Nel decreto lavoro pubblicato il 4 maggio sulla Gazzetta Ufficiale è previsto anche un provvedimento che allenta le restrizioni del Decreto Dignità. In particolare, sono individuate nuove causali per legittimare il lavoro a termine oltre i 12 mesi in sostituzione di quelle attualmente in vigore
Sono in arrivo delle nuove causali per i contratti a tempo determinato.
A prevederle è il decreto lavoro 2023, che dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri il 1° maggio, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 103.
La nuova disposizione, per consentire un uso più flessibile della tipologia contrattuale, allentano le restrizioni previste dal Decreto Dignità.
I contratti potranno avere una durata superiore a 12 mesi, ma non a 2 anni, solo nei casi previsti dalla contrattazione collettiva, per esigenze tecniche, organizzative o produttive e in caso di sostituzione di altri lavoratori.
Contratti a termine: nel decreto lavoro 2023 nuove causali per il tempo determinato
Il testo del nuovo decreto lavoro 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 4 maggio.
Il DL n. 48/2023 prevede diversi provvedimenti in materia di lavoro e novità importanti per famiglie, lavoratori e lavoratrici, tra cui il nuovo strumento di inclusione sociale e lavorativa, l’assegno per l’inclusione, che dal 2024 sostituirà il reddito di cittadinanza e il nuovo taglio del cuneo fiscale per i redditi medio bassi.
Come anticipato anche dal comunicato stampa rilasciato dal Governo, il decreto apporta modifiche anche alla disciplina del contratto di lavoro a termine o a tempo determinato.
L’intervento va a modificare quello arrivato nel 2018 con il cosiddetto Decreto Dignità, DL n. 87/2018, per cui era stata imposta una stretta all’utilizzo del lavoro a termine.
In particolare, sono state modificate le causali da indicare nei contratti di durata compresa tra i 12 e i 24 mesi, individuate all’articolo 19, comma 1, lettere a), b), b-bis), del decreto legislativo n. 81 del 2015, il Testo Unico sui contratti di lavoro.
Come previsto dal Decreto Dignità, il datore di lavoro è obbligato ad indicare la causale che giustifichi la proroga o il rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato oltre i 12 mesi.
Un provvedimento pensato per contrastare la precarietà, scoraggiando il ricorso di contratti a termine e spingendo le aziende ad avviare più contratti a tempo indeterminato, che però spesso ha avuto l’effetto contrario, cioè quello di scoraggiare le assunzioni.
Il Governo, dunque, è intervenuto per consentire un utilizzo più flessibile della tipologia contrattuale, mantenendo comunque fermo il rispetto della direttiva europea sulla prevenzione degli abusi.
Le nuove causali per il rinnovo dei contratti a tempo determinato
Il decreto lavoro 2023, dunque, allenta le restrizioni previste dal Decreto Dignità e introduce delle nuove causali per il termine del contratto, sostituendo quelle in vigore attualmente.
Pertanto, i contratti potranno avere una durata superiore ai 12 mesi, ma non superiore a 2 anni:
- nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;
- in assenza delle previsioni di cui al punto precedente, nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
- in sostituzione di altri lavoratori.
Come si legge nel testo del decreto, le nuove causali non si applicano:
- ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni;
- ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;
- ai contratti stipulati da enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione.
A questi, infatti, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore del Decreto Dignità.
Con questo intervento, dunque, l’obiettivo del Governo è quello di garantire maggiore flessibilità, in modo da stimolare l’economia e sopperire alle necessità occupazionali di un mercato del lavoro mutevole.
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