Le sanzioni per l’omessa presentazione del quadro RW non violano il principio di proporzionalità

Emiliano Marvulli - Imposte

Le sanzioni per omessa presentazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi non recano un pregiudizio sproporzionato alla libera circolazione di capitali. La sanzione non viola il principio di proporzionalità. I chiarimenti della Corte di cassazione

Le sanzioni per l'omessa presentazione del quadro RW non violano il principio di proporzionalità

Le sanzioni per l’omessa presentazione del quadro RW non recano un pregiudizio sproporzionato alla libera circolazione dei capitali perché, a differenza del caso spagnolo su cui si espressa la Corte di Giustizia nella Causa C-788/19, si tratta di una misura sanzionatoria che non viola il principio di proporzionalità della sanzione.

Inoltre, trattandosi di violazioni di natura sostanziale - in quanto la disciplina del monitoraggio fiscale ha lo scopo di assicurare il controllo di specifiche manifestazioni di capacità contributiva - è sempre applicabile il cumulo giuridico di cui all’art. 12 del DLgs. n. 472 del 1997.

Sono queste le indicazioni che è possibile desumere dalla Sentenza della Corte di cassazione n. 28077 pubblicata il 30 ottobre 2024 in materia di violazione della disciplina del monitoraggio fiscale degli investimenti e delle attività finanziarie detenuti all’estero.

Le sanzioni per l’omessa presentazione del quadro RW non violano il principio di proporzionalità

La controversia è sorta a seguito dell’impugnazione di due atti di contestazione, derivanti dalla segnalazione effettuata dall’Ufficio Centrale dell’Agenzia delle entrate competente al contrasto degli illeciti fiscali internazionali, relativi all’omessa compilazione del Quadro RW della dichiarazione dei redditi in relazione a una serie di movimentazioni di capitale effettuate dal 2005 al 2008.

A seguito della notifica degli atti impositivi, il contribuente presentava deduzioni difensive che venivano parzialmente accolte dall’Ufficio, che riteneva giustificata l’omessa dichiarazione della somma di euro 500.000,00, consistente in un prestito ad una società, accreditato su un conto corrente elvetico, ritenuto interamente riferibile all’attività gestionale della società e non alla sfera personale del contribuente.

Per le restanti movimentazioni, l’Ufficio confermava l’irrogazione delle sanzioni nella misura minima del 5 per cento dell’importo non dichiarato, prevista ratione temporis, con applicazione del cumulo giuridico ai sensi dell’art. 12 del D.lgs. 472/97.

Giunta la controversia in CTR, i giudici hanno respinto l’appello dell’Ufficio, così confermando la sentenza di prime cure, che proponeva ricorso in cassazione.

Per quanto di interesse, l’Ufficio erariale ha lamentato violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 del D.L. 167/1990 e 10 della L. 212/2000, censurando la statuizione con cui la CTR ha annullato i provvedimenti impugnati in quanto “sproporzionati” e perché conseguenti ad una violazione che non avrebbe comportato alcun addebito di imposta e alcun danno erariale.

La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo propugnato dall’Amministrazione finanziaria e ha cassato con rinvio la sentenza della CTR.

Con la sentenza in commento il collegio di legittimità conferma il principio di diritto per cui la violazione, consistente nell’omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all’estero, prevista dall’art. 4, comma 2, d.l. n. 167 del 1990 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 227 del 1990), sanzionata dal successivo art. 5, comma 5, risponde all’esclusiva finalità di assicurare, tramite l’obbligo di dichiarazione, il monitoraggio dei trasferimenti di valuta da e per l’estero, quali manifestazioni di capacità contributiva.

Nel caso in esame, quindi, la CTR senza cogliere la ratio della norma nell’univoca accezione precisata dalla Corte, ha erroneamente negato la rilevanza a fini sanzionatori della omessa presentazione del quadro RW in ragione del ravvisato, ma insussistente, carattere formale della violazione in quanto non recante danno all’Erario.

I giudici di legittima non hanno ritenuto pertinenti i richiami, contenuti nella memoria difensiva del contribuente, alla giurisprudenza euro-unitaria in materia di proporzionalità della sanzione.

Si osserva in particolare che nel precedente, invocato dal contribuente (Corte Giustizia, 27/01/2022, Commissione europea /Regno di Spagna, Causa C-788/19), la Corte di giustizia ha ritenuto che la normativa spagnola sul monitoraggio fiscale recasse un pregiudizio sproporzionato alla libera circolazione dei capitali, presidiata dall’articolo 63 TFUE e dall’articolo 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992, nella misura in cui punisce l’inadempimento o l’adempimento inesatto o tardivo dell’obbligo di informazione riguardo ai beni e ai diritti situati all’estero con una sanzione proporzionale del 150 per cento dell’imposta calcolata sulle somme corrispondenti al valore di tali beni o di tali diritti, sanzione che può essere cumulata con sanzioni forfettarie, il cui importo non è commisurato alle sanzioni previste per infrazioni simili in un contesto puramente nazionale e per il cui importo complessivo non è previsto un limite massimo.

Tali caratteri non sono ravvisabili nella disciplina italiana, ratione temporis applicabile, che prevedeva, per la violazione degli obblighi relativi al monitoraggio fiscale, una sanzione dal 5 al 25 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati, sanzione peraltro, nel caso di specie, applicata nella misura minima.

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