Il rapporto fiscale, non sempre così lineare, tra sponsorizzazione e società sportive dilettantistiche è al centro dell'Ordinanza della Corte di Cassazione numero 18150 dell'8 giugno 2022 che si sofferma in particolar modo su inerenza e antieconomicità.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 18510 dell’8 giugno 2022, ha chiarito il non sempre lineare rapporto fiscale tra sponsorizzazioni e società sportive dilettantistiche.
Nel caso di specie, una Srl proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento, con il quale era stato accertato, ai fini IRES, IRAP e IVA, per l’anno d’imposta 2008, un maggiore reddito imponibile.
I maggiori ricavi erano stati determinati ricalcolando, al prezzo di costo, aumentato delle spese accessorie, il corrispettivo di vendita di 15 auto usate, 18 auto dimostrative e alcune auto usate con regime IVA del margine, che, invece, la società contribuente aveva venduto in perdita o con basse percentuali di ricarico.
Società sportive dilettantistiche, sponsorizzazioni ed inerenza al centro dell’Ordinanza n. 18510 del 2022
I costi recuperati a tassazione riguardavano invece spese di sponsorizzazione per 168.428,95 euro, sostenute dalla predetta società nell’anno 2008 in favore di due associazioni sportive dilettantistiche (ritenute non congrue, in considerazione della perdita realizzata dalla società contribuente nel medesimo esercizio, e indice di condotta antieconomica), spese per carburante e costi non di competenza.
Era stata infine recuperata IVA per 5.339,99 euro, in relazione a due cessioni di auto, fatturate con aliquota agevolata al 4 per cento, per mancanza dei requisiti dei due cessionari.
La Commissione Tributaria Provinciale, in parziale accoglimento del ricorso, annullava l’avviso di accertamento con riferimento ai maggiori ricavi accertati e relativa IVA, nonché in relazione al recupero dell’IVA sulle auto cedute con aliquota agevolata.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la società contribuente, insistendo nelle censure non accolte.
L’Agenzia delle Entrate, per conto suo, proponeva appello incidentale, lamentandosi del parziale annullamento dell’avviso di accertamento.
La Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello della società contribuente e l’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo, per quanto qui di interesse, la violazione e falsa applicazione degli artt. 108 e 109, commi 1 e 5, TUIR e 2697 cod. civ., per avere la Commissione Tributaria Regionale violato la regola di ripartizione dell’onere della prova in materia di spese di sponsorizzazione, attribuendo all’Ufficio finanziario, anziché alla contribuente, l’onere di dimostrare la non inerenza del costo sostenuto e non considerando la congruità della spesa rispetto ai ricavi e all’oggetto dell’impresa, vista la gestione antieconomica dell’azienda, che, per l’anno 2008, risultava in perdita per 164.239,94 euro.
Con un secondo motivo di impugnazione, l’Amministrazione Finanziaria denunciava poi la violazione e falsa applicazione degli artt. 90, comma 8, legge n. 289 del 2002, 108 e 109, commi 1 e 5, TUIR, e 2728 e 2697 cod. civ., sostenendo che la disposizione di cui all’art. 90 cit. non porrebbe, in realtà, alcuna presunzione assoluta di inerenza delle spese di sponsorizzazione, restando sempre, comunque, a carico del contribuente l’onere di provare che l’attività sponsorizzata sia funzionalmente o logicamente collegata con il mercato di riferimento del soggetto sponsorizzante e che l’ammontare sia congruo rispetto alle dimensioni e ai ricavi dello sponsor.
Secondo la Suprema Corte, i due motivi di ricorso, strettamente connessi, erano infondati.
La posizione della Corte di Cassazione su società sportive dilettantistiche, sponsorizzazioni ed inerenza
Evidenziano i giudici di legittimità che l’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, prevede che “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonchè di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, al quale il Collegio intendeva dare continuità, la citata disposizione ha dunque introdotto, a favore del “soggetto erogante” il corrispettivo, una vera e propria presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria (e non di rappresentanza) delle spese di sponsorizzazione, a condizione che:
- a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica;
- b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa;
- c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor;
- d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (cfr., Cass. 7.06.2017, n. 14232), senza che rilevino requisiti ulteriori (ex plurimis, Cass. 1.02.2022, n. 2985).
Pertanto, rileva la Cassazione, in presenza di dette condizioni – che, nella specie, non risultavano oggetto di specifica contestazione – appariva superflua e irrilevante ogni considerazione circa la “antieconomicità” della spesa, in relazione all’asserita irragionevole sproporzione tra l’entità della stessa rispetto al fatturato o utile di esercizio della società contribuente.
L’art. 90, comma 8, della legge n. 389 del 2002, conclude la Corte, ha infatti introdotto una presunzione assoluta, oltre che in ordine alla natura di “spesa pubblicitaria”, anche in relazione alla inerenza di detta spesa, almeno fino alla soglia, normativamente prefissata, dell’importo di 200.000,00 euro (cfr., Cass. 6.04.2017, n. 8981).
A prescindere dallo specifico caso processuale, in termini più generali, giova comunque evidenziare anche quanto segue.
L’art. 90, co. 8, della L. n. 289/2000, come visto, in presenza delle condizioni sopra indicate, ha introdotto, a favore del soggetto erogante il corrispettivo (e non, invece, a favore dell’associazione sportiva che riceve l’erogazione di denaro), una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, delle spese, di sponsorizzazione.
In presenza di tali condizioni, nessuna rilevanza può dunque attribuirsi all’eventuale antieconomicità della spesa, né è consentito svolgere alcuna valutazione di inerenza.
La presunzione legale riguarda quindi sia la natura della spesa e sia l’inerenza della stessa, almeno sino alla soglia, normativamente fissata.
Vero è però che, anche per le sponsorizzazioni sotto i 200.000 euro, permane sempre la possibilità di verificare la certezza dell’erogazione, ovverosia l’effettivo trasferimento monetario o di beni nei confronti dei soggetti individuati dalla norma, essendo, conseguentemente, necessario predisporre, così come prevede la normativa tributaria per gli altri componenti reddituali d’impresa, anche un adeguato supporto documentale della dazione posta in essere e dell’acquisizione di essa al patrimonio della associazione sportiva.
Le spese di sponsorizzazione, infatti, come ogni altro elemento negativo di reddito, devono comunque rispettare il principio della documentazione del costo.
L’articolo 90, della L. 289/02, al comma 8, ha quindi introdotto nel nostro ordinamento un principio cardine a salvaguardia di coloro che intendono finanziare il mondo sportivo dilettantistico mediante lo strumento della sponsorizzazione.
Infatti, dalla lettura della norma pare chiaro l’intento del legislatore di garantire la piena deducibilità, per il soggetto finanziatore, di tutti quegli oneri sostenuti per la promozione della propria immagine e/o prodotti mediante la sponsorizzazione degli enti sportivi dilettantistici.
E tale precetto, stabilendo un parametro annuo ben definito (200.000 euro), al di sotto del quale le sponsorizzazioni devono essere considerate spese pubblicitarie, assume dunque, come visto, il valore di “presunzione assoluta”.
In tal caso, quindi, le sole condizioni che potranno essere verificate sono l’iscrizione nel Registro Coni dell’ente sportivo finanziato e che l’importo sia inferiore ai 200.000 Euro.
In merito poi al corretto trattamento fiscale delle sponsorizzazioni eccedenti tale limite, la deducibilità sarà invece subordinata alla presenza dei requisiti formali e sostanziali propri dei rapporti di sponsorizzazione o di pubblicità, dovendo essere allora sì soddisfatti, nel rispetto dell’art. 109 Tuir, i requisiti di competenza, certezza, esistenza del costo, oggettiva determinabilità ed inerenza.
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