Anche in caso di contestazione di violazioni relative all'imposta di registro si applica il termine dilatorio di sessanta giorni dalla data di rilascio del processo verbale e l'emissione dell'atto impositivo. A stabilirlo la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 12412/2022.
Nella specifica ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, il termine dilatorio di sessanta giorni dalla data di rilascio del processo verbale e l’emissione dell’atto impositivo, la cui violazione ne determina la nullità, si applica anche nel caso di contestazione di violazioni in tema di imposta di registro, giusta il richiamo di cui all’art. 53 bis del d.P.R. n. 131 del 1986.
Questo l’importante principio contenuto nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 12412 del 19 aprile 2022.
- Corte di Cassazione - Ordinanza n. 12412 del 19 aprile 2022
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I fatti - A seguito di una verifica nei confronti di una società l’Agenzia delle entrate aveva emesso un avviso di liquidazione di imposta di registro relativa all’anno d’imposta 2009, con contestuale irrogazione di sanzioni.
L’atto de qua era stato emesso in ragione della riqualificazione come cessione di azienda di una serie di operazioni negoziali (conferimento di azienda, cessione di quote sociali e incorporazione), le quali scontavano l’imposta di registro in misura fissa anziché proporzionale.
Avverso l’atto impositivo la società ha proposto ricorso, accolto dalla CTP che, per quanto di interesse, aveva riconosciuto la violazione dell’art. 12, co. 7 della L. 212/2000, trattandosi di atto impositivo notificato prima del decorso dei sessanta giorni dalla chiusura delle operazioni di controllo, in assenza di specifiche ragioni di urgenza.
L’appello dell’Amministrazione finanziaria veniva poi accolto dalla CTR, la quale ha riconosciuto che la notifica dell’avviso prima della decorrenza del termine di sessanta giorni dalla notificazione del processo verbale di constatazione non ne comportava la nullità.
A ciò è seguito il ricorso per cassazione da parte della società soccombente la quale ha lamentato, come motivo principale, violazione dell’art. 12 comma 7 della L. 212/2000, in quanto l’avviso di liquidazione sarebbe stato emesso in violazione del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla disposizione in esame, con conseguente nullità dello stesso.
Il motivo è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione che ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto l’originario ricorso della società e ha condannato l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio.
La decisione - La controversia in commento ruota attorno alla corretta interpretazione del termine dilatorio previsto dall’art. 12, co. 7 della L. 212/2000.
Detto termine deve decorrere, come previsto dall’interpretazione letterale della norma, dal rilascio della copia del processo verbale di constatazione, che segna la chiusura delle operazioni di verifica da parte dell’organo verificatore.
Infatti, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, co. 7 della L. 212/2000 stabilisce che, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori.
L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
Secondo l’interpretazione costante della Corte di cassazione:
“l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi «armonizzati», mentre, per quelli «non armonizzati», non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.”
Con riferimento a tale ultimo profilo, il contraddittorio endoprocedimentale è espressamente previsto dall’art. 12, comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, con valutazione di necessarietà ex ante e conseguente nullità dell’accertamento in caso di omissione, nella specifica ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività.
Il rispetto del termine dilatorio vale anche per l’ipotesi di accessi “istantanei”, ossia volti alla sola acquisizione della documentazione posta a fondamento dell’accertamento.
Nel caso di specie, la verifica nei confronti della società è avvenuta con accesso nei locali aziendali e le risultanze sono state riportate in un processo verbale di constatazione.
Successivamente l’Amministrazione finanziaria ha emesso l’atto di liquidazione dell’imposta di registro in anticipo rispetto al termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla legge, in assenza di specifiche ragioni di urgenza, applicabile anche in tema di imposta di registro “giusta il richiamo di cui all’art. 53 bis TUR”.
Da qui la nullità dell’accertamento, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, che ha erroneamente valutato come non sanzionabile la violazione del termine dilatorio previsto dalla norma.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Termine dilatorio applicabile anche all’imposta di registro