Per i debiti d'imposta dovuti da un'associazione non riconosciuta, responsabilità personale e solidale solo se c'è l'effettiva partecipazione alla complessiva gestione associativa
In tema di responsabilità solidale per i debiti d’imposta dovuti da un’associazione non riconosciuta, la responsabilità personale e solidale a carico di chi agisce in nome e per conto dell’ente scatta solo dopo che l’Amministrazione finanziaria dimostri l’effettiva partecipazione, in forza del ruolo rivestito, alla complessiva gestione associativa nel periodo in cui sono sorti i debiti.
Sono queste le conclusioni contenute nella datata ma sempre attuale Ordinanza della Corte di Cassazione n. 1489/2019.
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Associazioni non riconosciute e responsabilità fiscali
La controversia è scaturita a seguito delle omesse ritenute fiscali sui compensi erogati a terzi nel corso del 2009 da parte di un’associazione non riconosciuta. L’Agenzia delle Entrate ha notificato l’avviso di accertamento per il recupero delle ritenute anche ai soci e componenti del Consiglio direttivo dell’associazione in quanto responsabili solidali ai sensi dell’art. 38 del codice civile.
Tali soggetti hanno impugnato l’atto de qua e il ricorso, respinto dalla CTP, veniva accolto dalla CTR sulla base del rilievo che
“non era stata fornita indicazione e prova del fatto che i comportamenti omissivi erano stati posti in essere dai ricorrenti, non bastando la mera sussistenza di un incarico direttivo gestionale nell’ambito della associazione in questione”
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affermando che, in materia di associazioni non riconosciute, rispondono per i debiti d’imposta ex lege i soggetti che, in forza del ruolo rivestito, hanno diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo e ha rigettato il ricorso con condanna alle spese a carico dell’Agenzia delle Entrate.
La decisione – Nella decisione in commento i giudici di Piazza Cavour hanno in primo luogo ribadito un principio oramai consolidato per cui, in tema di responsabilità solidale in capo a colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta, la responsabilità è collegata all’attività negoziale effettivamente svolta per conto dell’associazione, che ha condotto alla creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi.
Se ne deduce, pertanto, che non è responsabile dei debiti associativi il rappresentante dell’associazione in quanto tale, ma solo dopo aver provato la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’ente in veste di rappresentante nel periodo considerato, non essendo sufficiente la dimostrazione della mera esistenza della carica rivestita.
Sulla base di tale principio, nel caso di specie i giudici di legittimità hanno negato la responsabilità solidale dei componenti del Consiglio direttivo dell’associazione in quanto, sebbene la natura della loro carica avrebbe potuto far presumere il concorso a decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori, tale circostanza non è stata puntualmente dimostrata dall’Amministrazione finanziaria.
Infatti, come correttamente rilevato dalla CTR, l’unica partecipazione documentabile all’organo direttivo da parte dei ricorrenti nel 2009, periodo d’imposta accertato, è avvenuta in occasione dell’approvazione del rendiconto per l’anno 2008, attività del tutto estranea alla gestione dell’anno 2009.
In altri termini l’Amministrazione finanziaria non ha dimostrato né l’effettiva permanenza nella carica dei contribuenti per tutto il 2009 né una loro partecipazione a riunioni nel corso dell’anno ulteriori rispetto a quella prevista per l’approvazione del rendiconto relativo ad un periodo diverso da quello accertato.
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Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Associazioni non riconosciute: la responsabilità solidale va provata dall’Amministrazione finanziaria