Web tax Italia, dal 2020 dovrebbe debuttare un'imposta del 3% sui servizi digitali. Entrata nel Disegno di Legge di Bilancio, la tassa sul digitale ha fatto un lungo percorso: dopo il buco nell'acqua degli anni scorsi, la bozza del Decreto Fiscale stabiliva una serie di novità, ma poi l'articolo dedicato era scomparso. Ora è a un passo dall'introduzione.
Web tax Italia, dal 2020 le grandi imprese che forniscono servizi digitali sul territorio dello Stato devono versare un’imposta del 3% sui ricavi realizzati nel corso dell’anno solare. A stabilirlo è l’impostazione attuale del Disegno di Legge di Bilancio.
L’annuncio dell’introduzione era già arrivato con l’articolo 38 della prima bozza del Decreto Fiscale, che però era scomparso nelle versioni successive.
Il testo sulla “tassa sul digitale” ha fatto un lungo percorso: a inserirla ci hanno provato già altri governi, Gentiloni e poi il primo Conte, che ha provveduto alla stesura del meccanismo di regole per i colossi del web con la Legge di Bilancio 2019.
L’articolo 84 del Disegno di Legge di Bilancio 2020 a distanza di un anno modifica il testo e accompagna la web tax Italia verso il debutto.
Web tax Italia, dal 2020 l’imposta del 3% sui servizi digitali
La novità interessa i colossi della rete che operano in Italia. Sono tenuti a versare la web tax le imprese che gestiscono piattaforme digitali con un fatturato pari ad almeno 750 milioni di euro e ricavi di 5,5 milioni realizzati nel nostro territorio per servizi digitali nell’anno solare precedente.
Si applica a soggetti, residenti o non residenti, che effettuano operazioni con clienti italiani.
Del debutto di una tassa sulla rete in Italia si parla già da due anni: il testo messo a punto per il 2018 è stato abrogato prima ancora di entrare in vigore, e anche le regole progettate per il 2019 non sono mai diventate operative.
Dalla versione 2018 a quella 2019 si estende il campo di applicazione: in mezzo, infatti, c’è la proposta di Digital Taxation a livello europeo presentata il 21 marzo 2018 dalla Commissione UE.
Anche nel Documento Programmatico di Bilancio 2020, tramesso all’Unione Europea, la web tax Italia è stata citata tra le misure che contribuiscono a dare seguito alle Raccomandazioni specifiche rivolte all’Italia durante il Consiglio Ecofin dello scorso luglio.
L’articolo 84 modifica ancora la disciplina dell’imposta sui servizi digitali e aggiusta il tiro prima del debutto.
Web tax Italia, al via dal 2020: quali sono i servizi digitali per cui si paga
Nell’ottica di un passaggio effettivo all’operatività, si chiarisce il concetto di servizi digitali per cui l’imposta del 3% è dovuta.
Il testo originario specifica che si applica a:
- veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
- messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
- trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
Il testo aggiunge il comma 37-bis nella Legge di Bilancio 2019 e interviene per specificare i servizi esclusi dal campo di applicazione dell’imposta:
- “a) la fornitura diretta di beni e servizi, nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale;
- b) la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario;
- c) la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa di: contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento;
- d) la messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire:
- i sistemi dei regolamenti interbancari di cui al decreto legislativo l settembre 1993, n. 385 o di regolamento o di consegna di strumenti finanziari;
- le piattaforme di negoziazione o i sistemi di negoziazione degli internalizzatori sistematici di cui all’articolo l, comma 5-octies, lettera c), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
- le attività di consultazione di investimenti partecipativi e, se facilitano la concessione di prestiti, i servizi di intermediazione nel finanziamento partecipativo;
- le sedi di negoziazione all’ingrosso di cui all’articolo 61, lettera e), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
- le controparti centrali di cui all’articolo l, comma l, lettera w-quinquies), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
- i depositari centrali di cui all’articolo l, comma l, lettera w-septies), del decreto legislativo 24 febbraio
- 1998 n. 58;
- gli altri sistemi di collegamento la cui attività è soggetta ad autorizzazione e l’esecuzione delle prestazioni dei servizi soggetta alla sorveglianza di una autorità di regolamentazione al fine di assicurare la sicurezza, la qualità e la trasparenza delle transazioni riguardanti strumenti finanziari, prodotti di risparmio o altre attività finanziarie;
- e) la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono i servizi indicati alla precedente lettera d);
- f) lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa”.
Web tax Italia, le novità introdotte dal DDL Bilancio
Ma la precisazione sui servizi digitali inclusi ed esclusi non è l’unica modifica introdotta. Il testo, infatti, interviene aggiustando il tiro su alcuni aspetti previsti dai commi 35-50 della legge numero 145 del 2018.
Le principali modifiche riguardano, ad esempio, i punti che seguono:
- si chiariscono le modalità applicative dell’imposta con riferimento ai corrispettivi colpiti, alle dichiarazioni, alla periodicità del prelievo
- si obbligo per i soggetti passivi non residenti alla nomina di un rappresentante fiscale;
- si introduce una norma di chiusura, prevedendo che la disciplina dell’imposta sui
servizi digitali sia abrogata non appena entrino in vigore nuove disposizioni che derivano da accordi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale.
In particolare, poi, il DDL Bilancio elimina la necessità di emanare un apposito decreto ministeriale per l’applicazione della normativa: senza la necessità di un ulteriore passaggio per l’entrata in vigore, la web tax Italia dovrebbe partire automaticamente dal 1° gennaio 2020.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Web tax Italia, l’imposta sui servizi digitali attesa per il 2020