Durante l'audizione del 12 aprile alla Camera riguardo al DEF, i sindacati lamentano la condizione di precarietà, chiedono aumenti per i contratti di lavoro e uno scostamento di bilancio. Confindustria sottolinea la necessità di interventi strutturali importanti e di un taglio del contributo del cuneo fiscale alle imprese, senza la necessità di scostamento.
I sindacati lamentano lacune nel DEF, Documento di Economia e Finanza, in relazione al tema del lavoro e della disoccupazione. La precarietà è a livelli altissimi e i salari reali non corrispondono all’aumento dei prezzi causato dall’inflazione. La richiesta avanzata, durante l’audizione alla Camera del 12 aprile, è quella di aumenti contrattuali e di uno scostamento di bilancio per salvaguardare le fasce più deboli.
Confindustria insiste sulla necessità di un taglio al cuneo fiscale delle imprese e di interventi strutturali più robusti a favore delle filiere della manifattura, le quali sospendono o riducono la produzione. Lo scostamento non è necessario in quanto ci sarebbero già a disposizione risorse necessarie.
Tutti sono d’accordo nel sostenere che il DEF dipinga un quadro troppo ottimista nei confronti della situazione di forte difficoltà che sta caratterizzando questo periodo.
I sindacati chiedono l’aumento dei salari, Confindustria il taglio del cuneo fiscale
La precarietà dei lavoratori ha raggiunto livelli record, toccando i 3,2 milioni di contratti che non garantiscono sicurezza. Il problema più grande, specificano i sindacati, è dato dalla situazione dei salari reali, che a causa dell’inflazione, non concedono lo stesso potere d’acquisto.
C’è, dunque, la necessità di adattare i contratti di lavoro in modo da mantenere invariata la capacità di acquisto.
La CGIL, così come gli altri sindacati, nel suo intervento chiede un nuovo scostamento di bilancio per far fronte all’emergenza e tutelare le fasce più deboli, allo stesso tempo chiede di tassare gli extraprofitti delle imprese di alcuni settori e di predisporre un contributo di solidarietà per i patrimoni sopra il milione di euro.
Queste proposte sono avanzate anche dalla UIL, che in relazione al problema dei salari reali chiede di detassare gli aumenti contrattuali. Il sindacato insiste, inoltre, sulla necessità di fornire prospettive sicure ai lavoratori limitando il lavoro precario in favore di contratti a tempo indeterminato.
Secondo la CISL per tutelare al meglio i salari dei lavoratori è necessario “rafforzare il modello contrattuale” e “ridefinire il concetto di inflazione importata”, verificando l’effettivo andamento dei prezzi energetici al momento dell’importazione.
Confindustria si sofferma, invece, sul tema dell’inflazione e davanti alle richieste di adeguamento dei salari chiarisce come non sia sostenibile per le imprese un aumento del costo del lavoro, in aggiunta all’incremento dei costi di energia e materie prime.
La proposta di detassare il rinnovo contrattuale, replica Confindustria, potrebbe essere utile ma non porterebbe a soluzioni importanti come invece altri provvedimenti.
“Ribadisco che lo strumento per mettere soldi in tasca agli italiani sia il taglio fiscale del cuneo contributivo. L’idea di detassare i rinnovi contrattuali può essere una strada, ma non è una strada che ci risolve in maniera importante, non mette nelle tasche dei lavoratori soldi importanti, come invece potremmo fare con un taglio serio del cuneo contributivo”.
La proposta avanzata da Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, è il taglio del cuneo fiscale contributivo per le aziende e l’applicazione di misure che incentivino la produttività. In questo modo aumenterebbero i salari e si sosterrebbero le aziende. Il costo previsto sarebbe di circa 16-18 miliardi di euro e ci sarebbe la possibilità di metterlo in pratica senza dover attuare uno scostamento di bilancio.
Secondo Bonomi, lo scostamento proposto dai sindacati non sarebbe necessario: le risorse sarebbero recuperabili con una revisione della spesa pubblica e da entrate tributarie e contributi sociali.
Per i sindacati e Confindustria le misure del DEF non sono sufficienti
I sindacati mettono in evidenza la necessità di azioni a favore dei lavoratori per contrastare il periodo di crescente inflazione, che non viene corrisposta con un adeguato aumento del salario reale nei contratti di lavoro. A questo si aggiungono le condizioni di precarietà e di incertezza lavorativa in cui si trova la maggior parte della popolazione italiana.
Il DEF considera l’IPCA (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato) al netto dei prezzi dell’energia, che però sono quelli che registrano l’aumento più importante e spingono l’inflazione. In questo modo non si considera l’impatto reale dell’inflazione sul potere d’acquisto dei lavoratori.
Per la CISL è necessario infatti calcolare nell’IPCA l’aumento dei costi energetici:
“Adottando criteri di calcolo rigorosi e corretti il differenziale fra l’IPCA totale e quello senza inflazione importata si ridurrà di molto e il potere d’acquisto dei salari sarà decisamente più tutelato”.
Anche Confindustria, nel suo intervento, ribadisce la situazione di difficoltà per le imprese che non riescono più a gestire l’aumento dei prezzi di energia e materie prime, le quali cominciano in alcuni casi anche a scarseggiare.
Secondo la CGIL i 5 miliardi di euro stanziati nel DEF non sono sufficienti per fronteggiare la situazione di emergenza del momento, che penalizza le fasce più deboli della popolazione.
Il Documento di economia e finanza, infatti, prevede 5 miliardi di euro destinati:
- a ulteriori interventi per contenere i prezzi dei carburanti e il costo dell’energia;
- all’aumento delle risorse necessarie a coprire l’incremento dei prezzi delle opere pubbliche;
- all’incremento dei fondi per le garanzie sul credito;
- a nuove misure per l’assistenza ai profughi ucraini e alle aziende che soffrono l’impatto economico della guerra.
In risposta alle misure del DEF, Confindustria spiega che sono necessari interventi strutturali importanti per compensare gli aumenti dei costi. Anche se il conflitto cessasse nell’immediato, non si annullerebbero comunque gli impatti, ormai dilaganti. Le misure previste sono troppo incentrate sul breve periodo.
Bonomi sottolinea come il 16 per cento delle imprese in Italia abbia sospeso o ridotto la produzione. Se la situazione resta invariata, nell’arco dei prossimi tre mesi si arriverà al 30 per cento, con gravi conseguenze.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Aumenti per i contratti di lavoro e taglio del cuneo fiscale: le proposte contro l’inflazione