivi e quasi sempre richiesti dal gestore per ammettere i clienti all’utilizzo di impianti e ai corsi. I consumi di acqua, i costi sostenuti per il riscaldamento e l’illuminazione sono altrettanti indicatori del grado di sfruttamento degli impianti e quindi dell’affluenza della clientela.

Il controllo delle spese

Oltre ai costi descritti (spese di riscaldamento per palestra e piscina, consumi di energia elettrica per i campi da tennis e di calcetto), vengono verificate quelli relativi ai canoni di affitto dei locali utilizzati, e quelli di acquisto delle attrezzature (eventualmente possedute anche in leasing).

Inoltre, viene rilevato il costo per la manodopera e analizzati eventuali contratti di comodato stipulati con i soggetti proprietari degli impianti e di affitto di azienda commerciale.

Altro elemento di controllo può essere fornito dalla comparazione dei costi sostenuti nel periodo interessato dalla verifica con i corrispettivi dichiarati. Un disarmonico andamento del rapporto tra determinate spese e i ricavi dichiarati, in particolare quelle relative ai consumi fortemente correlati alle prestazioni dei servizi, può costituire indizio di corrispettivi non registrati.

Particolare attenzione viene rivolta alla eventuale presenza di fatture per operazioni inesistenti solitamente con causali generiche quali, “assistenza commerciale”, “marketing”.

In tali casi i verificatori riscontrano l’effettività della prestazione e dei pagamenti conseguiti attraverso l’esame della documentazione bancaria, nonché verificano l’attendibilità del soggetto emittente (fornitore) anche soltanto sulla scorta dei dati forniti dal sistema informativo (esistenza, possesso di una struttura produttiva, presenza di versamenti, etc).

Il punto della Cassazione

Registriamo una interessante pronuncia della Corte di Cassazione – n. 21535/2019 – che richiamando un proprio precedente (Cass. n. 11492/2019) ha dato continuità ad ulteriori interventi di legittimità che, sia pure ad altri fini, hanno avuto modo di precisare che:

“in tema di agevolazioni tributarie, l’esenzione d’imposta prevista dal DPR n. 917 del 1986, art. 111 (ora art. 148), in favore delle associazioni non lucrative dipende non dall’elemento formale della veste giuridica assunta (nella specie, associazione sportiva dilettantistica), ma dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto estrinseco e neutrale dell’affiliazione alle federazioni sportive ed al Coni (Cass. n. 10393/2018; Cass. n. 16449/2016).”

È stato anche chiarito che:

“affinché un’associazione sportiva dilettantistica possa beneficiare delle agevolazioni fiscali previste in materia di IVA e di IRPEG, rispettivamente, dal DPR 26 ottobre 1972, n. 633, art. 4 e dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 111, non è sufficiente la sua astratta sussumibilità in una delle categorie previste da tali norme, ma è necessario che essa dia prova di svolgere la propria attività nel pieno rispetto di tutte le prescrizioni imposte da esse (v., fra le altre, Cass. n. 8623/2012).”

In conformità con le regole sull’onere probatorio a carico di colui che intenda beneficiare dell’esonero dall’obbligazione contributiva:

“l’associazione che, fruendo dell’opera di collaboratori tecnici, invochi l’applicabilità dell’art. 67 del citato DPR n. 916 del 1986 e l’esonero, sotto il profilo contributivo, dall’obbligazione contributiva ha l’onere di dimostrare gli elementi costitutivi che consentano di annoverare la fattispecie nella categoria “redditi diversi”.”

Pertanto, ne discende, che nel caso di specie:

“correttamente la Corte territoriale ha verificato se, in concreto, l’attività svolta dall’Associazione fosse o meno interamente di natura sportiva dilettantistica e ha peraltro valorizzato… la mancata contestazione in primo grado dei contenuti e delle prestazioni del personale impiegato nelle attività di mera cura dell’esercizio fisico, con proposizione non fatta segno di alcuna censura con il ricorso per cassazione.”

Inoltre, sempre la Cassazione – ord. n. 4331/2024 – ha affermato che lo svolgimento di attività commerciale nei confronti di terzi soggetti (non associati o partecipanti), gli ulteriori elementi indiziari acquisiti (esistenza di diverse tipologie di abbonamenti, promozioni speciali, finanziamenti, diete personalizzate, la pubblicizzazione dell’ampio parcheggio), e i rapporti con una snc sovrapponibile, che aveva trasferito la propria attività commerciale all’ASD attraverso due contratti di affitto di ramo azienda, fanno venire meno il regime di vantaggio previsto per le associazioni sportive dilettantistiche.

Nel caso di cui ci si occupa, la Corte di Cassazione ha sostanzialmente preso atto dell’attenta valutazione operata dalla CTR, che ha rilevato che l’attività economica, svolta a suo tempo dalla società commerciale, sia transitata in due fasi diverse (i due contratti di affitto del ramo di azienda) integralmente all’associazione sportiva dilettantistica, che svolgeva la propria attività negli stessi locali della società, utilizzando la stessa linea telefonica, gli stessi materiali informativi (depliant che pubblicizzavano, orari, prestazioni, prezzi e modalità di pagamento, senza alcuna menzione della natura associativa del club), la medesima generica denominazione di “W. fitness club”, consentendo all’azienda così gestita di beneficiare della tassazione agevolata. Tutto ciò acclarato e confermato dalla presenza in sede di accesso di un notevole numero di soggetti terzi rispetto ai soci e all’acquisizione di copiosa documentazione extracontabile che avallava la commercialità dell’attività (esistenza di diverse tipologie di abbonamenti, promozioni speciali, finanziamenti, diete personalizzate, la pubblicizzazione dell’ampio parcheggio).

Resta fermo che è legittimo il comportamento dell’Amministrazione finanziaria che proceda ad una attività di verifica nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica, con l’assistenza di colui che formalmente le risulti essere il legale rappresentante dell’associazione, anche quando il medesimo dichiari, in sede di operazioni, di essere cessato dalla carica, giacché, in difetto di denunce di variazione, spetta a chi assume siffatta circostanza fornirne inequivoca dimostrazione mediante la produzione degli atti associativi corrispondenti (Cass. ord. n. 1028/2024).

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