La rosa dei vantaggi prevista dall'adesione al concordato preventivo non convince i lettori e le lettrici di Informazione Fiscale: la maggior parte delle partite IVA che ha partecipato all'indagine sul tema pensa di non aderire
I “contro” del concordato preventivo pesano più dei “pro”, almeno per i lettori e le lettrici di Informazione Fiscale. La maggior parte delle partite IVA che hanno partecipato all’indagine sul tema pensa di non stringere il patto con l’Agenzia delle Entrate, messo in campo con il decreto legislativo numero 13 del 2024 nell’ambito della riforma fiscale.
La rosa dei vantaggi, dall’esclusione dei maggiori redditi nel calcolo delle imposte ai controlli light, messa in luce più volte dal viceministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo non convince i contribuenti potenzialmente interessati.
Non è escluso che anche la partenza incerta di questo nuovo strumento di compliance abbia un peso sulle intenzioni future.
Concordato preventivo: i vantaggi non convincono le partite IVA ad aderire al patto con il Fisco
Le regole per il calcolo degli importi su cui basare il patto tra Agenzia delle Entrate e partite IVA sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale solo il 15 giugno, data prevista per il debutto delle procedure per l’elaborazione della proposta del concordato preventivo 2024.
E a 5 giorni dal calcio d’inizio il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto in esame preliminare per correggere il tiro sulle prime novità della riforma fiscale in vigore.
Il testo, che ancora non è disponibile e dovrà poi essere approvato in via definitiva dopo i pareri delle Commissioni Parlamentari, interviene sulle scadenze per l’adesione al patto con il Fisco e per i versamenti:
- per i forfettari che possono accedere a un concordato leggero, solo per un anno, l’avvio slitta di un mese e di fatto sarà possibile inviare i dati per l’elaborazione della proposta da parte del Fisco solo dal 15 luglio;
- si sposta dal 15 al 31 ottobre la scadenza della dichiarazione dei redditi e per l’adesione;
- si conferma la possibilità per tutte le partite IVA che applicano gli ISA, indici sintetici di affidabilità fiscale o che rientrano nel regime forfettario, di versare il saldo e il primo acconto delle imposte con maggiorazione dello 0,40 per cento entro il 30 agosto.
Tutto è partito, o quasi, ma tutto resta ancora in evoluzione. E in questo panorama di incertezze e novità che si susseguono i lettori e le lettrici di Informazione Fiscale hanno dichiarato le loro intenzioni rispetto all’adesione al concordato preventivo.
La maggioranza delle partite IVA non stringerà alcun patto con il Fisco: solo il 28 per cento dei partecipanti all’indagine valuterà la proposta elaborata dall’Agenzia delle Entrate e pensa di aderire.
Le scelte dei contribuenti sul concordato preventivo centrali per il futuro del Fisco
Eppure, almeno sulla carta, i vantaggi sono stati delineati:
- l’adesione al concordato preventivo blocca le imposte per uno o due anni e nel calcolo non vengono considerati eventuali maggiori redditi conseguiti: va detto, però, che si tratta di un bonus per chi ha prospettive di crescita che può diventare un malus in caso di perdita;
- si accede ai benefici premiali legati agli ISA, tra questi:
- compensazioni IVA senza visto di conformità fino a 50.000 euro;
- compensazioni IRPEF, IRES e IRAP senza visto di conformità fino a 20.000 euro;
- blocco degli accertamenti basati su presunzioni semplici;
- anticipo dei termini di decadenza per le attività di accertamento;
- si affievoliscono i poteri di controllo del Fisco sui periodo d’imposta oggetto di concordato.
Nonostante ciò, la maggioranza non ha intenzione di stringere l’accordo sulle imposte ed evidentemente riconosce un peso maggiore ai “contro”: tra gli altri il rischio di subire perdite rilevanti, ma non abbastanza da determinare la fuoriuscita dal concordato, e la necessità di pagare importi più alti per far crescere il punteggio ISA.
Non a caso per l’avvio del concordato è stata prevista una riduzione del maggior reddito del 50 per cento per invogliare le partite IVA.
Le condizioni, in ogni caso, non sembrano essere appetibili per le maggior parte dei contribuenti che hanno partecipato all’indagine condotta dalla redazione, ma dalle scelte delle partite IVA dipende in parte lo stesso futuro del Fisco.
In più occasioni il viceministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo ha ipotizzato di utilizzare un eventuale tesoretto che deriva dalle maggiori imposte versate tramite il concordato preventivo 2024 per confermare le tre aliquote IRPEF attualmente in vigore solo per quest’anno ed eventualmente appiattire ancora di più la tassazione o mettere in campo nuove misure.
Il costo della nuova IRPEF per quest’anno è di oltre 4 miliardi: sul successo del patto Fisco-partite IVA nemmeno gli autori della riforma fiscale hanno fatto delle previsioni certe, nella prima stesura era circolata l’ipotesi di un recupero di 1,8 miliardi di euro considerando 2024 e 2025, cifra che poi è scomparsa dalla formulazione definitiva dello strumento di compliance e su cui lo stesso Servizio Bilancio di Camera e Senato aveva chiesto maggiori chiarimenti.
Le intenzioni di ottenere nuove risorse attualmente non poggia alcuna stima, ma se si considerano le valutazioni iniziali e le intenzioni dichiarate da lettrici e lettori, appare plausibile pensare che sarà necessario trovare altre fonti anche solo per confermare l’impianto IRPEF attuale.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Concordato preventivo 2024: i vantaggi non convincono lettrici e lettori