Nota di variazione IVA, se il piano di riparto finale dell'attivo fallimentare viene variato nel 2019, la scadenza per l'emissione è il 30 giugno 2020. Lo chiarisce la risposta all'interpello numero 192 del 24 giugno 2020 che fornisce i criteri per l'individuazione del momento in cui nasce il diritto e tiene conto della sospensione del decreto Cura Italia.
Nota di variazione IVA, se il piano di riparto finale dell’attivo fallimentare viene variato nel 2019, la scadenza per l’emissione è il 30 giugno 2020.
A fornire i chiarimenti è la risposta all’interpello numero 192 del 24 giugno 2020 che ricostruisce il quadro normativo di riferimento e spiega qual è la data in cui nasce il diritto all’emissione.
La diminuzione deve essere emessa entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per la variazione: nel caso del 2020 la canonica scadenza del 30 aprile è stata posticipata al 30 giugno 2020 per effetto dell’articolo 62, comma 1, del decreto Cura Italia.
L’imposta detratta dovrà poi rientrare nella dichiarazione annuale IVA 2021, relativa al periodo d’imposta 2020.
Nota di variazione IVA, nuova scadenza DL Cura Italia: 30 giugno
Qual è il termine per l’emissione della nota di variazione IVA, se il piano di riparto finale dell’attivo parlamentare è stato variato nel 2019?
Al quesito posto da un contribuente, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti con la risposta all’interpello numero 192 del 24 giugno 2020.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 192 del 24 giugno 2020
- Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 - Termine di emissione della nota di variazione ex articolo 26 del dPR n. 633 del 1972, a seguito del piano di riparto nell’ambito di un fallimento.
La scadenza a cui fare riferimento è quella del 30 giugno 2020.
In base a quanto previsto dall’articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, ovvero il decreto IVA, la nota deve essere emessa entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per la variazione.
Per l’anno 2020, sul termine canonico del 30 aprile incidono le sospensioni del decreto Cura Italia: il termine è stato posticipato al 30 giugno 2020 per effetto dell’articolo 62, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
La norma prevede che:
“sono sospesi gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020.”
Tali adempimenti devono essere effettuati entro il 30 giugno 2020 senza applicazione di sanzioni.
Nel documento di prassi l’Agenzia delle Entrate sposa la soluzione proposta dal contribuente e spiega quanto segue:
“Nel caso prospettato, dunque, la nota di variazione in diminuzione può essere emessa - e la maggiore imposta a suo tempo versata può essere detratta - al più tardi entro il 30 giugno 2020 e, conseguentemente, come ipotizzato dall’istante, l’imposta detratta confluirà nella dichiarazione annuale IVA 2021 relativa al periodo d’imposta 2020.”
Nota di variazione IVA, come determinare la data da cui nasce il diritto all’emissione
Il documento di prassi riporta i richiami normativi per l’emissione della nota di variazione IVA, ovvero l’articolo 26, comma 2, del decreto IVA.
La disposizione prevede che per le operazioni per le quali è emessa fattura e viene meno in tutto o in parte l’ammontare imponibile, ad esempio per mancato pagamento a causa di procedure concorsuali infruttuose, il soggetto ha diritto a portare l’imposta in detrazione, secondo quanto previsto dall’articolo 19 del decreto IVA.
In altre parole tale procedura è prevista quando i creditori restano incisi di un’IVA versata all’Erario per la quale non ottengono il pagamento da parte del debitore.
Il limite temporale di un anno non ha effetto nel caso in cui la diminuzione viene determinata da una causa che non dipende dalla sopravvenuta volontà delle parti, come nell’ipotesi di procedure concorsuali rimaste infruttuose.
L’infruttuosità della procedura è dunque un requisito essenziale per far sorgere il diritto all’emissione della nota di variazione.
Per individuare il momento in cui nasce il diritto a tale variazione, l’Agenzia delle Entrate invita a fare riferimento ai seguenti documenti di prassi:
- la circolare 17 aprile 2000, n. 77/E;
- la risoluzione 12 ottobre 2001, n. 155/E;
- la risoluzione 18 marzo 2002, n. 89/E;
- la risoluzione 16 maggio 2008, n. 195/E.
Nel caso di procedure concorsuali infruttuose, quando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, il diritto nasce dopo la ripartizione dell’attivo.
In tale situazione da un lato il debitore viene assoggettato a procedura concorsuale, dall’altro il creditore partecipa al concorso.
Per quanto riguarda il fallimento, per individuare l’infruttuosità della procedura occorre fare riferimento alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto, disciplinate dall’articolo 110 del Regio decreto n. 267 del 1942, oppure alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso, articolo 119 del Regio decreto n. 267 del 1942.
Nel caso in questione, il piano di riparto finale dell’attivo fallimentare, depositato nel mese di ottobre 2018, è stato variato a febbraio 2019.
Dalla data della modifica, febbraio 2019, può essere emessa la nota di variazione IVA.
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