Società di capitali trasparente: litisconsorzio obbligatorio

Emiliano Marvulli - Imposte

In caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di una società di capitali con i soci che hanno optato per il regime di trasparenza fiscale sussiste il litisconsorzio necessario, come avviene per le società di persone. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione

Società di capitali trasparente: litisconsorzio obbligatorio

Con l’ordinanza n. 21262 del 30 luglio 2024 la Corte di Cassazione ha dichiarato che, in caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di una società di capitali, in cui i soci abbiano optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi dell’art. 116 TUIR, sussiste tra società e soci il litisconsorzio necessario di cui all’art. 14 DLgs. n. 546/92, in termini analoghi a quanto avviene per il regime di trasparenza ex lege previsto per le società di persone.

Di conseguenza, il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.

Società di capitali trasparente e litisconsorzio obbligatorio: l’analisi della Corte di Cassazione

La controversia è sorta a fronte del ricorso proposto separatamente da una società di capitali e da M.A., uno dei due soci paritari della stessa, avverso una serie di avvisi di accertamento con i quali venivano contestati maggiori ricavi e, stante l’adozione del regime di trasparenza di cui all’art. 116 DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), venivano recuperati maggiori redditi di partecipazione a carico di entrambi i soci.

Dalla sentenza di primo grado risulta che, nel giudizio promosso dal socio, aveva spiegato intervento volontario l’altro socio C.A. e che successivamente all’intervento i due giudizi erano stati riuniti. La CTP ha rigettato i ricorsi riuniti e anche la CTR, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello proposto dai contribuenti, ritenendo correttamente applicato il regime della trasparenza.

Nel ricorso dinanzi ai giudici della Corte di cassazione l’Agenzia delle entrate, in qualità di controricorrente, ha formulato una eccezione di giudicato interno in relazione alla omessa impugnazione degli avvisi di accertamento relativi al secondo socio.

Al riguardo i giudici di legittimità hanno osservato che, preliminarmente rispetto alle ulteriori questioni del ricorso, dalla sentenza di appello risulta che la società era partecipata da due soci, M.A. e C.A., e quest’ultimo si era costituito volontariamente nel primo grado di giudizio.

Dalla sentenza di primo grado risulta inoltre che il socio C.A. si era costituito nell’originario giudizio promosso dal socio M.A., prima della riunione al suddetto giudizio con il giudizio promosso dalla società partecipata.

All’esito della riunione dei fascicoli (del socio e della società), il giudice di primo grado ha consentito, in sede di discussione, la partecipazione del socio pretermesso al giudizio promosso anche dalla società.

Inoltre, nel caso di specie ricorre l’istituto della cd. “piccola trasparenza” di cui all’art. 116 TUIR, introdotta dall’art. 1 DLgs. 12 dicembre 2003, n. 344, secondo cui le società a responsabilità limitata e a ristretta base societaria, il cui ammontare di ricavi non superi le soglie previste per l’applicazione degli studi di settore e con soci tutte persone fisiche in numero non superiore a 10 (o 20 in caso di società cooperativa) possono imputare il proprio reddito ai soci, ove tutti i soci comunichino l’opzione per tale regime all’Agenzia delle Entrate, che rimane irrevocabile per tre periodi di imposta.

Nel qual caso di verifica l’imputazione del reddito ai soci, in termini analoghi a quanto avviene per le società di persone, non in forza di legge ma per effetto di opzione da parte dei contribuenti.

Le conclusioni della Corte di Cassazione

In continuità con la prevalente giurisprudenza di legittimità la Corte di cassazione ha statuito che in caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi di una società di capitali, in cui i soci abbiano optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi dell’art. 116 TUIR, con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dalla percezione degli stessi, sussiste tra società e soci il litisconsorzio necessario ex art. 14 DLgs. n. 546/92, in termini analoghi a quanto avviene per il regime di trasparenza ex lege previsto per le società di persone.

Di conseguenza, il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio.

Nel caso di specie, il contraddittorio con l’altro socio della società contribuente, sanato ex post in prime cure con la riunione dei giudizi (in uno dei quali era intervenuto l’altro socio), non è stato ripristinato in grado di appello, dove è rimasto assente il socio C.A.

La questione della mancata instaurazione del contraddittorio con il litisconsorte necessario, rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità diviene, pertanto, assorbente di ogni altra questione, essendo del tutto pregiudiziale, perché l’esame di qualunque questione dedotta nel giudizio, attinente sin anche alla giurisdizione del giudice adito, presuppone pur sempre l’instaurazione di un contraddittorio effettivo.

La corte ha pertanto dichiarato la nullità del giudizio di appello, rinviando la causa davanti alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado competente, in diversa composizione, per l’integrazione del contraddittorio nei confronti del socio pretermesso, nonché per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Questo sito contribuisce all'audience di Logo Evolution adv Network