Omessa presentazione della dichiarazione: anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, l'Amministrazione finanziaria può determinare induttivamente il reddito del contribuente ai fini delle imposte dirette e dell'Iva utilizzando qualsiasi dato o informazione in proprio possesso o sulla base di presunzioni supersemplici.
In caso di omessa presentazione della dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria può determinare induttivamente il reddito del contribuente ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, utilizzando qualsiasi dato o informazione in proprio possesso o sulla base di presunzioni “supersemplici”.
Spetta al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare che il reddito accertato non sia stato prodotto o sia stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio.
Sono questi i principi desumibili dall’Ordinanza della Corte di cassazione n. 28559 del 18 ottobre 2021.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 28559 del 18 ottobre 2021
- Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 28559 del 18 ottobre 2021
I fatti – La controversia si riferisce ad una serie di avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle entrate ad un imprenditore che aveva omesso la presentazione della dichiarazione per gli anni accertati.
Gli atti impositivi recavano un reddito imponibile ai fini IVA e imposte dirette determinato d’ufficio per tutte le annualità in via induttiva perché la contabilità era stata ritenuta complessivamente inattendibile.
Il ricorso proposto dal titolare dell’impresa individuale era stato respinto in primo grado ma parzialmente accolto dai giudici d’appello, i quali avevano intimato all’Agenzia delle entrate di rideterminare il reddito considerando i ricavi ed i costi reali, documentati, contabilizzati ed inerenti all’attività economica svolta ai fini della determinazione sia del reddito d’impresa, sia della base imponibile IRAP, nonché dell’IVA.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, quale motivo principale di ricorso, la violazione dell’art. 39, co. 2 del D.P.R. 600/1973 e dell’art. 55 D.P.R. 633/1972, avendo la CTR affermato che l’Ufficio avrebbe dovuto effettuare un accertamento di tipo analitico “in quanto, nel caso di specie, era in presenza di una contabilità regolare con tutti gli elementi di ricavo e di costo”.
I giudici di Cassazione hanno ritenuto fondato il motivo della parte erariale e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
La decisione dei giudici di legittimità – Il tema posto all’attenzione dei giudici di Piazza Cavour attiene alla particolare modalità accertativa, rientrante nel più ampio ambito dell’accertamento cd. induttivo-puro disciplinato ai fini delle imposte dirette dall’art. 39, co. 2 del D.P.R. 600/1973 e dell’IVA dall’art. 55 del D.P.R. 633/1972.
Tale metodologia è utilizzata dall’Amministrazione finanziaria nel caso di gravissime omissioni, espressamente previste dalla legge, che consentono all’Ufficio accertatore di prescindere in tutto dai dati analitici indicati nella contabilità e nella dichiarazione (se presentata) del contribuente, anche utilizzando presunzioni “semplicissime”, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, per determinare il reddito complessivo del contribuente.
In primo luogo, la circostanza che il contribuente abbia omesso di presentare la dichiarazione legittima ex lege l’Amministrazione finanziaria all’accertamento d’ufficio, impiegando il metodo induttivo.
Infatti, ai sensi dell’art. 41, comma 1, D.P.R. n. 600 del 1973, per determinare il reddito complessivo l’Ufficio può utilizzare elementi probatori, dati e notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza e può anche fare ricorso al metodo induttivo, avvalendosi anche di presunzioni “semplicissime”, che determinano un’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio.
La giurisprudenza di legittimità ritiene che, se i componenti positivi sono determinati induttivamente, lo devono essere anche quelli negativi ai fini della determinazione del reddito complessivo accertato in capo al contribuente.
L’omessa dichiarazione legittima l’accertamento induttivo anche ai fini IVA e l’Amministrazione finanziaria potrà desumere i dati per la ricostruzione del giro d’affari del contribuente da qualunque elemento a sua conoscenza, compresa la dichiarazione se presentata.
L’accertamento, inoltre, preclude che l’imposta versata sugli acquisti di beni e servizi nel periodo accertato possa essere detratta, se non risulti dalle dichiarazioni periodiche, essendo irrilevante che il pagamento di tali imposte sia evincibile da altra documentazione, inclusa la contabilità d’impresa.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: L’omessa dichiarazione legittima l’accertamento induttivo-puro