Rimborso credito IVA, la società extra UE non può recuperare le somme se le fatture sono intestate alla partita IVA italiana. La procedura semplificata del decreto IVA può essere utilizzata solo a determinate condizioni.
Rimborso credito IVA, la società extra UE ha diritto a recuperare le somme se le fatture sono intestate alla partita IVA italiana?
Se le bollette doganali, che sono equiparabili alle fatture di acquisto, sono intestate alla partita IVA italiana della società non si può utilizzare la procedura semplificata prevista dall’articolo 38-ter del decreto IVA.
I soggetti passivi residenti all’estero, infatti, possono richiedere rimborso se ricorrono determinate condizioni.
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Rimborso credito IVA, escluso se le fatture sono intestate alla partita IVA italiana della società extra UE
La risposta all’interpello numero 248/2022 dell’Agenzia delle Entrate è molto interessante da prendere come spunto per approfondire il tema del rimborso del credito IVA.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 248 del 9 maggio 2022
- Rimborso credito IVA - articolo 38-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Il documento di prassi si sofferma sul caso di una società extra UE che chiede se ha diritto a recuperare le somme nel caso in cui le bollette doganali, che sono assimilabili alle fatture d’acquisto, siano intestate alla partita IVA italiana che permette le importazioni dirette.
L’istante specifica che, in assenza di una stabile organizzazione, ha dovuto aprire una partita IVA italiana.
L’azione è risultata necessaria dopo la pubblicazione della circolare dell’Agenzia delle dogane numero 40/2021, al seguito della quale alcuni uffici non permettevano vendite dirette senza la partita IVA italiana.
Nel caso in questione un rappresentate fiscale sarà l’intestatario delle fatture.
L’Agenzia delle Entrate richiama la normativa di riferimento. In base a quanto previsto dall’articolo 38-bis e 38-ter del Dpr numero 633/1972, ovvero il decreto IVA, prevedono una procedura semplificata che permette ai soggetti passivi residenti in Paesi terzi di chiedere il rimborso dell’IVA in Italia.
Le condizioni da rispettare sono le seguenti:
- assenza di operazioni attive territorialmente rilevanti in Italia nel periodo del rimborso, ad eccezione delle operazioni per le quali il debitore d’imposta è il cessionario/committente italiano, delle prestazioni di trasporto e delle relative operazioni accessorie non imponibili ai sensi dell’articolo 9 del decreto Iva e delle operazioni effettuate ai sensi dell’articolo 74-septies del decreto IVA;
- inerenza all’attività del soggetto passivo extra-UE degli acquisti o delle importazioni per le quali si richiede il rimborso;
- detraibilità in Italia dell’IVA chiesta a rimborso, articoli 19, 19-bis1 e 19-bis 2 del decreto IVA;
- reciprocità di trattamento per i soggetti italiani.
Rimborso credito IVA 2024, le fatture devono essere intestate alla partita IVA del soggetto non residente
Ad ulteriore chiarimento in merito al rimborso del credito IVA, l’Agenzia delle Entrate spiega che la presenza del rappresentate fiscale in Italia non preclude il recupero delle somme tramite la procedura semplificata.
In assenza di una stabile organizzazione, la società può richiedere il rimborso IVA tramite la procedura del portale elettronico, a patto che non siano presenti cause ostative.
A chiarirlo è la risposta all’interpello numero 359/2021, che si muove sulla linea tracciata dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale:
- causa C-323/12 della Corte di giustizia;
- ordinanza della Corte di Cassazione numero 21684 del 2020.
In sintesi, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che:
“È necessario, tuttavia, che le fatture di acquisto la cui IVA è richiesta a rimborso tramite il «portale elettronico»:
- siano intestate alla partita IVA del soggetto non residente (non è, quindi, consentito utilizzare il portale per ottenere il rimborso dell’IVA relativa alle fatture passive intestate alla partita IVA italiana);
- non confluiscano nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione annuale presentata dal rappresentante fiscale.”
Lo stesso criterio è stato spiegato nella circolare dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli numero 40 del 2021, che chiarisce quanto di seguito riportato:
“Ancorché non stabilito nell’UE, l’importatore deve, comunque, essere identificato ai fini doganali, attraverso l’attribuzione di un codice EORI (art. 9 CDU) a cui deve essere collegata la partita IVA rilasciatagli direttamente a seguito di identificazione fiscale diretta nel Paese membro dell’UE o quella del rappresentante fiscale nominato nello Stato Membro nel quale lo stesso effettua le operazioni doganali.”
Tuttavia, l’intestazione delle fatture o delle bollette doganali non registrate nei registri IVA istituiti dal rappresentante fiscale non adempie all’obbligo dell’articolo 25 del decreto IVA per il quale:
“Il contribuente deve annotare in un apposito registro le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del secondo comma dell’articolo 17, anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.”
In conclusione, l’unico soggetto che ha il diritto a recuperare l’IVA versata al momento dell’importazione è il rappresentate fiscale a cui sono intestate le bollette doganali.
Lo stesso, dopo la registrazione delle stesse nel registro degli acquisti, può recuperare le somme in detrazione o chiedere il rimborso.
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Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Rimborso credito IVA escluso se le fatture sono intestate alla partita IVA italiana della società extra UE