Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato di durata predeterminata. Il periodo massimo è di 12 mesi, estendibile a massimo 24 in presenza di specifiche causali. Tutte le novità introdotte per il 2023 dal decreto lavoro
Il nuovo decreto lavoro convertito in legge prevede una serie di novità per i contratti a tempo determinato.
L’obiettivo è quello di garantire maggiore flessibilità, in modo da stimolare l’economia e sopperire alle necessità occupazionali di un mercato del lavoro mutevole.
Nello specifico, vengono eliminate alcune delle limitazioni introdotte dal Decreto Dignità del 2018, con la previsione di nuove causali per il superamento del limite di 12 mesi.
Inoltre, sono previste le stesse regole sia per la proroga sia per il rinnovo del contratto, libere nei primi 12 mesi e poi legate alle causali. Novità importanti anche per il calcolo del limite che decorre a partire dal 5 maggio 2023.
Contratto a tempo determinato: come funziona, le novità dopo il decreto lavoro
Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato per il quale è previsto un termine predeterminato. Pertanto al momento della firma il lavoratore già conosce il momento in cui il rapporto avrà fine.
Questa tipologia contrattuale è subordinata al rispetto di determinate condizioni, la disciplina di riferimento è quella fornita dal Testo Unico dei contratti di lavoro, il Dlgs n. 81 del 2015 (articoli 19-29).
Nel 2018 ulteriori interventi sono stati previsti dal cosiddetto Decreto Dignità, n. 87/2018, che ha fissato la durata massima del contratto a tempo determinato a 12 mesi, con possibilità di estensione a 24 mesi, ma solo in presenza di almeno una delle causali individuate:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
- esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Il datore di lavoro, infatti, per giustificare la proroga o il rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato oltre i 12 mesi è obbligato ad indicare la causale.
Quest’anno, poi, il decreto lavoro, il n. 48/2023, ha introdotto importanti novità in materia, allentando le restrizioni imposte dal precedente decreto per consentire un uso più flessibile della tipologia contrattuale.
Nello specifico, sono state modificate le causali da indicare nei contratti di durata compresa tra i 12 e i 24 mesi, sono state previste le stesse regole sia per il rinnovo che per la proroga e ai fini del calcolo del limite di 12 mesi si considera il periodo a partire dal 5 maggio 2023.
Contratto a termine: le novità dopo il decreto lavoro, le causali
Il principale intervento del decreto lavoro in materia di contratti a tempo determinato è quello che allenta le restrizioni del Decreto Dignità, individuando nuove causali per legittimare il lavoro a termine oltre i 12 mesi.
Nello specifico, l’articolo 24, comma 1, prevede delle modifiche alle causali che vanno indicate nei contratti di durata compresa tra i 12 e i 24 mesi e individuate all’articolo 19, comma 1, lettere a), b) e b-bis) del Testo Unico sui contratti di lavoro.
I contatti, dunque, potranno avere una durata superiore ai 12 mesi, ma non superiore a 2 anni:
- nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
- in assenza delle previsioni di cui al punto precedente, nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
- in sostituzione di altri lavoratori.
Queste nuove causali non si applicano ai contratti:
- stipulati dalle pubbliche amministrazioni;
- di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;
- stipulati da enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione.
In questi casi particolari, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore del Decreto Dignità.
Riassumendo, il contratto di lavoro subordinato può prevedere un termine di durata non superiore a 12 mesi (cosiddetto periodo acausale). Il contratto a termine può avere anche una durata superiore, comunque non oltre i 24 mesi, solo in presenza di una delle causali indicate.
Contratto a termine: le novità dopo il decreto lavoro, proroghe e rinnovi
La legge di conversione del decreto lavoro, n. 85/2023, ha introdotto poi ulteriori novità in materia di proroghe e rinnovi del contratto di lavoro a tempo determinato.
Nello specifico, il comma 1-bis dell’articolo 24 modifica il comma 01 dell’articolo 21 del Testo Unico, che disciplina appunto le proroghe e i rinnovi.
La novità prevede che la regola della proroga libera del contratto a termine nei primi 12 mesi venga estesa anche ai rinnovi.
Per capire meglio, prima di tutto è bene chiarire la differenza tra i due concetti.
La proroga presuppone che non ci siano variazioni nelle ragioni che hanno giustificato inizialmente l’assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza.
Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo modificando la motivazione, in quanto darebbe luogo a un nuovo contratto a termine. In questo caso, dunque, si parla di rinnovo, anche se avviene senza interruzioni dopo il precedente rapporto.
La modifica introdotta dal decreto lavoro, quindi, prevede che il contratto potrà essere non solo prorogato ma anche rinnovato liberamente nei primi 12 mesi e oltre il termine solo in presenza delle causali indicate.
ATTENZIONE: si ricorda che i contratti per attività stagionali possono continuare a essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni indicate.
Il contratto può essere prorogato per massimo 4 volte nell’arco di 24 mesi a prescindere dal numero dei contratti.
Contratto a termine: le novità dopo il decreto lavoro, il calcolo dei 12 mesi
Come si legge anche in un approfondimento sul tema da parte della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro pubblicato il 3 agosto, una delle novità in fase di conversione in legge del decreto lavoro riguarda anche il calcolo dei 12 mesi per la durata del contratto a tempo determinato.
Il comma 1-ter dell’articolo 24, infatti, prevede che ai fini del computo del termine di un anno, si debba tenere conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto lavoro, cioè il 5 maggio 2023.
Inoltre, una ulteriore novità riguarda il limite del 20 per cento relativo ai lavoratori con contratto di somministrazione a tempo indeterminato nella stessa azienda. Ai fini del calcolo non si conteranno quelli somministrati assunti con un contratto di apprendistato.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Contratto a tempo determinato: come funziona, le novità dopo il decreto lavoro