In caso di sentenza passata in giudicato favorevole all'Amministrazione Finanziaria non è previsto l'obbligo di autotutela. Le conclusioni contenute nell’Ordinanza n. 7979/2025 della Cassazione

È esclusa l’autotutela di un atto illegittimo quando la sentenza favorevole all’Amministrazione finanziaria è passata in giudicato, a nulla valendo che il contribuente invochi gli effetti di una sentenza penale di assoluzione perché il fatto non sussiste.
Queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza n. 7979/2025 della Corte di cassazione.
Niente autotutela in caso di sentenza a favore all’Amministrazione Finanziaria
La controversia nasce a seguito della notifica di diversi atti impositivi relativi all’utilizzo e all’emissione di fatture false, tutti impugnati, i cui contenziosi tributari si concludevano con sentenze sfavorevoli per il contribuente, poi passate in giudicato a seguito della mancata impugnazione delle decisioni di primo o secondo grado.
Il giudizio penale, invece, avviato a seguito della relativa comunicazione della notizia di reato, si concludeva con la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto in ordine alla falsità delle fatture contestate.
Con apposite istanze il contribuente chiedeva all’Agenzia delle entrate, in relazione alla citata sentenza penale di assoluzione, l’annullamento in via di autotutela degli atti impositivi divenuti definitivi, istanze che venivano rigettate dall’Ufficio.
Da qui l’impugnazione del diniego di autotutela, respinta dalla CTP ma poi accolta dalla CTR, che riteneva illegittimo il diniego alla luce della sopravvenuta sentenza penale.
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza d’appello lamentando, per quanto di interesse, violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21 D.Lgs. n. 546 del 1992, 2, comma 2, D.M. n. 37 del 1997 in quanto, a parere della ricorrente, ai fini della ammissibilità dell’impugnazione del diniego di autotutela, occorre che il contribuente prospetti e provi l’esistenza di un interesse di rilevanza generale per l’Amministrazione alla rimozione dell’atto posta la natura discrezionale dell’annullamento d’ufficio, strumento a tutela dell’interesse generale e non di quello individuale del contribuente.
Nella specie, gli atti impositivi erano divenuti definitivi a seguito di decisione giurisdizionale passata in giudicato, sicché ostava il disposto di cui all’art. 2, comma 2, D.M. n. 37/1997.
Autotutela con discrezionalità
Ritenendo fondato il motivo di doglianza, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato l’originario ricorso del contribuente.
Come precisato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 30051 del 21/11/2024, l’autotutela nel diritto tributario costituisce un potere dell’Amministrazione finanziaria che trova il suo fondamento nelle stesse norme che giustificano l’esercizio delle potestà attive per la esazione dei tributi.
Va peraltro rilevato che l’azione dell’Amministrazione, pur doverosa a fronte dell’illegittimità dell’atto impositivo, è caratterizzata da discrezionalità quanto all’esercizio concreto del potere di autotutela, dovendo valutare la sussistenza di un interesse generale alla revisione dell’atto alla luce del complesso degli interessi coinvolti.
Invero, l’interesse primario, che discende dalla stessa matrice del potere di imposizione, ad attivare l’autotutela è costituito dall’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi.
Quando l’atto illegittimo abbia determinato una ingiusta percezione di somme da parte dell’Agenzia fiscale, non dovute, tale interesse tende a coincidere, sostanzialmente, con l’interesse del contribuente a corrispondere solo la “giusta” imposizione, traendo entrambi origine, in termini simmetrici, dai principi tutelati dall’art. 53 Cost., di reperire le entrate fiscali e di capacità contributiva.
Peraltro, nell’apprezzare l’interesse all’autoannullamento dell’atto, l’Amministrazione può e deve tenere conto, in una valutazione comparativa, anche degli altri eventuali interessi che concorrano nella vicenda, quando sulla questione siano intervenute decisioni favorevoli all’Amministrazione.
Insussistente l’obbligo di autotutela in caso di sentenza favorevole all’Amministrazione Finanziaria
Su questo aspetto va evidenziato che l’esercizio del potere di autotutela incontra un esplicito limite costituito dal giudicato di merito favorevole all’Amministrazione.
L’autotutela non ha natura giudiziale o giustiziale per la rilevata connotazione discrezionale della valutazione dell’Amministrazione; infatti, è necessario ma non sufficiente che l’atto sia viziato occorrendo anche una valutazione della sussistenza di un interesse pubblico alla sua rimozione.
Tuttavia, il controllo di merito in sede giurisdizionale nel momento in cui attesta, con efficacia di giudicato, la correttezza dell’esercizio della potestà impositiva, è idoneo a comportare un effetto preclusivo sulla rilevanza dell’asserito vizio e, quindi, ad orientare in termini negativi la possibilità per l’Agenzia fiscale di attivarsi diversamente.
Del resto, questa conclusione risponde ad una esigenza logica, di stabilità e di certezza del provvedimento, ormai non solo definitivo ma anche convalidato dal vaglio giurisdizionale.
Tale esito ha trovato conferma nell’art. 10-quater, comma 2, L. n. 212 del 2000, introdotto con il D.Lgs. n. 219 del 2023, che indica come ragione di insussistenza dell’obbligo di procedere all’autotutela obbligatoria la sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Niente autotutela in caso di sentenza definitiva a favore al Fisco