Alla Camera protagonista la parità di genere che in Italia è una promessa non mantenuta: il Governo festeggia la crescita dell'occupazione, ma le donne restano lavoratrici fragili e le politiche in campo hanno molti punti deboli

In un Parlamento a maggioranza maschile la Camera, nel pomeriggio del 5 marzo, si interroga sulla parità di genere, che in Italia resta una promessa non mantenuta: a fare il punto sulle politiche le Ministre Roccella e Calderone e i Ministri Piantedosi, Tajani e Foti.
L’occupazione cresce, ma i divari non diminuiscono e le misure messe in campo per contrastare disuguaglianze e squilibri, dai bonus assunzione agli esoneri per le lavoratrici madri, restano a lungo in stand by, rischiando di perdere efficacia.
Parità di genere: cresce l’occupazione, ma non c’è nulla da festeggiare
Si parte in ritardo e si procede a rilento nella partita della parità di genere. E i numeri positivi sottolineati più volte nell’aula parlamentare hanno bisogno di contesto.
Si festeggiano i risultati raggiunti sull’occupazione femminile in termini percentuali, con il tasso di occupazione al 53 per cento, e assoluti, con 10 milioni di occupate.
“Questo doppio record è un risultato straordinario del Governo Meloni ed è la prova di quanto Fratelli d’Italia abbia intenzione di mantenere l’impegno di invertire la tendenza negativa del divario occupazionale, a cui prima del nostro arrivo l’Italia sembrava condannata”, dice Zurzolo (FdI) dai banchi della Camera.
È un buon “punto di partenza”, conferma la Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella: “anche questo è un tetto di cristallo, e non credo sia un caso che a sfondarlo sia stato il primo Governo italiano guidato da una donna”, facendo riferimento alle difficoltà delle donne di raggiungere ruoli apicali.
Ma i dati dicono che la parità di genere, nel complesso, in Italia ha subito dei regressi importanti negli ultimi anni: nel Global gender Gap Report dal 63esimo posto del 2022 siamo passati prima al 79esimo e poi all’87esimo posto.
Oggi più di ieri, non c’è nulla da festeggiare: dietro il record di occupazione, persistono i divari occupazionali, retributivi, pensionistici in cui hanno un peso determinante i carichi di cura che restano quasi esclusivamente una questione femminile.
Parità di genere: cresce l’occupazione, ma le lavoratrici restano fragili
Per sintetizzare la posizione femminile all’interno del mercato del lavoro suonano ancora attuali le parole che Laura Balbo nel 1978 scriveva sulla rivista l’Inchiesta: le donne “ci sono, ma sono concentrate nelle posizioni più basse, meno remunerate, meno sicure, nelle occupazioni femminili: oggi, proprio come nel passato. Contiamo nella forza lavoro molte più donne che venti anni fa. Ma la loro posizione relativa è rimasta la stessa”.
E lo hanno confermato gli ultimi dati INPS presentati lo scorso 24 febbraio:
- firmano contratti meno stabili: il 18 per cento delle assunzioni di donne sono a tempo indeterminato a fronte del 22,6 per cento degli uomini;
- possono contare su stipendi più bassi in media di oltre 20 punti percentuali rispetto agli uomini:
- hanno carriere fatte di rallentamenti e battute d’arresto: appena il 21,1 per cento dei dirigenti è donna.
Per Roccella la strada intrapresa è quella giusta, ma senza dubbio la visione è ottimistica. E lo dimostrano anche le parole della collega Marina Calderone, Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, che ha preso il suo testimone per una informativa insieme al Ministro Foti sulle politiche volte a favorire l’occupazione femminile e sulla condizione socio economica delle donne sempre nel pomeriggio del 5 marzo.
Calderone ha parlato di una “dinamica dell’occupazione femminile più attenuata rispetto alla crescita della componente maschile”, ma anche di divario salariale, di scarsa presenza femminile nei ruoli apicali e di “insufficienti tutele in generale”, di una serie di disuguaglianze che spingono il Governo a mettere in campo numerose misure.
Parità di genere: dal bonus assunzione al reddito di libertà, si procede a rilento
Ma, come per i dati, c’è bisogno di contesto per comprendere l’efficacia degli strumenti.
Potenziare l’indennità del congedo parentale, che è passato dal 30 all’80 per cento per tre mesi, è una buona strategia per favorire la conciliazione vita lavoro, ma continuare a parlare di genitorialità a senso unico, di una maternità esclusiva non cambia il paradigma della donna che cura e dell’uomo che lavora.
Incrementare l’importo del bonus asilo nido per ottenere il rimborso delle rette è fondamentale, ma non sposta l’ordine delle cose, se le mancano le strutture a cui rivolgersi: secondo l’ultimo report ISTAT, i posti disponibili nei nidi, nelle sezioni primavera e nei servizi integrativi pubblici e privati hanno raggiunto sul territorio nazionale una copertura media pari a 30 posti ogni 100 bambini e bambine.
L’Italia resta distante ancora tre punti dagli obiettivi UE di Barcellona e caratterizzata da divari territoriali importanti: al Sud e nelle Isole, anche comprendendo il settore privato, la media dei posti per 100 bambini residenti è di 17,3 e 17,8 vale a dire che è meno della metà rispetto al Centro (38,8) e al Nord-est (37,5) e circa la metà del Nord-ovest (35).
Mettere in campo dei bonus assunzioni può essere un buon tentativo per favorire l’occupazione femminile, ma la lentezza nell’attuazione degli sgravi rischia di scoraggiare i datori di lavoro potenzialmente interessati a beneficiarne.
Il DL n. 60 del 2024 ha previsto un esonero contributivo completo dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025. Il decreto attuativo per rendere operativa la misura sarebbe dovuto arrivare il 5 settembre 2024, il 5 marzo 2025 non risulta ancora firmato.
Reddito di libertà: 14 mesi per l’attuazione
E, anche oltre le misure che incidono sull’occupazione femminile, nel perimetro dell’emergenza dove il tempo ha un valore ancora più importante, le azioni restano a lungo belle promesse.
Lo dimostra la storia del reddito di libertà, anche questo citato in Aula più volte: se da un lato sono state stanziate nuove risorse (30 miliardi dal 2024 al 2026), dando alle donne vittime di violenza la speranza di poter contare su un sostegno economico, dall’altro i fondi sono stati in stand by per più di un anno rendendo vane quelle stesse speranze.
Ma lo stesso pomeriggio di lavori che si è svolto alla Camera il 5 marzo è coerente con un contesto che conta più sulle parole e sulle promesse che sui fatti.
Alla parità di genere si dedica l’intero pomeriggio, ma l’Aula della Camera è un andirivieni e, considerando tutti gli schieramenti, il numero di deputati e deputate interessate alla causa durante le interrogazioni non supera mai il 10 per cento del totale. Il numero sale leggermente solo durante l’informativa di Foti e Calderone che vede i diversi gruppi intervenire.
“I diritti delle donne” sono “un tema cruciale, un ambito prioritario dell’azione, anche internazionale, del Governo”, dice il Ministro degli Esteri Antonio Tajani aprendo il pomeriggio di lavori.
Tutti e tutte sono d’accordo sulla necessità di scardinare gli squilibri di potere e di accorciare le distanza tra uomini e donne. Ma dalle parole ai fatti nessuno, o quasi, sembra curarsene davvero.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: L’occupazione femminile cresce, ma la parità di genere resta una promessa