Le modifiche al taglio del cuneo fiscale e contributivo previste dal disegno della Legge di Bilancio 2025 allargano la platea di beneficiari del sostegno al reddito, ma molti escono dal raggio d’azione dell'intervento
Dal prossimo anno il taglio del cuneo fiscale e contributivo cambia forma.
Circa 2,4 milioni di lavoratori e lavoratrici precedentemente esclusi avranno accesso alle nuove misure di sostegno al reddito, circa 500.000 saranno invece tagliati fuori.
Banca d’Italia, ISTAT, Corte dei Conti e UPB hanno fornito il proprio parere sulle misure in arrivo nel corso delle audizioni del 5 novembre alla Camera.
Taglio del cuneo fiscale: chi perde il sostegno al reddito?
Con la Legge di Bilancio 2025 cambia lo strumento di sostegno al reddito che finora ha previsto un esonero sui contributi IVS per i redditi fino a 35.000 euro e che ha garantito un aumento medio in busta paga di circa 100 euro.
Per i prossimi anni, infatti, il disegno di legge della Manovra prevede la sostituzione del taglio dei contributi con due diversi strumenti:
- un bonus per chi ha un reddito complessivo inferiore a 20.000 euro, determinato con aliquota pari al:
- 7,1 per cento per redditi da lavoro dipendente inferiori a 8.500 euro;
- 5,3 per cento per quelli compresi tra 8.500 e 15.000 euro;
- 4,8 per cento per quelli superiori a 15.000 euro.
- una detrazione per chi ha un reddito tra 20.000 e 40.000 euro (pari a 1.000 euro se l’ammontare del reddito complessivo è compreso tra 20.000 e 32.000 euro; decresce poi linearmente, fino ad annullarsi a 40.000 euro).
Misure che, come evidenziato nel corso delle audizioni preliminari alla Camera, dovrebbero avere un impatto positivo, evitando soprattutto di pesare sul sistema previdenziale. Come precisato dalla Banca d’Italia nell’audizione del 5 novembre, nella sua nuova versione la misura non intacca i contributi sociali ed evita quindi di produrre squilibri nei conti della previdenza (aspetto questo evidenziato anche dal Presidente dell’INPS nel corso del suo intervento) ed essendo condizionata ad avere un contratto lavoro dipendente potrebbe costituire un incentivo alla partecipazione al lavoro.
Nel corso delle audizioni a cui oltre a Bankitalia hanno partecipato anche ISTAT, Corte dei Conti e Ufficio Programmatico di Bilancio, sono emersi però alcuni elementi di criticità, a partire dalla poca trasparenza del sistema tributario.
Come evidenziato dall’UPB, la nuova versione del taglio del cuneo fiscale e contributivo, la conferma dell’IRPEF a tre aliquote e le novità in materia di detrazioni complicano le regole da seguire per stabilire le imposte da versare.
“La complessa interazione tra le diverse componenti del calcolo rende infatti oggettivamente difficile per il contribuente avere una chiara percezione dell’importo da ricevere o versare.”
Per i tecnici del Parlamento, poi, con la nuova IRPEF aumentano le disparità tra le diverse categorie di contribuenti: dipendenti, pensionati e autonomi.
Inoltre, come specifica la Corte dei Conti, applicando tali meccanismi alcune parti dell’IRPEF sono ulteriormente trasformate in un trasferimento monetario estraneo all’imposta stessa, come già avviene con il trattamento integrativo.
“Queste modifiche indeboliscono la struttura interna dell’imposta personale e rendono esplicita la difficoltà, una volta introdotte temporanee riduzioni fiscali o contributive, di riuscire a ritornare coerentemente sui propri passi.”
Taglio del cuneo: mezzo milione di lavoratori e lavoratrici perde il beneficio
Sul taglio del cuneo fiscale e contributivo poi, come ha sottolineato dall’ISTAT, c’è anche la questione legata ai possibili beneficiari dell’intervento. I destinatari delle nuove misure, infatti, non corrispondono appieno con i beneficiari dell’esonero in vigore nel 2024.
Secondo le stime, sono circa 2,8 milioni le persone con reddito compreso tra 35.000 e 40.000 euro e che quindi possono accedere per la prima volta all’agevolazione. A questi si aggiungono circa 100.000 persone che risultavano escluse dalla decontribuzione pur avendone i requisiti poiché titolari di rapporti di lavoro domestico.
Al contrario, sono circa 500.000 i lavoratori e le lavoratrici che perdono accesso al beneficio perché hanno un reddito di riferimento per i contributi sociali inferiore a 35.000 euro ma un reddito complessivo superiore a 40.000.
Se nel 2024 hanno beneficiato della decontribuzione, nel 2025 ne saranno tagliati fuori dato che le nuove misure prendono a rifermento il reddito complessivo e non solo la retribuzione lorda annua.
Inoltre, per circa 800.000 beneficiari del nuovo regime, evidenzia l’UPB, si verifica una riduzione dei vantaggi ottenuti nel 2024 di circa 380 euro in media, a causa della difficoltà di replicare con precisione l’andamento dei benefici della decontribuzione attraverso bonus e detrazioni.
A questi soggetti viene comunque garantito un incremento del reddito disponibile di circa 500 euro medi.
Per i restanti circa 14,5 milioni di lavoratori e lavoratrici che hanno beneficiato dell’esonero nel 2024 e continueranno a beneficiare di una delle nove misure non ci saranno sostanziali cambiamenti: percepiranno un importo sostanzialmente in linea con quello derivante dalla decontribuzione.
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