Avvisi di recupero di crediti d'imposta compensati in maniera illegittima: hanno la stessa natura degli atti di accertamento. Ne consegue che in caso di ricorso gli importi dovuti sono iscritti a ruolo a titolo provvisorio nella misura di un terzo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 23289 del 2022.
Gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati sono assimilabili agli avvisi di accertamento in quanto costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato, al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione.
Di conseguenza, in caso di ricorso, gli importi dovuti sono iscritti a ruolo a titolo provvisorio nella misura di un terzo.
Così ha deciso la Corte di Cassazione che, con l’Ordinanza n. 23289 del 26 luglio 2022.
La Sentenza – Il giudizio verte sull’impugnazione di una cartella di pagamento notificata a seguito di un atto di recupero emesso dal Centro Operativo di Venezia per il credito IVA (oggetto di autonomo ricorso) indebitamente compensato nell’anno 2011.
La contribuente ha contestato la cartella eccependo che, essendo stato impugnato l’atto di recupero crediti, l’iscrizione a ruolo avrebbe dovuto essere disposta dall’Ufficio in misura frazionata secondo quanto previsto dagli artt. 15 DPR 602/73 e 68, commi 1 e 2, del D.Lgs. 546/1992.
La CTP ha accolto il ricorso e la sentenza favorevole alla contribuente è stata confermata dalla CTR.
In particolare i giudici d’appello hanno ritenuto applicabile il regime dell’iscrizione a ruolo in misura frazionata, previsto in caso di pendenza di giudizio sull’atto prodromico, in quanto l’avviso di recupero crediti, regolato dall’art. 1, comma 422 della Legge n. 311 del 2004, è assimilabile ad un avviso di accertamento.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la CTR abbia errato ad equiparare, ai fini del frazionamento della riscossione in pendenza di giudizio davanti alle Commissioni Tributarie, l’avviso di recupero del credito all’avviso di accertamento.
Tale specifico motivo di doglianza è stato ritenuto infondato dalla Corte di cassazione.
L’art. 15 del DPR 602/1973 prevede che “le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.
A parere dell’Agenzia delle entrate la disciplina della gradualità dell’iscrizione a ruolo non sarebbe applicabile all’avviso di recupero di un credito d’imposta in quanto tale avviso, avendo ad oggetto il disconoscimento di agevolazioni indebitamente fruite (con contestuale richiesta delle somme illegittimamente compensate) e non l’accertamento di un maggior imponibile, non ha natura di “atto di accertamento”.
La Corte di cassazione contesta la tesi della difesa erariale perché confligge con il consolidato orientamento di legittimità per cui gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato, al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione.
L’avviso di recupero è infatti costituito da una comunicazione della motivazione del recupero e da una mera liquidazione delle somme accertate come dovute a tal titolo dal contribuente.
Tale atto ha una duplice funzione, di diniego o di revoca del credito di imposta, con la relativa motivazione e di liquidazione delle somme portate a recupero, con il relativo riepilogo di quanto complessivamente dovuto dal contribuente per imposte, interessi e sanzioni.
Si tratta, pertanto, di un atto di accertamento tributario, dovendo per tale intendersi “ogni atto o provvedimento dell’amministrazione finanziaria, che, a prescindere dalla sua denominazione, spieghi efficacia nei confronti del soggetto passivo del tributo, accertando o dichiarando il debito”.
Da qui la piena applicabilità anche agli atti di recupero crediti del regime di iscrizione a ruolo in misura frazionata di cui all’articolo 15 d.P.R. 602/73 che garantisce, da un lato, la celere riscossione dei tributi da parte dell’Erario e, dall’altro, al contribuente di non anticipare il pagamento di somme che all’esito del giudizio tributario potrebbero risultare non dovute.
Il ricorso della Parte pubblica è stato quindi rigettato avendo la CTR dato corretta attuazione ai principi espressi in questa sede dalla Corte di Cassazione.
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